Di fronte al feretro di Shimon Peres, lo scrittore israeliano Amos Oz si è chiesto: «Dove sono oggi gli uomini come Peres?». Lo ha fatto innanzi a una platea di leader mondiali, tra cui il primo ministro d'Israele, Benjamin Netanyahu. Una domanda vitale in un mondo in cui tante crisi si aprono ma si ha poco coraggio di cercare soluzioni. Purtroppo quella tra israeliani e palestinesi è ancora aperta. Dove sono oggi gli uomini come Peres? L'ex presidente ha guardato lontano, ha saputo combattere, ha amato Israele, ma si è rivolto al mondo: ha certo commesso errori, ma soprattutto ha avuto il coraggio della pace. Oz ha detto di lui: «Inciampava perché guardava in alto». Il suo libro, "Il Nuovo Medio Oriente", pubblicato nel 1993, dopo l'accordo con i palestinesi, manifesta una visione di pace e sviluppo, non solo per Israele, ma per l'intera regione.
Peres era nato nel 1923 in una delle comunità ebraiche in Polonia, minacciate dall'antisemitismo. La famiglia scelse la via dell'aliyah, il ritorno nella Terra (di Israele), dove il piccolo Shimon arrivò cinque anni prima che Hitler conquistasse la Polonia. Militare, poi politico, capace di decisioni contrastate, ministro di vari dicasteri, primo ministro e uomo di pace, tanto da meritare - a seguito degli accordi di Oslo con i palestinesi - il premio Nobel per la pace nel 1994. Infine, dal 2007 al 2014, presidente della Repubblica.
Quando l'ho incontrato, ho avuto la sensazione di un uomo che guardava al mondo, ma ancorato alla vicenda del suo popolo: «Non vi sono esempi in tutta la storia di una nazione che, dopo una così ininterrotta saga di tragedia e sventura, si sia risollevata e resa libera». Quale il messaggio di questo popolo? «La fede può trionfare su tutte le avversità». Aveva difeso le frontiere israeliane minacciate; ma credeva che nel mondo globale i conflitti non sarebbero stati tanto per il territorio, quanto tra civiltà. Israele doveva fare la sua parte, ma donando il suo messaggio e le sue energie agli altri popoli. Il suo sionismo era realista e universalista. Partecipò con entusiasmo alla preghiera per la pace in Vaticano con Abu Mazen, Francesco e il patriarca Bartolomeo. «Agli uomini è permesso sognare: non sogni qualsiasi, ma grandi sogni», disse. Anche noi ci chiediamo: dove sono oggi uomini come lui? E ci scopriamo in un mondo grande, abitato e guidato da donne e uomini forse troppo piccoli.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 9 ottobre 2016
Peres era nato nel 1923 in una delle comunità ebraiche in Polonia, minacciate dall'antisemitismo. La famiglia scelse la via dell'aliyah, il ritorno nella Terra (di Israele), dove il piccolo Shimon arrivò cinque anni prima che Hitler conquistasse la Polonia. Militare, poi politico, capace di decisioni contrastate, ministro di vari dicasteri, primo ministro e uomo di pace, tanto da meritare - a seguito degli accordi di Oslo con i palestinesi - il premio Nobel per la pace nel 1994. Infine, dal 2007 al 2014, presidente della Repubblica.
Quando l'ho incontrato, ho avuto la sensazione di un uomo che guardava al mondo, ma ancorato alla vicenda del suo popolo: «Non vi sono esempi in tutta la storia di una nazione che, dopo una così ininterrotta saga di tragedia e sventura, si sia risollevata e resa libera». Quale il messaggio di questo popolo? «La fede può trionfare su tutte le avversità». Aveva difeso le frontiere israeliane minacciate; ma credeva che nel mondo globale i conflitti non sarebbero stati tanto per il territorio, quanto tra civiltà. Israele doveva fare la sua parte, ma donando il suo messaggio e le sue energie agli altri popoli. Il suo sionismo era realista e universalista. Partecipò con entusiasmo alla preghiera per la pace in Vaticano con Abu Mazen, Francesco e il patriarca Bartolomeo. «Agli uomini è permesso sognare: non sogni qualsiasi, ma grandi sogni», disse. Anche noi ci chiediamo: dove sono oggi uomini come lui? E ci scopriamo in un mondo grande, abitato e guidato da donne e uomini forse troppo piccoli.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 9 ottobre 2016
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