La rubrica settimanale di Andrea Riccardi, Religioni e civiltà, su "Sette" del Corriere della sera, è oggi dedicata alla strage dei cristiani siriaci, caldei e assiri durante la Prima guerra mondiale: una pagina tragica e dolorosa della storia, che insegna ancora qualcosa
Il 2015 è il centenario del massacro degli armeni nell`Impero ottomano: Metz Yeghern, il Grande Male, in armeno. Cominciato il 24 aprile 1915, fece più di un milione di morti. È una vicenda di cui si è discusso fin dalla Prima Guerra Mondiale, seppure ancora oggi non pochi turchi la rifiutino. Ma c`è un`altra storia, davvero dimenticata, parallela a quella armena: quella di Seyfo, in siriaco la spada. C`è stato un tempo della spada per i cristiani siriaci, assiri, caldei, sterminati a centinaia di migliaia e scacciati dalla Turchia orientale e dal Nord Iraq, allora province ottomane. I cristiani dovevano scomparire: fu una pulizia etnica per turchizzare il Paese, condotta in nome dall`odio al cristiano per mobilitare le masse turche o curde. Di Seyfo non si è parlato per decenni. Niente si diceva nel 1986, quando visitai la Turchia orientale, vedendo fantasmi di comunità cristiane e i loro monumenti cadenti, in città dai nomi poco noti, come Diarbekir, Mardin o nella regione del Tur Abdin. Qui, per più di un millennio, accanto a monasteri meravigliosi, i siriaci avevano vissuto con i curdi. Si percepiva una grande storia, ma eravamo all`ultima pagina.
VIOLENZE CURDE. Chi poteva emigrava in Europa. C`era un silenzio fitto sui massacri, evocati appena nell`intimità delle famiglie, tutte segnate dalle violenze del 1915. Pochissimi, in grande confidenza, accennavano alle storie dolorose di Seyfo, ma soprattutto alle violenze curde ancora in atto. Sembrava che tutto - la storia del 1915, i turchi e i curdi del presente - congiurasse per cancellare queste comunità, pur sopravvissute a una storia difficilissima di secoli. Un anziano monaco, da giovane testimone dei massacri, mi confidò: «Siamo alla fine». Eppure la storia riserva sorprese. Certo non torna indietro. Ma ci sono pagine nuove. I monumenti cristiani sopravvissuti nelle terre di Seyfo, ora restaurati, sono un`attrazione per i turisti turchi. Un primo cambiamento: il governo turco ha permesso i restauri, pagati dai cristiani emigrati. Poi i curdi sono cambiati: hanno chiesto perdono ai cristiani per i massacri. Un possidente curdo ha dato una parte dei suoi beni (quelli espropriati ai siriaci nel 1915) al centro per lo studio del genocidio, intitolato a Seyfo. A Mardin, il sindaco curdo (eletto) ha voluto, come vice, una giovane cristiana. Nel corso del 1915, si sono tenuti vari convegni su Seyfo: a Roma, Berlino, Beirut e altrove. In tutti, aleggiavano domande angosciose sui cristiani oggi in Siria e Iraq, nel timore che la storia del 1915 si potesse ripetere magari con altri attori e motivazioni. C`è però oggi la consapevolezza che raccontare la storia del 1915 serve e servirà a tutti: ai discendenti dei cristiani colpiti, ai curdi e ai turchi, all`islam. Questa storia tragica ricorda all`arroganza totalitaria - nazionalista o religiosa - che vivere insieme tra diversi è condizione normale della società a tutte le latitudini. Abbiamo il dovere di ricordarlo anche perché, per tanto tempo, ci si è dimenticati che vivere insieme è stata la realtà di tante stagioni della storia.
Il 2015 è il centenario del massacro degli armeni nell`Impero ottomano: Metz Yeghern, il Grande Male, in armeno. Cominciato il 24 aprile 1915, fece più di un milione di morti. È una vicenda di cui si è discusso fin dalla Prima Guerra Mondiale, seppure ancora oggi non pochi turchi la rifiutino. Ma c`è un`altra storia, davvero dimenticata, parallela a quella armena: quella di Seyfo, in siriaco la spada. C`è stato un tempo della spada per i cristiani siriaci, assiri, caldei, sterminati a centinaia di migliaia e scacciati dalla Turchia orientale e dal Nord Iraq, allora province ottomane. I cristiani dovevano scomparire: fu una pulizia etnica per turchizzare il Paese, condotta in nome dall`odio al cristiano per mobilitare le masse turche o curde. Di Seyfo non si è parlato per decenni. Niente si diceva nel 1986, quando visitai la Turchia orientale, vedendo fantasmi di comunità cristiane e i loro monumenti cadenti, in città dai nomi poco noti, come Diarbekir, Mardin o nella regione del Tur Abdin. Qui, per più di un millennio, accanto a monasteri meravigliosi, i siriaci avevano vissuto con i curdi. Si percepiva una grande storia, ma eravamo all`ultima pagina.
VIOLENZE CURDE. Chi poteva emigrava in Europa. C`era un silenzio fitto sui massacri, evocati appena nell`intimità delle famiglie, tutte segnate dalle violenze del 1915. Pochissimi, in grande confidenza, accennavano alle storie dolorose di Seyfo, ma soprattutto alle violenze curde ancora in atto. Sembrava che tutto - la storia del 1915, i turchi e i curdi del presente - congiurasse per cancellare queste comunità, pur sopravvissute a una storia difficilissima di secoli. Un anziano monaco, da giovane testimone dei massacri, mi confidò: «Siamo alla fine». Eppure la storia riserva sorprese. Certo non torna indietro. Ma ci sono pagine nuove. I monumenti cristiani sopravvissuti nelle terre di Seyfo, ora restaurati, sono un`attrazione per i turisti turchi. Un primo cambiamento: il governo turco ha permesso i restauri, pagati dai cristiani emigrati. Poi i curdi sono cambiati: hanno chiesto perdono ai cristiani per i massacri. Un possidente curdo ha dato una parte dei suoi beni (quelli espropriati ai siriaci nel 1915) al centro per lo studio del genocidio, intitolato a Seyfo. A Mardin, il sindaco curdo (eletto) ha voluto, come vice, una giovane cristiana. Nel corso del 1915, si sono tenuti vari convegni su Seyfo: a Roma, Berlino, Beirut e altrove. In tutti, aleggiavano domande angosciose sui cristiani oggi in Siria e Iraq, nel timore che la storia del 1915 si potesse ripetere magari con altri attori e motivazioni. C`è però oggi la consapevolezza che raccontare la storia del 1915 serve e servirà a tutti: ai discendenti dei cristiani colpiti, ai curdi e ai turchi, all`islam. Questa storia tragica ricorda all`arroganza totalitaria - nazionalista o religiosa - che vivere insieme tra diversi è condizione normale della società a tutte le latitudini. Abbiamo il dovere di ricordarlo anche perché, per tanto tempo, ci si è dimenticati che vivere insieme è stata la realtà di tante stagioni della storia.
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