Andrea Riccardi intervistato da Corrado Castiglione de "Il Mattino"
Basta polemiche: subito iniziative di pace e di cooperazione internazionale per mettere fine ai viaggi dei disperati che fuggono dalla guerra. Parla Andrea Riccardi, profondo conoscitore del nodo migranti e profughi, prima con l`associazionismo attraverso la comunità di Sant'Egidio di cui è fondatore - e poi, durante il governo Monti, alla guida del ministero perla Cooperazione internazionale e l`Integrazione.
Prof, non trova che le polemiche sugli immigrati rivelino di converso una sottovalutazione della portata storica del fenomeno? «Purtroppo il tema dei migranti e dei rifugiati è stato sempre.affrontato con toni tanto accesi, non solo in Italia ma anche in Europa».
Secondo lei perché?
«Per molti motivi. Innanzitutto perché in termini di consenso politico a.qualcuno sembra che essere duri paghi. Ecco dunque che in tanti, d'istinto, di fronte all`ennesima emergenza subito dicono no, chiudono.le frontiere, alzano i muri. Senza comprendere che il fenomeno è ben più.complesso. Ma non è tutto». Prego. «Visti i tempi c`è anche un problema di qualità di comunicazione». Che vuol dire? «Di fronte a temi così delicati e complessi la comunicazione punta.sull`emozionalità. E spesso i toni sono terribilmente semplificativi. Ma così si finisce per dimenticare che il problema dei rifugiati è innanzitutto un nodo che richiede grande umanità. Non è un tema per i terribili semplificatori del nostro tempo. E dunque bisognerebbe essere sempre seri, anche nella comunicazione».
Professore, la sua provata esperienza "sul campo" quale riflessione le suscita? «Da tempo seguiamo il fenomeno con la comunità di Sant'Egidio. Sin dagli anni Ottanta, quando i primi immigrati si affacciavano nel nostro Paese. E come associazione siamo molto radicati in Africa, dove abbiamo avuto.modo di misurare da vicino l'attrazione, il richiamo che presso queste genti arriva dal Nord Europa per una vita migliore, non fatta di. disperazione. Negli ultimi tempi, poi, ai flussi dei "migranti.economici" si sono aggiunti quelli dei rifugiati di guerra. Ecco quindi.che la riflessione principale per me resta una: innanzitutto varrebbe la pena affrontare a monte il tema della pace, in Siria, in Libia e nel Medio Oriente».
Qualcuno ritiene fondamentale l`uso della forza militare in Libia: concorda? «Io credo che la posizione assunta dal ministro Gentiloni sia molto corretta. Vengono prima il negoziato, la cooperazione, la pace per fermare i viaggi dei disperati. Sicuramente il Niger è un Paese chiave. Sì, c`è poi il nodo Libia. Ma poi c`è il fronte della Siria, un Paese che sta morendo: e ricordo che in queste ore Aleppo muore di sete. Quindi c`è la Tunisia, che va aiutata nel percorso di stabilità. Ancora: va potenziata la cooperazione con tanti Paesi africani, a partire dalla Costa d'Avorio».
A proposito di cooperazione: lei è stato alla guida del ministero dell`integrazione e della cooperazione. Qual è il suo giudizio sullo stato dell`arte? «Si è trattato di un`esperienza importante, fortemente voluta da.Napolitano e da Monti. Due le linee strategiche. Da una parte siamo.riusciti a raddoppiare il budget di spesa, una cosa non proprio semplice vista la linea di rigore assunta giustamente in quegli anni. Dall'altra abbiamo puntato tanto sull`integrazione: non a caso tra i primi gesti da ministro volli rendere omaggio alla tomba di Jerry Masslo, il rifugiato sudafricano ammazzato da criminali a Villa Literno in Campania. Non è facile costruire una cultura dell`integrazione: noi ci abbiamo provato.con la regolarizzazione degli immigrati da tempo occupati in Italia».
Allude alla sanatoria? «Certo. Quello è stato un passo importantissimo. Perché è fondamentale.evitare la formazione di sacche di migranti non regolarizzati. Perché, altrimenti, proprio quello status li rende più facilmente ricattabili.dalle mafie. Invece l'integrazione ha un effetto doppiamente benefico: da un lato apre l`individuo, dall`altro la società. Però il percorso è chiaramente difficile. Come sostiene Umberto Eco: l`integrazione è un.negoziato continuo».
Le responsabilità del governo italiano e dell`Ue: non ritiene che qualcuno abbia giocato a scaricabarile? «In passato sì. Ad ogni modo agire non è facile. Perché ciascun governo europeo preferisce riservare a sé le decisioni su un tema così scottante a livello elettorale. Però la prospettiva deve essere di respiro.europeo, perché il Mediterraneo è la nostra più grande frontiera. Facciano da guida il trattato di Schengen e l`accordo di Dublino, che tuttavia va rivisto perché concepito in un altro momento storico».
Qualche laicista insiste a dire: la Chiesa ci guadagna. Le polemiche sollevate dalla Lega contro la Cei, a suo avviso, non rivelano una. sovraesposizione del mondo cattolico su questo fronte? «Sono convinto che il sentire dei cattolici, su questo tema, rappresentiouna posizione ferma e diffusa, che dunque appartiene non solo a qualche.vescovo o a qualche associazione di punta. Quello che pensa il popolo ocattolico viene condiviso da tanti italiani. Attenzione: non è un sentire buonista, ma realista, cioè fortemente connesso alla realtà che viviamo.in Italia. A puro titolo di esempio, basti considerare che gli italiani.sono il primo Paese nella graduatoria delle adozioni internazionali».
