Dal "Corriere della Sera" del 27 gennaio 2014
L'ambasciata americana in Vaticano ha celebrato ieri trent`anni di rapporti con la Santa Sede nella cornice del palazzo romano della Cancelleria (sulla cui facciata campeggia la scritta napoleonica «Corte imperiale»).
Un tempo gli Stati Uniti sono stati un sostegno «imperiale» alla Chiesa. Il cardinale Ottaviani, forte personaggio della Curia di Pio XII, evocò così l`apporto americano alla Chiesa: «Esso ricorda la funzione che fu nel Medio Evo dell`Impero e, in un tempo più recente, della Francia». Infatti, durante la guerra fredda, la Chiesa, perseguitata nell`Est comunista, si appoggiava all`impero americano e ai cattolici di questo Paese. Pio XII lo conosceva bene, avendolo visitato da segretario di Stato. Il presidente Roosevelt (che Pacelli aveva incontrato) non riuscì a vincere l`opposizione interna ai rapporti diplomatici con il Vaticano: perché privilegiare una religione sulle altre? Inviò allora un rappresentante speciale presso il papa, Mayron Taylor, in carica da1 1939 al 1952. Durante la guerra, Pio XII riceveva con grande interesse Taylor in Vaticano, discutendo del futuro dell`Europa. Era un modo di uscire dall`isolamento. Pur senza rapporti ufficiali, le relazioni furono intense e operative. In questo quadro s`inseriva la Chiesa americana: il cardinal Spellman, amico di Pio XII e arcivescovo di New York, incarnava l`America cattolica e anticomunista, sostenendo il ruolo provvidenziale del Paese nella difesa della libertà e della Chiesa.
Con Giovanni XXII e Paolo VI, qualcosa cambiò. La Santa Sede, nel mondo bipolare, si smarcò da una posizione troppo occidentale: divenne più mediatrice, attenta al Terzo Mondo, interessata all`Est. Ma gli States restavano un caposaldo dei rapporti internazionali vaticani. Paolo VI fu il primo papa a andare in America. Con Giovanni Paolo II, le relazioni divennero una stretta collaborazione, specie negli Anni Ottanta. C`era la questione della Polonia. Gli Stati Uniti consultavano il papa sull`Est. Gli anni di Reagan (1981-1989) furono all`insegna della convergenza, tanto da far parlare di «santa alleanza». Nel 1984, arrivarono i rapporti diplomatici. L`influenza del papa si fece sentire sulle decisioni americane, come per l`attenuazione dell`embargo alla Polonia, giudicato duramente da Wojtyla. Questi investì molto sugli Stati Uniti (sette viaggi, incluse due tappe in Alaska), tanto da divenire un leader religioso importante in America, non solo per i cattolici. La situazione cambiò con fine del bipolarismo dei due imperi: «Voi siete stati un gemello fin qui - disse il papa a Clinton - Ora dovete apprendere a vivere da orfano».
La Chiesa si trovò presto a disagio con l`unico impero americano e le sue guerre. Il Papa fu contrario ai due conflitti in Iraq. Il suo prestigio di vincitore del comunismo era troppo alto però, perché la Casa Bianca non manifestasse sempre rispetto per lui, come si vide ai suoi funerali con la partecipazione di un`importante delegazione guidata da Bush jr. I rapporti di Benedetto XVI con il repubblicano Bush jr sono stati buoni per la convergenza sui temi etici. Questi problemi dividono il cattolicesimo americano dalle presidenze democratiche, sia nella politica internazionale che interna. La Chiesa americana è molto distante da Clinton e Obama. Così negli ultimi anni i rapporti tra Vaticano, cattolici e Casa Bianca sono arrivati al minimo.
Papa Francesco potrà inaugurare una nuova stagione? Con il nuovo papa il Vaticano sta ritornando un crocevia internazionale. Ha partecipato alla conferenza sulla Siria di Montreux. Le visite dei leader mondiali si susseguono, come Hollande ieri (la sua prima in Vaticano, pur essendo presidente dal maggio 2012). Gli americani sono presenti: in gennaio c`è stata la visita del segretario di Stato, Kerry e si aspetta Obama in marzo. Il nuovo ambasciatore Kenneth Hackett, ex leader del più grosso ente assistenziale cattolico degli States, è persona ben conosciuta a Roma. Ma c`è anche una realtà interna agli Stati Uniti, non trascurabile: papa Francesco piace ed è seguito dall`opinione pubblica, prima invece prevalentemente attenta agli scandali della Chiesa. È una chance apprezzata anche dai vescovi americani più perplessi su un papato «poco battagliero». E poi, in un mondo caotico, la diplomazia americana ha appreso a stimare l`apporto originale del papa su vari quadranti delicati (com'è stato in settembre sulla Siria). Il Vaticano silenziosamente ritorna un interlocutore per gli Stati Uniti e non solo.
