Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, nella rubrica "Religioni e civiltà" del magazine "Sette" del Corriere della Sera parla del massacro dei monaci di Debre Libanos, in Etiopia, compiuto dalle truppe italiane durante il fascismo, nel 1937. Una pagina di storia da non dimenticare.
Pochi lo sanno, ma il più grande massacro di cristiani in Africa è stato compiuto, nel febbraio de1 1937, dalle truppe italiane nel monastero etiope di Debre Libanos
Il più grande massacro di cristiani in Africa è stato compiuto dalle truppe italiane nel monastero etiope di Debre Libanos. Il grande pubblico lo ignora. Anzi, nel 2012, ad Affile nel Lazio, è stato inaugurato un monumento a chi volle quel massacro, il maresciallo Graziani, viceré d'Etiopia Graziani finì la propria carriera militare a Salò e, dopo la guerra, fu presidente onorario del Msi.
Il maresciallo ordinò il massacro, dopo l'attentato contro di lui ad Addis Abeba il 17 febbraio 1937. Oggi TV2000, il canale televisivo della Chiesa italiana, fa conoscere questa storia dimenticata con un docufilm di Antonello Carvigiani da un'idea di Lucio Brunelli. L'apporto degli storici, i documenti e la testimonianza di un novantenne (che bambino assistette ai massacri di nascosto) danno la dimensione del dramma. Graziani subì un attentato il 19 febbraio 1937. La reazione fu pesantissima con la strage di migliaia di persone, in un'operazione di squadrismo fascista "accoppando indigeni" e conducendo alla morte "mandrie di negri", come racconta il giornalista del Corriere, Ciro Poggiali, nel suo diario.
Gli italiani "brava gente", fascistizzati e fanatizzati, rivelarono un altro volto. Il viceré intendeva saldare i conti anche con la Chiesa etiope, che sospettava di animare la resistenza all'Italia. Gli dette motivo qualche contatto dei due attentatori con l'ambiente del monastero. Il 19 maggio 1937, si disse in possesso di prove sicure del coinvolgimento dei monaci (inesistente) nell'attentato e ordinò la strage al generale Pietro Maletti. Il monastero, a 80 km dalla capitale, è un polmone religioso del paese, fondato nel XIII secolo da San Tekle Haimanot, la cui festa si celebrava - con quella dell'arcangelo Michele - proprio quando arrivò l'ordine di Graziani. Un monastero etiope, attorno alla chiesa e ai luoghi santi, raccoglie abitualmente vari insediamenti quasi villaggi - di monache e monaci, ma anche di fedeli. Le truppe di Maletti fecero entrare i pellegrini nel recinto della chiesa. Poi uccisero i monaci, fucilandoli in una zona remota e gettando i cadaveri in una gola profonda. Graziani volle anche la morte dei diaconi. Trenta seminaristi furono portati in un malsano campo di detenzione, dove in gran parte morirono. Solo uno tornò al monastero.
Secondo gli italiani furono uccisi 449 monaci e 129 diaconi. Ma, per gli storici, il bilancio fu molto più pesante, tra 800 e 2.200 morti: monaci, giovani studenti al monastero, pellegrini (per la festa). Il complesso monastico fu distrutto. Oggi si vede una chiesa ricostruita dopo la guerra. Furono depredati codici, manoscritti, opere antiche del mo- nastero: è uno dei furti realizzati durante la breve dominazione fascista in Etiopia, su cui non si è fatta luce. 11 27 maggio, il viceré Graziani comunicò al ministro delle colonie, Lessona: era stato distrutto un "covo di assassini". Non ci fu alcuna reazione verso questa violenza contro cristiani: nemmeno negli ambienti cattolici italiani.
I cristiani etiopi, figli di una storia antica, erano piuttosto disprezzati, considerati scismatici e "primitivi". Un'espressione di quest'atteggiamento si ritrova nelle parole del card. Schuster, pronunziate nel Duomo di Milano, il 28 ottobre 1935, quando benedisse l'invasione fascista dell'Etiopia come "guerra che reca il trionfo della croce di Cristo, spezza le catene, spiana le strade ai missionari del Vangelo": ma anche "apre le porte di Etiopia alla fede cattolica e alla civiltà romana". Ma l'evangelizzazione dell'Etiopia era iniziata già dal W secolo e lì viveva la più grande Chiesa africana. E` quindi molto significativo che la televisione della Chiesa italiana ricordi questa triste storia. L'immagine dei monaci di Debre Libanos è giustamente dipinta nell'icona dei nuovi martiri del Novecento, conservata nella basilica di San Bartolomeo all`Isola Tiberina, a Roma. Sono martiri cristiani. Anche se chi li ha uccisi, non li considerava tali.
