Dal libro "Milano, 30 gennaio 1944 - memorie della deportazione dal Binario 21" riportiamo alcuni brani della prefazione firmata da Andrea Riccardi :
Il binario 21 è divenuto lo spazio e il riferimento di questa catena della memoria, che aggancia il passato al futuro. Non è qualcosa di museale, retorico o formale. L’esistenza di questo luogo, visitato da tanti, ma anche di questa catena della memoria è la risposta vera alla domanda che tanti testimoni si pongono sul futuro. Settimia Spizzichino, ebrea romana portata a Auschwitz, si chiedeva alla fine della vita: “E che accadrà quando noi non ci saremo più? Si perderà il ricordo di quell’infamia?”. Questa domanda trova una sua risposta anche al binario 21.
Da dieci anni, questo binario, in un angolo chiuso della stazione, è il Memoriale della Shoah a Milano, che sfida la dimenticanza, la disumanità e l’insensibilità. Sul binario sostano vagoni bestiame dello stesso tipo di quelli utilizzati per il trasporto degli ebrei. Parlano nel loro silenzio. Nello spazio del Memoriale non ci sono spazi museali, ma campeggia la scritta “INDIFFERENZA”, suggerita da Liliana Segre. Ci sono poi i nomi dei deportati: donne, uomini, bambini, anziani. E’ l’espressione di una memoria nuda, senza orpelli, che in quegli spazi ha una dimensione veramente drammatica: il dramma di quello che successo il 30 gennaio e il dramma dell’indifferenza.Nei dieci anni trascorsi, il binario 21 è divenuto un luogo visitato, ma anche uno spazio aperto agli incontri con i testimoni della Shoah e a tante manifestazioni di ricordo e memoria. Uno spazio vivo. Oggi la Fondazione Memoriale della Shoah, guidata da Ferruccio de Bortoli e Roberto Jarach, guida e gestisce quella convergenza di persone e sensibilità che si è creata attorno al binario 21. Infatti, niente è uguale e la Shoah ha un suo carattere drammaticamente proprio, quello che Settimia Spizzichino chiamava il "più grande furto della storia". Tuttavia il ricordo del 30 gennaio rende sensibili e apre ad altri drammi della storia, a quelli passati come a quelli contemporanei. Non è un caso che questo libro riporti varie testimonianze sui drammi e i genocidi del XX secolo, come quello degli armeni e degli altri cristiani nel 1915, quello dei rom e sinti, quello cambogiano o la dolorosa vicenda dei desaparecidos argentini. C’è un ultimo aspetto che la dinamica della memoria ha innestato attorno al binario 21 e viene ricordato nel libro, nonostante sia un fatto recente del 2015. La Stazione di Milano è divenuto un punto di approdo di tanti rifugiati, tra cui siriani e eritrei e molti altri. Ebbene il Memoriale della Shoah, con i suoi spazi, si è aperto all’accoglienza temporanea di quelli che passavano per Milano, offrendo la possibilità di dormire qui. Ho visitato una sera questi spazi, tra cui l’angolo per il gioco dei bambini. Sono rimasto colpito dai drammi che egnavano la vita di questi rifugiati e dall’ambiente che li riceveva. L’accoglienza non era stonata. Al binario 21 sono state accolte quasi cinquemila persone, poi ripartite per altre destinazioni. Il Memoriale mi è apparso un luogo in cui il ricordo si faceva solidarietà a quelli che oggi sono oppressi dalla guerra e dalla persecuzione. Non un museo. Non un monumento. Ma un organismo vivente di memoria e solidarietà, che aveva trovato uno spazio significativo. E’ la storia raccontata da questo libro, originale e drammatica, ma anche viva e aperta al futuro.
Andrea Riccardi
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