"Che non ne rimanga più nemmeno uno" Il libro di Andrea Riccardi sul massacro di Mardin: un passato mai superato
Una recensione di Umberto Gentiloni su La Stampa del 23 aprile 2015, sull'ultimo libro di Andrea Riccardi:
Il nome di Mardin, città della Turchia orientale ci dice poco o nulla. Una bella cittadina che domina la pianura e si affaccia verso la Siria, luogo magico per la sua posizione: punto di osservazione su mondi e culture, crocevia di passaggi e identità. Il nome porta con sé storie terribili di un secolo fa, vicende lontane sepolte dal peso del passato. In quel perimetro si è consumato uno dei più efferati massacri ai danni dei cristiani. Alla fine del mese di ottobre del 1915 lo sterminio era completato, in una zona dove l'efferatezza della prima guerra mondiale incrocia e amplifica le dinamiche del Grande Male, della distruzione del popolo armeno. Una storia simile ad altre, in una delle tante città dell`Impero ottomano nell`ultimo scorcio della sua lunga storia. «Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno» la persecuzione di armeni e cristiani si nutre di discriminazioni e violenze segnando in profondo le consuetudini di una regione attraversata fino ad allora dalla presenza di culture e religioni. Il merito di averla sottratta alle regole dell`oblio è di Andrea Riccardi con un volume appena uscito (La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo, Laterza, Euro 18,00) che restituisce alla vicenda un significato più ampio. Può apparire una storia lontana, in un contesto oscuro e confuso, alla periferia di un mondo scomparso e largamente rimosso. Ma così non è. Il centenario della grande guerra ripropone temi che emergono dalle ceneri di un passato mai definitivamente superato. E` la geografia in soccorso della storia nelle tensioni interpretative che attraversano le pagine del saggio: zone di confine e d'incontro, terre di passaggi e mescolanze. L`intento è fare un passo avanti «forzare il blocco, uscire da una cultura e da un dibattito prigionieri del passato. Si deve scrivere la storia della "fine" drammatica dei cristiani d`Oriente a partire da quei giorni terribili. Insomma ripartire dalla storia». Ed è proprio la storia che mostra le complessità di allora proiettando questioni irrisolte sugli anni e i decenni successivi: sono memorie ancora vive e non solo tra i cristiani (eredi di chi non c`è più perché ucciso o costretto all`esilio) o i turchi. Mardin con i suoi segreti antichi è come un prisma che ci interroga sul destino dei cristiani d`Oriente ma anche sulle dinamiche della violenza e dell`odio. Quali le radici delle nuove contrapposizioni? Quali gli spazi (se ancora ci sono) e le basi per una convivenza possibile, in una regione così importante per gli equilibri del mondo? Parlare di Mardin come debito di riconoscenza e memoria per chi è stato spazzato via dalle logiche dell`odio. A ben guardare nei tortuosi sentieri di quella regione dell'Anatolia il passato non è così distante. «La storia ha un legame profondo con il presente - conclude l`autore - ; ma al tempo stesso un popolo è libero rispetto alla sua storia. Tutto si spiega storicamente, anche se non tutto sì giustifica moralmente. La premessa per vivere insieme è comprendere la storia. Solo così se ne può scrivere una nuova».
Il nome di Mardin, città della Turchia orientale ci dice poco o nulla. Una bella cittadina che domina la pianura e si affaccia verso la Siria, luogo magico per la sua posizione: punto di osservazione su mondi e culture, crocevia di passaggi e identità. Il nome porta con sé storie terribili di un secolo fa, vicende lontane sepolte dal peso del passato. In quel perimetro si è consumato uno dei più efferati massacri ai danni dei cristiani. Alla fine del mese di ottobre del 1915 lo sterminio era completato, in una zona dove l'efferatezza della prima guerra mondiale incrocia e amplifica le dinamiche del Grande Male, della distruzione del popolo armeno. Una storia simile ad altre, in una delle tante città dell`Impero ottomano nell`ultimo scorcio della sua lunga storia. «Spazzateli via, e che non ne rimanga nemmeno uno» la persecuzione di armeni e cristiani si nutre di discriminazioni e violenze segnando in profondo le consuetudini di una regione attraversata fino ad allora dalla presenza di culture e religioni. Il merito di averla sottratta alle regole dell`oblio è di Andrea Riccardi con un volume appena uscito (La strage dei cristiani. Mardin, gli armeni e la fine di un mondo, Laterza, Euro 18,00) che restituisce alla vicenda un significato più ampio. Può apparire una storia lontana, in un contesto oscuro e confuso, alla periferia di un mondo scomparso e largamente rimosso. Ma così non è. Il centenario della grande guerra ripropone temi che emergono dalle ceneri di un passato mai definitivamente superato. E` la geografia in soccorso della storia nelle tensioni interpretative che attraversano le pagine del saggio: zone di confine e d'incontro, terre di passaggi e mescolanze. L`intento è fare un passo avanti «forzare il blocco, uscire da una cultura e da un dibattito prigionieri del passato. Si deve scrivere la storia della "fine" drammatica dei cristiani d`Oriente a partire da quei giorni terribili. Insomma ripartire dalla storia». Ed è proprio la storia che mostra le complessità di allora proiettando questioni irrisolte sugli anni e i decenni successivi: sono memorie ancora vive e non solo tra i cristiani (eredi di chi non c`è più perché ucciso o costretto all`esilio) o i turchi. Mardin con i suoi segreti antichi è come un prisma che ci interroga sul destino dei cristiani d`Oriente ma anche sulle dinamiche della violenza e dell`odio. Quali le radici delle nuove contrapposizioni? Quali gli spazi (se ancora ci sono) e le basi per una convivenza possibile, in una regione così importante per gli equilibri del mondo? Parlare di Mardin come debito di riconoscenza e memoria per chi è stato spazzato via dalle logiche dell`odio. A ben guardare nei tortuosi sentieri di quella regione dell'Anatolia il passato non è così distante. «La storia ha un legame profondo con il presente - conclude l`autore - ; ma al tempo stesso un popolo è libero rispetto alla sua storia. Tutto si spiega storicamente, anche se non tutto sì giustifica moralmente. La premessa per vivere insieme è comprendere la storia. Solo così se ne può scrivere una nuova».
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