L'ambasciata americana in Vaticano ha celebrato ieri trent`anni di rapporti con la Santa Sede nella cornice del palazzo romano della Cancelleria (sulla cui facciata campeggia la scritta napoleonica «Corte imperiale»).
Un tempo gli Stati Uniti sono stati un sostegno «imperiale» alla Chiesa. Il cardinale Ottaviani, forte personaggio della Curia di Pio XII, evocò così l`apporto americano alla Chiesa: «Esso ricorda la funzione che fu nel Medio Evo dell`Impero e, in un tempo più recente, della Francia». Infatti, durante la guerra fredda, la Chiesa, perseguitata nell`Est comunista, si appoggiava all`impero americano e ai cattolici di questo Paese. Pio XII lo conosceva bene, avendolo visitato da segretario di Stato. Il presidente Roosevelt (che Pacelli aveva incontrato) non riuscì a vincere l`opposizione interna ai rapporti diplomatici con il Vaticano: perché privilegiare una religione sulle altre? Inviò allora un rappresentante speciale presso il papa, Mayron Taylor, in carica da1 1939 al 1952. Durante la guerra, Pio XII riceveva con grande interesse Taylor in Vaticano, discutendo del futuro dell`Europa. Era un modo di uscire dall`isolamento. Pur senza rapporti ufficiali, le relazioni furono intense e operative. In questo quadro s`inseriva la Chiesa americana: il cardinal Spellman, amico di Pio XII e arcivescovo di New York, incarnava l`America cattolica e anticomunista, sostenendo il ruolo provvidenziale del Paese nella difesa della libertà e della Chiesa.
Con Giovanni XXII e Paolo VI, qualcosa cambiò. La Santa Sede, nel mondo bipolare, si smarcò da una posizione troppo occidentale: divenne più mediatrice, attenta al Terzo Mondo, interessata all`Est. Ma gli States restavano un caposaldo dei rapporti internazionali vaticani. Paolo VI fu il primo papa a andare in America. Con Giovanni Paolo II, le relazioni divennero una stretta collaborazione, specie negli Anni Ottanta. C`era la questione della Polonia. Gli Stati Uniti consultavano il papa sull`Est. Gli anni di Reagan (1981-1989) furono all`insegna della convergenza, tanto da far parlare di «santa alleanza». Nel 1984, arrivarono i rapporti diplomatici. L`influenza del papa si fece sentire sulle decisioni americane, come per l`attenuazione dell`embargo alla Polonia, giudicato duramente da Wojtyla. Questi investì molto sugli Stati Uniti (sette viaggi, incluse due tappe in Alaska), tanto da divenire un leader religioso importante in America, non solo per i cattolici. La situazione cambiò con fine del bipolarismo dei due imperi: «Voi siete stati un gemello fin qui - disse il papa a Clinton - Ora dovete apprendere a vivere da orfano».
La Chiesa si trovò presto a disagio con l`unico impero americano e le sue guerre. Il Papa fu contrario ai due conflitti in Iraq. Il suo prestigio di vincitore del comunismo era troppo alto però, perché la Casa Bianca non manifestasse sempre rispetto per lui, come si vide ai suoi funerali con la partecipazione di un`importante delegazione guidata da Bush jr. I rapporti di Benedetto XVI con il repubblicano Bush jr sono stati buoni per la convergenza sui temi etici. Questi problemi dividono il cattolicesimo americano dalle presidenze democratiche, sia nella politica internazionale che interna. La Chiesa americana è molto distante da Clinton e Obama. Così negli ultimi anni i rapporti tra Vaticano, cattolici e Casa Bianca sono arrivati al minimo.
Papa Francesco potrà inaugurare una nuova stagione? Con il nuovo papa il Vaticano sta ritornando un crocevia internazionale. Ha partecipato alla conferenza sulla Siria di Montreux. Le visite dei leader mondiali si susseguono, come Hollande ieri (la sua prima in Vaticano, pur essendo presidente dal maggio 2012). Gli americani sono presenti: in gennaio c`è stata la visita del segretario di Stato, Kerry e si aspetta Obama in marzo. Il nuovo ambasciatore Kenneth Hackett, ex leader del più grosso ente assistenziale cattolico degli States, è persona ben conosciuta a Roma. Ma c`è anche una realtà interna agli Stati Uniti, non trascurabile: papa Francesco piace ed è seguito dall`opinione pubblica, prima invece prevalentemente attenta agli scandali della Chiesa. È una chance apprezzata anche dai vescovi americani più perplessi su un papato «poco battagliero». E poi, in un mondo caotico, la diplomazia americana ha appreso a stimare l`apporto originale del papa su vari quadranti delicati (com'è stato in settembre sulla Siria). Il Vaticano silenziosamente ritorna un interlocutore per gli Stati Uniti e non solo.
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