Il 22 giugno, Andrea Riccardi ha lanciato un appello per la salvezza di Aleppo, a cui hanno già aderito numerose personalità del mondo politico, dell'associazionismo e della società civile.
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Il testo dell'appello
Faccio un appello per Aleppo. Accade qualcosa di terribile. Ma viene ignorato. Oppure si assiste rassegnati. Sono due anni che si combatte ad Aleppo. Nel luglio 2012 è iniziata la battaglia nella città più popolosa della Siria. Eppure i suoi due milioni di abitanti sono rimasti, preservando la millenaria coabitazione fra musulmani e cristiani. La città è segmentata: la maggior parte dei quartieri in mano lealista, ma anche zone controllate dai ribelli, pur arretrati dall'occupazione dell'estate 2012. A loro volta i ribelli sono incalzati da sudovest dalle forze governative. La gente non può uscire dalla città accerchiata dall'opposizione, tra cui fondamentalisti intransigenti e sanguinari. Per i cristiani, uscire dalla zona governativa significa rischiare la vita.
Lo sanno bene i due vescovi aleppini, Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, da più di un anno sequestrati. Aleppo è la terza città "cristiana" del mondo arabo, dopo Il Cairo e Beirut: c'erano 300 mila cristiani!
Morte da ogni parte.
La
popolazione soffre. L'aviazione di Assad colpisce con missili e bidoni
esplosivi le zone in mano ai ribelli; questi bombardano gli altri
quartieri con mortai e razzi artigianali. Si soffre la fame e la
mancanza di medicinali. C'è l'orribile ricatto dell'acqua che i gruppi jihadisti tolgono alla città.
È una guerra terribile e la morte viene da ogni parte. Passando per
tunnel sotterranei, si fanno esplodere palazzi "nemici". Come
sopravvivere? Si deve fermare una strage che dura da due anni. Occorre
un intervento internazionale per liberare Aleppo dall'assedio. Ci vuole
un soprassalto di responsabilità da parte dei Governi coinvolti: dalla
Turchia, schierata con i ribelli, alla Russia, autorevole presso Assad. Salvare
Aleppo val più che un'affermazione di parte sul campo! Si debbono
predisporre corridoi umanitari e rifornimenti per i civili. E poi si
deve trattare a oltranza la fine dei combattimenti. Una forza
d'interposizione Onu sarebbe opportuna. Certo richiede tempo per essere
realizzata e collaborazione da parte di Damasco. Intanto la gente di
Aleppo muore. Bisogna imporre la pace in nome di chi soffre. Una sorta di "Aleppo città aperta".
Roberto Balzani, Maura de Bernart e Salvatore Vassallo (Università di Bologna) condividono pienamente e si uniscono ai firmatari
RispondiEliminaGrazie dell'adesione!
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