Andrea Riccardi intervistato da Luca Liverani di Avvenire:
«Quello di Bagnasco non è pessimismo. Dobbiamo essere amici dei poveri e forti nella fede. Il Giubileo è un ritorno a Dio, alla coscienza che da soli non ci si salva»
Il cardinale Bagnasco si chiede se la Chiesa in Occidente non stia diventando una minoranza. Ma per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant`Egidio, non è un messaggio pessimista.
«Questa presa di coscienza che emerge dalle parole del presidente della Cei non è un cristianesimo triste, pessimista, esangue. Credo ci sia una "forza debole" nella scoperta della compagnia dei martiri, dei poveri e della forza della parola di Dio».
Da storico della Chiesa, crede che i cristiani stiano ridiventando minoranza?
I cristiani non possono presumere di essere maggioranza, ma sono anche un popolo vasto e diffuso che sta vivendo una transizione complessa. A questo credo si riferisca il cardinale.
No a pessimismi eccessivi? Il messaggio di papa Francesco è che c`è un popolo grande che non ha confini. Lasciamo alla sociologia religiosa di dire in che misura siamo minoranza. Certo non dobbiamo avere l`attitudine arrogante delle maggioranze. Non per tatticismo, ma perché il senso della realtà ci porta alla più vera radice evangelica. E l`evocazione di San Lorenzo è molto importante, quando porta i poveri all`imperatore dicendo "ecco i beni della Chiesa". Anche in questa transizione difficile la memoria di Lorenzo indica la necessità di essere amici dei poveri e forti nella fede. Vede un`analogia tra fine dell`Impero romano e crisi dell`Occidente? Quando quel mondo stava crollando, papa Gregorio Magno indicò due grandi riferimenti: la parola di Dio e l'amore per i poveri. Una Chiesa dei poveri, come diceva il Concilio, o una Chiesa di indigenti come dice ora Bagnasco, è una Chiesa che parla di Dio. La povertà è amicizia con i poveri, ma anche fiducia nel Vangelo e pan-esìa , franchezza nell`annuncio. Bagnasco sottolinea anche la fede controcorrente di Lorenzo.
È un invito a evitare una fede "privatistica"?
Abbiamo dimenticato cosa vuol dire essere Chiesa dei martiri. Siamo ancora cristiani lamentosi che guardano indietro e non avanti con la forza dei martiri. Non con l'arroganza di chi fa stragi: don Santoro diceva che martire non è chi si suicida uccidendo, ma chi dona la vita per gli altri. Giovanni Paolo II ne parlò nel Giubileo. Forse abbiamo concepito il nostro cristianesimo italiano troppo distaccato da questa realtà globale, indugiando troppo sul vittimismo nazionale di un Paese che teme di perdere una parte del proprio benessere. Il cristianesimo italiano è a due passi dal Medio Oriente e dovrebbe rimettere i martiri, canonizzati e non, al centro della vita ecclesiale.
C'è però una presa di coscienza di questa nuova stagione di martirio, dalla Siria al Pakistan
C'è un risveglio di attenzione e di informazione, ora bisogna trarne le conseguenze teologiche, esistenziali ed ecclesiali. Padre Turoldo diceva: "Che vergogna, siamo stati commensali dei martiri e siamo rimasti sempre gli stessi".
Il cardinale prevede «il tempo del risveglio», attraverso una «via dura» di un «secolarismo» fatto di «eutanasia», «uso commerciale del corpo umano» e «indifferenza di fronte a esodi di disparati». Siamo un Paese che ha perso il suo significato, in cui gli stessi vescovi faticano a parlare al popolo. Ma alla fine questo travaglio si scioglierà come il silenzio di Zaccaria. E troverà le parole giuste, se ascolteremo la Parola di Dio, se saremo più attenti al martirio e alla povertà. Il Papa non offre un progetto, ma un processo di conversione. E cosa significa il Giubileo della Misericordia per l`Italia, o per Roma segnata da Mafia Capitale? È la riproposta, antica e sempre nuova, del non vivere per noi stessi, ma per Lui che è morto e risorto per noi. Le nostre società sono fatte di tanti io, all'insegna del vivere per noi stessi: questo non produce vita, ma l'egoismo della morte. Il Giubileo è un ritorno a Dio, cioè al noi della Chiesa, alla coscienza che da soli non ci si salva. Con tutte le conseguenze, religiose e civiche.
