Andrea Riccardi su Il Corriere della Sera, 22 settembre 2013
L`intervista di papa Bergoglio al direttore de La Civiltà Cattolica ha avuto grande risonanza. Forse, leggendola, qualche cardinale si sarà pentito del voto in favore del Papa. Molti altri (cardinali o no) sono soddisfatti del feeling con l`opinione pubblica. Altri perplessi. È un Papa progressista? Qualcuno ha cominciato a parlare di una sua vicinanza alla teologia della liberazione.
La rivoluzione di Francesco non è però lo spostamento del pendolo della Chiesa dal conservatorismo al progressismo. Non è nemmeno un po` di passione in più nel comunicare, come tentano di dire quelli che vorrebbero smorzare la novità. A sei mesi dall`elezione, si vede che una «rivoluzione» c`è stata. Ma quale? 11 Papa non ha fatto riforme strutturali: qualche cardinale si è detto sorpreso del ritardo. Francesco, parlando di riforma, ha affermato il valore della pazienza e del discernimento, ricordando come il decisionismo non sia mai stato positivo nella sua vita. Nei sei mesi trascorsi il Papa si è familiarizzato con una Curia a lui poco nota; ha ascoltato tante persone. Sta prendendo decisioni importanti, come alcune nomine, tra cui il segretario di Stato Parolin. Dice di volere un governo più collegiale nella Chiesa. Soprattutto, nei mesi passati, Francesco ha parlato del Vangelo, manifestando «simpatia» per la gente. Non è secondario: «la prima riforma deve essere quella dell`atteggiamento», ha detto il Papa.
Bisogna cambiare e far cambiare modo di vivere. Francesco ha interpretato un modello di pastore, proposto implicitamente a collaboratori, vescovi, clero: «Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato». Debbono essere «persone capaci di riscaldare il cuore delle persone e di camminare nella notte con loro, di saper dialogare...». Questa è la Chiesa di Bergoglio: compagna dei dolori della gente e sensibile alla loro coscienza. Tanto che il Papa, interrogato sui gay, ha affermato: «Chi sono io per giudicare?». E un uomo di vasta esperienza umana, formatasi nel dialogo con tanti, convinto della complessità della vita. Lo si vede quando parla delle donne che hanno abortito. In questo quadro però i poveri occupano un posto prioritario. È la Chiesa dei poveri. I poveri sono stati determinanti per decidere l`intervento sulla Siria. Quando ha visto lo strazio dei bambini siriani, ha sentito che doveva parlare. I poveri per Bergoglio sono quelli privati di tutto. Basta pensare ai bambini cartoneros nel buio delle notti di Buenos Aires, per cui si è speso. I poveri sono i profughi di cui ha parlato a Lampedusa. La Chiesa di Bergoglio non sublima la povertà allargandola a tutte le sofferenze umane. Hans Kung scrive che va bene l`attenzione del Papa ai poveri «in senso esteriore», ma lui deve agire soprattutto per gli altri sofferenti: divorziati, preti sposati, donne. Papa Francesco, sensibile alle sofferenze umane, è convinto che bisogna partire dai poveri: è la «povertà», di cui parla il Vangelo di Matteo. Lì, Gesù si identifica con il povero, tanto da dire: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare...» (25, 35). Qualche vescovo si è detto perplesso di un Papa che parla poco dei principi non negoziabili. Bergoglio ha risposto chiaro: «Non possiamo solo insistere sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi... Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, già lo si conosce...». Ha fatto così in Argentina. Non ha a cuore una «moltitudine di dottrine da imporre con insistenza», ma vuole avviare la Chiesa sulla strada per comunicare con «freschezza» il «profumo del Vangelo». Per questo la Chiesa deve uscire da se stessa e incontrare chi è indifferente, ostile, chi non crede. Questa è la rivoluzione di Bergoglio. Giuliano Ferrara lo ammonisce: la Chiesa perdona, ma il mondo no. Mi sembra che Francesco, nella sua speranza, si ricordi piuttosto della parola di Gesù: «nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio; io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
Senza arroganza, la Chiesa ha cominciato ad essere sulla scena della vita. Bergoglio l`ha lanciata sull`orizzonte internazionale. Forse non si è pienamente valutato il valore diplomatico del suo passo sulla Siria, decisivo per sbloccare l`impasse tra Russia e Stati Uniti, facendo maturare la proposta di Mosca. Lo stesso ruolo ebbe Giovanni XXIII nella crisi di Cuba del 1962, favorendo una via negoziale tra Mosca e Washington. 11 primo Papa latino-americano non è tutta spontaneità. Si sta interrogando sulla crisi della civiltà europea (un problema sentito da Benedetto XVI). Nella sua elezione vede un «segno dei tempi», che gli consente di collegare un mondo più giovane (latino americano) con quello europeo più vecchio. Il cristianesimo europeo ha perso forza, ma non la saggezza. Conclude il Papa: «il futuro si costruisce insieme». Questa è la formula proposta a tanti livelli da un Papa creativo («Un gesuita deve essere creativo», dice), che ha avuto il merito di rivelare le risorse profonde di un cattolicesimo che sembrava in grave crisi. Non tutto è risolto o può esserlo e forse non lo sarà mai. La Chiesa di Francesco però vive e guarda al domani. Soprattutto è convinta che c`è un futuro: per sé e per tanti altri. Non è cosa da poco.
