La tragica situazione della Siria, con i suoi centomila morti, quattro milioni di sfollati e due di profughi, è al centro di una riflessione di Andrea Ricardi, apparsa su Le Figaro del 25 giugno 2013. LEGGI L'ARTICOLO in versione originale (francese)
La Siria, scrive Riccardi, "è un paese distrutto nelle sue vittime e nei suoi beni, ma anche nella sua anima. Un
regime che uccide il suo popolo, ribelli divisi e sempre più
radicalizzati, una popolazione separata secondo le antiche fratture etnico-religiose
della popolazione ormai ravvivate. Davanti a questo disastro umanitario, la comunità internazionale resta divisa e incerta. Si tratta di un mosaico, mondo unico e fragile, di religioni e culture".
Ma, si cheide Riccardi "Nella società e negliambienti intellettualieuropei cova una rivolta: perchè tanto immobilismo di frotne a una simile carneficina?"
In Siria, risponde lo storico, "si gioca l'ultimo capitolo della guerra fredda, con la questione della presenza russa nel Mediterraneo. E tutto questo su uno scenario geopolitico complesso".
Ma bisogna riflettere su cosa è possibile fare "perchè è sempre possibile fare qualcosa" afferma Riccardi, che non è nuovo ad affrontare situazioni complesse con la forza di una speranza che si è tradotta in delicate mediazioni politiche per la pacificazione di interi paesi, come fu per il Mozambico e per numerose altre situazioni nel mondo.
"Si tratta di difendere lo spazio di coabitazione che esisteva, nel bene e nel male, in Siria. L'arte di vivere insieme tra musulmani di tradizioni differenti e cristiani di diverse confessioni non è solo legata al regime, come una lettura tutta politica porterebbe a credere. E' anche il frutto di secoli di coesistenza. E' una tradizione di tutta la società".
L'articolo richiama con preoccupazione la situazione dei due vescovi di Aleppo, il siro-ortodosso Mar Gregorios Ibrahim e il greco cattolico Paul Yazigi, amici della Comunità di Sant'Egidio, che dal loro rapimento, il 22 marzo scorso, prega ogni giorno incessantemente per la loro liberazione.
Riccardi richiama l'appello di papa Francesco: "Tutto è perduto con la guerra, tutto si guadagna con la pace" e individua in questo il cuore del problema: bisogna che la comunità internazionale si impegni a creare le condizioni perchè l'opposizione si possa esprimere in maniera civile e pacifica, evitando il confronto violento e la radicalizzazione della ribellione. E' la "pace preventiva", concetto a cui Andrea Riccardi ha anche dedicato un libro, qualche anno fa (Vedi il libro)
"Affermare - conclude l'articolo - che in Siria la soluzione non potrà che essere politica non è l'espressione di una debolezza, ma di una speranza. Se vogliamo che un popolo ostaggio della violenza ritrovi il suo avvenire, bisogna che i siriani si intendano. Oggi, sembrano essersi allontanati- Sta a noi sviluppare ogni sforzo per dimostrare loro la fondatezza di questa opzione, che consiste nel ravvivare il desiderio di pace e di avvenire che il popolo intero ha, preparare il terreno per un passaggio inclusivo alla democrazia, preservare sempre gli spazi di dialogo, per fragili che siano, sperando che la Seconda Conferenza di Ginevra si tenga in questo spirito. Questo è quanto c'è da fare e non è poco".
Traduzione a cura della redazione | |
Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine. Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...
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