Sull'elezione del nuovo presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, eletto il 30 gennaio 2015, Andrea Riccardi, oltre ad un'intervista all'Huffington Post, (VAI ALL'ARTICOLO) ha pubblicato oggi un editoriale sul Corriere della Sera:
Non si può dare una lettura «confessionale» all`elezione del cattolico Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Non corrisponde alla realtà. Mattarella però ha avuto una opposizione confessionale, che ricorda íl tempo in cui si scontrò nel Partito popolare con Buttiglione o quando dibattevano i cattolici della presenza (area vicina a Cl) e della mediazione (Azione cattolica). Sono conflitti datati, fuori dall'orizzonte dei cattolici di oggi, segnato da papa Francesco.
In questa elezione non c`è stata una strategia della Chiesa per un presidente cattolico (del resto fallì al tempo di Paolo VI); ma al massimo sono avvenuti riservati interventi per far cadere le resistenze non di carattere politico da parte di settori cattolici.
Mattarella è un cattolico conciliare a suo agio con Francesco. Le definizioni di catto-comunista o cattolico-adulto applicate a lui hanno il sapore d'altri tempi. Il nuovo presidente, per spiritualità, è un uomo di sintesi, che sa ascoltare e comporre. E' l'antica tradizione politica e spirituale del cattolicesimo italiano, che ha prodotto De Gasperi, Montini, Moro e tanti altri. Non timida, ma capace di coraggio, come si vede nella vicenda dell'assassinio mafioso del fratello Piersanti.
Nel 1938 il padre, Bernardo, vide sequestrato dal regime il foglio cattolico che dirigeva: aveva pubblicato articoli sull`incompatibilità tra cristianesimo e antisemitismo.
Del resto il suo primo passo è stato andare (privatamente) alle Fosse Ardeatine.
Questo genere di cattolici ha il senso della laicità ed è refrattario alla confessionalizzazione. Insomma un cattolicesimo di sintesi a disagio nello scontro laici/cattolici, dal referendum sul divorzio del 1974 fino all'ultimo tempo della storia repubblicana, quando erano divenute correnti le battaglie culturali e etiche, come sui valori non negoziabili. Sono le «battaglie» che, secondo Francesco (non cedevole sui valori), fanno perdere capacità di attrazione alla Chiesa.
Per Mattarella, credente pudico e profondo, la fede spinge a lavorare per unire, rappresentare l`interesse e l`identità nazionale. È una linea che sembrava oscurata dall'idea del mondo cattolico come parte nello scontro e minoranza agguerrita, ma riemerge come necessità del nostro tempo. Questa elezione ha un significato forte per i cattolici: mostra una tradizione tutt'altro che spenta. Ma lo ha soprattutto per l'Italia. Matteo Renzi ha intuito la delicatezza dell'attuale transizione e ha proposto una personalità capace di unire.
L'elezione segna la fine di un ciclo politico (la seconda Repubblica): fu inaugurato dalla presidenza del cattolico Scalfaro, eletto nel 1992 da un Parlamento in crisi. È un ciclo in cui con il crollo della Dc,la Cei, soprattutto per la guida di Ruini, ha esercitato un ruolo di rilevante interlocutore delle forze politiche. Con il governo Renzi e le riforme s'è aperta una nuova stagione. Mattarella, conscio della differenza di ruolo rispetto al premier, non sarà solo un garante istituzionale, ma parlerà agli italiani. Non un protagonista, ma qualcuno di radicate convinzioni e sapienza umana che può rappresentare un ancoraggio in una transizione complicata.
Non si può dare una lettura «confessionale» all`elezione del cattolico Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Non corrisponde alla realtà. Mattarella però ha avuto una opposizione confessionale, che ricorda íl tempo in cui si scontrò nel Partito popolare con Buttiglione o quando dibattevano i cattolici della presenza (area vicina a Cl) e della mediazione (Azione cattolica). Sono conflitti datati, fuori dall'orizzonte dei cattolici di oggi, segnato da papa Francesco.
In questa elezione non c`è stata una strategia della Chiesa per un presidente cattolico (del resto fallì al tempo di Paolo VI); ma al massimo sono avvenuti riservati interventi per far cadere le resistenze non di carattere politico da parte di settori cattolici.
Mattarella è un cattolico conciliare a suo agio con Francesco. Le definizioni di catto-comunista o cattolico-adulto applicate a lui hanno il sapore d'altri tempi. Il nuovo presidente, per spiritualità, è un uomo di sintesi, che sa ascoltare e comporre. E' l'antica tradizione politica e spirituale del cattolicesimo italiano, che ha prodotto De Gasperi, Montini, Moro e tanti altri. Non timida, ma capace di coraggio, come si vede nella vicenda dell'assassinio mafioso del fratello Piersanti.
Nel 1938 il padre, Bernardo, vide sequestrato dal regime il foglio cattolico che dirigeva: aveva pubblicato articoli sull`incompatibilità tra cristianesimo e antisemitismo.
Del resto il suo primo passo è stato andare (privatamente) alle Fosse Ardeatine.
Questo genere di cattolici ha il senso della laicità ed è refrattario alla confessionalizzazione. Insomma un cattolicesimo di sintesi a disagio nello scontro laici/cattolici, dal referendum sul divorzio del 1974 fino all'ultimo tempo della storia repubblicana, quando erano divenute correnti le battaglie culturali e etiche, come sui valori non negoziabili. Sono le «battaglie» che, secondo Francesco (non cedevole sui valori), fanno perdere capacità di attrazione alla Chiesa.
Per Mattarella, credente pudico e profondo, la fede spinge a lavorare per unire, rappresentare l`interesse e l`identità nazionale. È una linea che sembrava oscurata dall'idea del mondo cattolico come parte nello scontro e minoranza agguerrita, ma riemerge come necessità del nostro tempo. Questa elezione ha un significato forte per i cattolici: mostra una tradizione tutt'altro che spenta. Ma lo ha soprattutto per l'Italia. Matteo Renzi ha intuito la delicatezza dell'attuale transizione e ha proposto una personalità capace di unire.
L'elezione segna la fine di un ciclo politico (la seconda Repubblica): fu inaugurato dalla presidenza del cattolico Scalfaro, eletto nel 1992 da un Parlamento in crisi. È un ciclo in cui con il crollo della Dc,la Cei, soprattutto per la guida di Ruini, ha esercitato un ruolo di rilevante interlocutore delle forze politiche. Con il governo Renzi e le riforme s'è aperta una nuova stagione. Mattarella, conscio della differenza di ruolo rispetto al premier, non sarà solo un garante istituzionale, ma parlerà agli italiani. Non un protagonista, ma qualcuno di radicate convinzioni e sapienza umana che può rappresentare un ancoraggio in una transizione complicata.
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