L`intervista di papa Bergoglio al direttore de La Civiltà Cattolica ha avuto grande risonanza. Forse, leggendola, qualche cardinale si sarà pentito del voto in favore del Papa. Molti altri (cardinali o no) sono soddisfatti del feeling con l`opinione pubblica. Altri perplessi. È un Papa progressista? Qualcuno ha cominciato a parlare di una sua vicinanza alla teologia della liberazione.
La rivoluzione di Francesco non è però lo spostamento del pendolo della Chiesa dal conservatorismo al progressismo. Non è nemmeno un po` di passione in più nel comunicare, come tentano di dire quelli che vorrebbero smorzare la novità. A sei mesi dall`elezione, si vede che una «rivoluzione» c`è stata. Ma quale? 11 Papa non ha fatto riforme strutturali: qualche cardinale si è detto sorpreso del ritardo. Francesco, parlando di riforma, ha affermato il valore della pazienza e del discernimento, ricordando come il decisionismo non sia mai stato positivo nella sua vita. Nei sei mesi trascorsi il Papa si è familiarizzato con una Curia a lui poco nota; ha ascoltato tante persone. Sta prendendo decisioni importanti, come alcune nomine, tra cui il segretario di Stato Parolin. Dice di volere un governo più collegiale nella Chiesa. Soprattutto, nei mesi passati, Francesco ha parlato del Vangelo, manifestando «simpatia» per la gente. Non è secondario: «la prima riforma deve essere quella dell`atteggiamento», ha detto il Papa.
Bisogna cambiare e far cambiare modo di vivere. Francesco ha interpretato un modello di pastore, proposto implicitamente a collaboratori, vescovi, clero: «Il popolo di Dio vuole pastori e non funzionari o chierici di Stato». Debbono essere «persone capaci di riscaldare il cuore delle persone e di camminare nella notte con loro, di saper dialogare...». Questa è la Chiesa di Bergoglio: compagna dei dolori della gente e sensibile alla loro coscienza. Tanto che il Papa, interrogato sui gay, ha affermato: «Chi sono io per giudicare?». E un uomo di vasta esperienza umana, formatasi nel dialogo con tanti, convinto della complessità della vita. Lo si vede quando parla delle donne che hanno abortito. In questo quadro però i poveri occupano un posto prioritario. È la Chiesa dei poveri. I poveri sono stati determinanti per decidere l`intervento sulla Siria. Quando ha visto lo strazio dei bambini siriani, ha sentito che doveva parlare. I poveri per Bergoglio sono quelli privati di tutto. Basta pensare ai bambini cartoneros nel buio delle notti di Buenos Aires, per cui si è speso. I poveri sono i profughi di cui ha parlato a Lampedusa. La Chiesa di Bergoglio non sublima la povertà allargandola a tutte le sofferenze umane. Hans Kung scrive che va bene l`attenzione del Papa ai poveri «in senso esteriore», ma lui deve agire soprattutto per gli altri sofferenti: divorziati, preti sposati, donne. Papa Francesco, sensibile alle sofferenze umane, è convinto che bisogna partire dai poveri: è la «povertà», di cui parla il Vangelo di Matteo. Lì, Gesù si identifica con il povero, tanto da dire: «ho avuto fame e mi avete dato da mangiare...» (25, 35). Qualche vescovo si è detto perplesso di un Papa che parla poco dei principi non negoziabili. Bergoglio ha risposto chiaro: «Non possiamo solo insistere sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi... Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, già lo si conosce...». Ha fatto così in Argentina. Non ha a cuore una «moltitudine di dottrine da imporre con insistenza», ma vuole avviare la Chiesa sulla strada per comunicare con «freschezza» il «profumo del Vangelo». Per questo la Chiesa deve uscire da se stessa e incontrare chi è indifferente, ostile, chi non crede. Questa è la rivoluzione di Bergoglio. Giuliano Ferrara lo ammonisce: la Chiesa perdona, ma il mondo no. Mi sembra che Francesco, nella sua speranza, si ricordi piuttosto della parola di Gesù: «nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate coraggio; io ho vinto il mondo» (Gv 16,33).
Senza arroganza, la Chiesa ha cominciato ad essere sulla scena della vita. Bergoglio l`ha lanciata sull`orizzonte internazionale. Forse non si è pienamente valutato il valore diplomatico del suo passo sulla Siria, decisivo per sbloccare l`impasse tra Russia e Stati Uniti, facendo maturare la proposta di Mosca. Lo stesso ruolo ebbe Giovanni XXIII nella crisi di Cuba del 1962, favorendo una via negoziale tra Mosca e Washington. 11 primo Papa latino-americano non è tutta spontaneità. Si sta interrogando sulla crisi della civiltà europea (un problema sentito da Benedetto XVI). Nella sua elezione vede un «segno dei tempi», che gli consente di collegare un mondo più giovane (latino americano) con quello europeo più vecchio. Il cristianesimo europeo ha perso forza, ma non la saggezza. Conclude il Papa: «il futuro si costruisce insieme». Questa è la formula proposta a tanti livelli da un Papa creativo («Un gesuita deve essere creativo», dice), che ha avuto il merito di rivelare le risorse profonde di un cattolicesimo che sembrava in grave crisi. Non tutto è risolto o può esserlo e forse non lo sarà mai. La Chiesa di Francesco però vive e guarda al domani. Soprattutto è convinta che c`è un futuro: per sé e per tanti altri. Non è cosa da poco.
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