Così si fuggiva dal "paradiso" senza Dio
(Andrea Riccardi su "Sette" del Corriere della Sera, 4 settembre 2015)
In Albania, il dittatore Hoxha rivendicava la realizzazione del comunismo e non dava nessuna libertà di fede. Solo Madre Teresa aggirò l`ostacolo. Poi tutti scapparono.
Chi si ricorda degli sbarchi albanesi nel 1991, quando l`Italia, per la prima volta, divenne meta di immigrati? Ne arrivarono 27.000 a Brindisi in marzo e 20.000 a Bari in agosto. Fuggivano da uno Stato che rivendicava di aver realizzato il comunismo. Il regime, fondato da Enver Hoxha nel 1945 e guidato in modo ferreo fino al 1985, controllava tutta la vita sociale. Due francesi, marito e moglie, inviati a insegnare la lingua nel Paese, si sentivano così controllati dalla polizia che, per parlare tra loro, andavano a fare il bagno in mare. Microfoni e spie erano ovunque. Migliaia di epurazioni, processi insensati, condanne a morte.
Ricordo che a Roma, negli anni Ottanta, gli studenti albanesi riferivano settimanalmente all'ambasciata sulla loro vita e sui contatti con gli italiani. Vivere in Albania era un'oppressione. Ma, per taluni, era anche una fede, nutrita da una martellante propaganda totalitaria: l'Albania aveva realizzato il progresso, la giustizia e l'uguaglianza, come nessun paese.
Un giovane diplomatico albanese, pieno di fede nel regime, mi raccontò che, al primo contatto con Parigi, dove era stato mandato, pianse deluso: «Allora non è vero che l'Albania è il migliore Paese del mondo». Isolata, l'Albania comunista sfidava il mondo: gli Stati Uniti, il capitalismo, ma anche il revisionismo comunista sovietico e persino cinese. L'ideologia era una miscela di comunismo e nazionalismo. Pashko Vasa, un patriota albanese dell`Ottocento, aveva proclamato: "la religione degli albanesi è l'Albania".
Da1 1967 era vietato praticare qualunque religione. L'Albania fu proclamata il primo Stato ateo del mondo. La maggioranza degli albanesi sono musulmani sunniti. Esistono anche due importanti Chiese, ortodossa e cattolica. Inoltre c'è la confraternita dei bektashi, musulmani sincretici. Nonostante il pluralismo religioso, Hoxha temeva le religioni, l'unica forma di pensiero "autonomo", anche se erano asservite e controllate. Le cancellò con un provvedimento. Mi è stato raccontato (forse è una leggenda) che, per questa decisione, l`arcivescovo ortodosso, compagno d'arme dei comunisti, abbia preso a urli Hoxha, per poi morire chiuso nella sua residenza. Altri religiosi fecero una fine più dolorosa: il gulag, la morte, la prigionia. L'ultimo vescovo cattolico, monsignor Nikoll Troshani, dopo vent'anni di gulag, nel 1987 viveva isolato in campagna, considerato fortunato rispetto ad altri credenti. Non solo avevano chiuso le frontiere, ma anche il "cielo". Eppure, nel 1989, il regime dovette aprire le porte all'albanese più illustre del mondo, premio Nobel per la Pace, madre Teresa di Calcutta che, a Tirana, visitò la tomba di famiglia. Ma l'Albania restava chiusa. Nessuno credeva più che era un "paradiso", mentre la repressione si faceva incerta. Ad un certo punto, le frontiere vennero travolte: la gente e giovani volevano fuggire. Avevano visto alla televisione le immagini del "paradiso" italiano. Migliaia si riversarono in Italia e in Europa, cercando la prosperità e la libertà, negate per decenni.
Andrea Riccardi / Religioni e civiltà
(Andrea Riccardi su "Sette" del Corriere della Sera, 4 settembre 2015)
In Albania, il dittatore Hoxha rivendicava la realizzazione del comunismo e non dava nessuna libertà di fede. Solo Madre Teresa aggirò l`ostacolo. Poi tutti scapparono.
Chi si ricorda degli sbarchi albanesi nel 1991, quando l`Italia, per la prima volta, divenne meta di immigrati? Ne arrivarono 27.000 a Brindisi in marzo e 20.000 a Bari in agosto. Fuggivano da uno Stato che rivendicava di aver realizzato il comunismo. Il regime, fondato da Enver Hoxha nel 1945 e guidato in modo ferreo fino al 1985, controllava tutta la vita sociale. Due francesi, marito e moglie, inviati a insegnare la lingua nel Paese, si sentivano così controllati dalla polizia che, per parlare tra loro, andavano a fare il bagno in mare. Microfoni e spie erano ovunque. Migliaia di epurazioni, processi insensati, condanne a morte.
Ricordo che a Roma, negli anni Ottanta, gli studenti albanesi riferivano settimanalmente all'ambasciata sulla loro vita e sui contatti con gli italiani. Vivere in Albania era un'oppressione. Ma, per taluni, era anche una fede, nutrita da una martellante propaganda totalitaria: l'Albania aveva realizzato il progresso, la giustizia e l'uguaglianza, come nessun paese.
Un giovane diplomatico albanese, pieno di fede nel regime, mi raccontò che, al primo contatto con Parigi, dove era stato mandato, pianse deluso: «Allora non è vero che l'Albania è il migliore Paese del mondo». Isolata, l'Albania comunista sfidava il mondo: gli Stati Uniti, il capitalismo, ma anche il revisionismo comunista sovietico e persino cinese. L'ideologia era una miscela di comunismo e nazionalismo. Pashko Vasa, un patriota albanese dell`Ottocento, aveva proclamato: "la religione degli albanesi è l'Albania".
Da1 1967 era vietato praticare qualunque religione. L'Albania fu proclamata il primo Stato ateo del mondo. La maggioranza degli albanesi sono musulmani sunniti. Esistono anche due importanti Chiese, ortodossa e cattolica. Inoltre c'è la confraternita dei bektashi, musulmani sincretici. Nonostante il pluralismo religioso, Hoxha temeva le religioni, l'unica forma di pensiero "autonomo", anche se erano asservite e controllate. Le cancellò con un provvedimento. Mi è stato raccontato (forse è una leggenda) che, per questa decisione, l`arcivescovo ortodosso, compagno d'arme dei comunisti, abbia preso a urli Hoxha, per poi morire chiuso nella sua residenza. Altri religiosi fecero una fine più dolorosa: il gulag, la morte, la prigionia. L'ultimo vescovo cattolico, monsignor Nikoll Troshani, dopo vent'anni di gulag, nel 1987 viveva isolato in campagna, considerato fortunato rispetto ad altri credenti. Non solo avevano chiuso le frontiere, ma anche il "cielo". Eppure, nel 1989, il regime dovette aprire le porte all'albanese più illustre del mondo, premio Nobel per la Pace, madre Teresa di Calcutta che, a Tirana, visitò la tomba di famiglia. Ma l'Albania restava chiusa. Nessuno credeva più che era un "paradiso", mentre la repressione si faceva incerta. Ad un certo punto, le frontiere vennero travolte: la gente e giovani volevano fuggire. Avevano visto alla televisione le immagini del "paradiso" italiano. Migliaia si riversarono in Italia e in Europa, cercando la prosperità e la libertà, negate per decenni.
Andrea Riccardi / Religioni e civiltà
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