Andrea Riccardi
«Quello di Bagnasco non è pessimismo. Dobbiamo essere amici dei poveri e forti nella fede. Il Giubileo è un ritorno a Dio, alla coscienza che da soli non ci si salva»
Il cardinale Bagnasco si chiede se la Chiesa in Occidente non stia diventando una minoranza. Ma per Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant`Egidio, non è un messaggio pessimista.
«Questa presa di coscienza che emerge dalle parole del presidente della Cei non è un cristianesimo triste, pessimista, esangue. Credo ci sia una "forza debole" nella scoperta della compagnia dei martiri, dei poveri e della forza della parola di Dio».
Da storico della Chiesa, crede che i cristiani stiano ridiventando minoranza?
I cristiani non possono presumere di essere maggioranza, ma sono anche un popolo vasto e diffuso che sta vivendo una transizione complessa. A questo credo si riferisca il cardinale.
No a pessimismi eccessivi? Il messaggio di papa Francesco è che c`è un popolo grande che non ha confini. Lasciamo alla sociologia religiosa di dire in che misura siamo minoranza. Certo non dobbiamo avere l`attitudine arrogante delle maggioranze. Non per tatticismo, ma perché il senso della realtà ci porta alla più vera radice evangelica. E l`evocazione di San Lorenzo è molto importante, quando porta i poveri all`imperatore dicendo "ecco i beni della Chiesa". Anche in questa transizione difficile la memoria di Lorenzo indica la necessità di essere amici dei poveri e forti nella fede. Vede un`analogia tra fine dell`Impero romano e crisi dell`Occidente? Quando quel mondo stava crollando, papa Gregorio Magno indicò due grandi riferimenti: la parola di Dio e l'amore per i poveri. Una Chiesa dei poveri, come diceva il Concilio, o una Chiesa di indigenti come dice ora Bagnasco, è una Chiesa che parla di Dio. La povertà è amicizia con i poveri, ma anche fiducia nel Vangelo e pan-esìa , franchezza nell`annuncio. Bagnasco sottolinea anche la fede controcorrente di Lorenzo.
È un invito a evitare una fede "privatistica"?
Abbiamo dimenticato cosa vuol dire essere Chiesa dei martiri. Siamo ancora cristiani lamentosi che guardano indietro e non avanti con la forza dei martiri. Non con l'arroganza di chi fa stragi: don Santoro diceva che martire non è chi si suicida uccidendo, ma chi dona la vita per gli altri. Giovanni Paolo II ne parlò nel Giubileo. Forse abbiamo concepito il nostro cristianesimo italiano troppo distaccato da questa realtà globale, indugiando troppo sul vittimismo nazionale di un Paese che teme di perdere una parte del proprio benessere. Il cristianesimo italiano è a due passi dal Medio Oriente e dovrebbe rimettere i martiri, canonizzati e non, al centro della vita ecclesiale.
C'è però una presa di coscienza di questa nuova stagione di martirio, dalla Siria al Pakistan
C'è un risveglio di attenzione e di informazione, ora bisogna trarne le conseguenze teologiche, esistenziali ed ecclesiali. Padre Turoldo diceva: "Che vergogna, siamo stati commensali dei martiri e siamo rimasti sempre gli stessi".
Il cardinale prevede «il tempo del risveglio», attraverso una «via dura» di un «secolarismo» fatto di «eutanasia», «uso commerciale del corpo umano» e «indifferenza di fronte a esodi di disparati». Siamo un Paese che ha perso il suo significato, in cui gli stessi vescovi faticano a parlare al popolo. Ma alla fine questo travaglio si scioglierà come il silenzio di Zaccaria. E troverà le parole giuste, se ascolteremo la Parola di Dio, se saremo più attenti al martirio e alla povertà. Il Papa non offre un progetto, ma un processo di conversione. E cosa significa il Giubileo della Misericordia per l`Italia, o per Roma segnata da Mafia Capitale? È la riproposta, antica e sempre nuova, del non vivere per noi stessi, ma per Lui che è morto e risorto per noi. Le nostre società sono fatte di tanti io, all'insegna del vivere per noi stessi: questo non produce vita, ma l'egoismo della morte. Il Giubileo è un ritorno a Dio, cioè al noi della Chiesa, alla coscienza che da soli non ci si salva. Con tutte le conseguenze, religiose e civiche.
Andrea Riccardi
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