Pochi lo sanno, ma il più grande massacro di cristiani in Africa è stato compiuto, nel febbraio de1 1937, dalle truppe italiane nel monastero etiope di Debre Libanos
Il più grande massacro di cristiani in Africa è stato compiuto dalle truppe italiane nel monastero etiope di Debre Libanos. Il grande pubblico lo ignora. Anzi, nel 2012, ad Affile nel Lazio, è stato inaugurato un monumento a chi volle quel massacro, il maresciallo Graziani, viceré d'Etiopia Graziani finì la propria carriera militare a Salò e, dopo la guerra, fu presidente onorario del Msi.
Il maresciallo ordinò il massacro, dopo l'attentato contro di lui ad Addis Abeba il 17 febbraio 1937. Oggi TV2000, il canale televisivo della Chiesa italiana, fa conoscere questa storia dimenticata con un docufilm di Antonello Carvigiani da un'idea di Lucio Brunelli. L'apporto degli storici, i documenti e la testimonianza di un novantenne (che bambino assistette ai massacri di nascosto) danno la dimensione del dramma. Graziani subì un attentato il 19 febbraio 1937. La reazione fu pesantissima con la strage di migliaia di persone, in un'operazione di squadrismo fascista "accoppando indigeni" e conducendo alla morte "mandrie di negri", come racconta il giornalista del Corriere, Ciro Poggiali, nel suo diario.
Gli italiani "brava gente", fascistizzati e fanatizzati, rivelarono un altro volto. Il viceré intendeva saldare i conti anche con la Chiesa etiope, che sospettava di animare la resistenza all'Italia. Gli dette motivo qualche contatto dei due attentatori con l'ambiente del monastero. Il 19 maggio 1937, si disse in possesso di prove sicure del coinvolgimento dei monaci (inesistente) nell'attentato e ordinò la strage al generale Pietro Maletti. Il monastero, a 80 km dalla capitale, è un polmone religioso del paese, fondato nel XIII secolo da San Tekle Haimanot, la cui festa si celebrava - con quella dell'arcangelo Michele - proprio quando arrivò l'ordine di Graziani. Un monastero etiope, attorno alla chiesa e ai luoghi santi, raccoglie abitualmente vari insediamenti quasi villaggi - di monache e monaci, ma anche di fedeli. Le truppe di Maletti fecero entrare i pellegrini nel recinto della chiesa. Poi uccisero i monaci, fucilandoli in una zona remota e gettando i cadaveri in una gola profonda. Graziani volle anche la morte dei diaconi. Trenta seminaristi furono portati in un malsano campo di detenzione, dove in gran parte morirono. Solo uno tornò al monastero.
Secondo gli italiani furono uccisi 449 monaci e 129 diaconi. Ma, per gli storici, il bilancio fu molto più pesante, tra 800 e 2.200 morti: monaci, giovani studenti al monastero, pellegrini (per la festa). Il complesso monastico fu distrutto. Oggi si vede una chiesa ricostruita dopo la guerra. Furono depredati codici, manoscritti, opere antiche del mo- nastero: è uno dei furti realizzati durante la breve dominazione fascista in Etiopia, su cui non si è fatta luce. 11 27 maggio, il viceré Graziani comunicò al ministro delle colonie, Lessona: era stato distrutto un "covo di assassini". Non ci fu alcuna reazione verso questa violenza contro cristiani: nemmeno negli ambienti cattolici italiani.
I cristiani etiopi, figli di una storia antica, erano piuttosto disprezzati, considerati scismatici e "primitivi". Un'espressione di quest'atteggiamento si ritrova nelle parole del card. Schuster, pronunziate nel Duomo di Milano, il 28 ottobre 1935, quando benedisse l'invasione fascista dell'Etiopia come "guerra che reca il trionfo della croce di Cristo, spezza le catene, spiana le strade ai missionari del Vangelo": ma anche "apre le porte di Etiopia alla fede cattolica e alla civiltà romana". Ma l'evangelizzazione dell'Etiopia era iniziata già dal W secolo e lì viveva la più grande Chiesa africana. E` quindi molto significativo che la televisione della Chiesa italiana ricordi questa triste storia. L'immagine dei monaci di Debre Libanos è giustamente dipinta nell'icona dei nuovi martiri del Novecento, conservata nella basilica di San Bartolomeo all`Isola Tiberina, a Roma. Sono martiri cristiani. Anche se chi li ha uccisi, non li considerava tali.
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