Tra poche ore comincia il Meeting di Rimini: non teme che alcuni segmenti più conservatori del mondo cattolico italiano si coagulino•intorno a questo nuovo asse politico anti-immigrati in parte favorito da Lega, Fi e M5S? «Non vedo questo riguardo al Meeting o altro. Piuttosto, ribadisco: è sbagliato pensare che il mondo cattolico sia un'isola in mezzo agli italiani. Lo dimostra la generosa.accoglienza che viene offerta attraverso 1`8 per mille. Poi aggiungo: il.magistero di papa Francesco, a cominciare dal discorso di Lampedusa, ha.sollecitato alcuni ripensamenti in larghi segmenti dei cattolici italiani».
Basta polemiche: subito iniziative di pace e di cooperazione internazionale per mettere fine ai viaggi dei disperati che fuggono dalla guerra. Parla Andrea Riccardi, profondo conoscitore del nodo migranti e profughi, prima con l`associazionismo attraverso la comunità di Sant'Egidio di cui è fondatore - e poi, durante il governo Monti, alla guida del ministero perla Cooperazione internazionale e l`Integrazione.
Prof, non trova che le polemiche sugli immigrati rivelino di converso una sottovalutazione della portata storica del fenomeno? «Purtroppo il tema dei migranti e dei rifugiati è stato sempre.affrontato con toni tanto accesi, non solo in Italia ma anche in Europa».
Secondo lei perché?
«Per molti motivi. Innanzitutto perché in termini di consenso politico a.qualcuno sembra che essere duri paghi. Ecco dunque che in tanti, d'istinto, di fronte all`ennesima emergenza subito dicono no, chiudono.le frontiere, alzano i muri. Senza comprendere che il fenomeno è ben più.complesso. Ma non è tutto». Prego. «Visti i tempi c`è anche un problema di qualità di comunicazione». Che vuol dire? «Di fronte a temi così delicati e complessi la comunicazione punta.sull`emozionalità. E spesso i toni sono terribilmente semplificativi. Ma così si finisce per dimenticare che il problema dei rifugiati è innanzitutto un nodo che richiede grande umanità. Non è un tema per i terribili semplificatori del nostro tempo. E dunque bisognerebbe essere sempre seri, anche nella comunicazione».
Professore, la sua provata esperienza "sul campo" quale riflessione le suscita? «Da tempo seguiamo il fenomeno con la comunità di Sant'Egidio. Sin dagli anni Ottanta, quando i primi immigrati si affacciavano nel nostro Paese. E come associazione siamo molto radicati in Africa, dove abbiamo avuto.modo di misurare da vicino l'attrazione, il richiamo che presso queste genti arriva dal Nord Europa per una vita migliore, non fatta di. disperazione. Negli ultimi tempi, poi, ai flussi dei "migranti.economici" si sono aggiunti quelli dei rifugiati di guerra. Ecco quindi.che la riflessione principale per me resta una: innanzitutto varrebbe la pena affrontare a monte il tema della pace, in Siria, in Libia e nel Medio Oriente».
Qualcuno ritiene fondamentale l`uso della forza militare in Libia: concorda? «Io credo che la posizione assunta dal ministro Gentiloni sia molto corretta. Vengono prima il negoziato, la cooperazione, la pace per fermare i viaggi dei disperati. Sicuramente il Niger è un Paese chiave. Sì, c`è poi il nodo Libia. Ma poi c`è il fronte della Siria, un Paese che sta morendo: e ricordo che in queste ore Aleppo muore di sete. Quindi c`è la Tunisia, che va aiutata nel percorso di stabilità. Ancora: va potenziata la cooperazione con tanti Paesi africani, a partire dalla Costa d'Avorio».
A proposito di cooperazione: lei è stato alla guida del ministero dell`integrazione e della cooperazione. Qual è il suo giudizio sullo stato dell`arte? «Si è trattato di un`esperienza importante, fortemente voluta da.Napolitano e da Monti. Due le linee strategiche. Da una parte siamo.riusciti a raddoppiare il budget di spesa, una cosa non proprio semplice vista la linea di rigore assunta giustamente in quegli anni. Dall'altra abbiamo puntato tanto sull`integrazione: non a caso tra i primi gesti da ministro volli rendere omaggio alla tomba di Jerry Masslo, il rifugiato sudafricano ammazzato da criminali a Villa Literno in Campania. Non è facile costruire una cultura dell`integrazione: noi ci abbiamo provato.con la regolarizzazione degli immigrati da tempo occupati in Italia».
Allude alla sanatoria? «Certo. Quello è stato un passo importantissimo. Perché è fondamentale.evitare la formazione di sacche di migranti non regolarizzati. Perché, altrimenti, proprio quello status li rende più facilmente ricattabili.dalle mafie. Invece l'integrazione ha un effetto doppiamente benefico: da un lato apre l`individuo, dall`altro la società. Però il percorso è chiaramente difficile. Come sostiene Umberto Eco: l`integrazione è un.negoziato continuo».
Le responsabilità del governo italiano e dell`Ue: non ritiene che qualcuno abbia giocato a scaricabarile? «In passato sì. Ad ogni modo agire non è facile. Perché ciascun governo europeo preferisce riservare a sé le decisioni su un tema così scottante a livello elettorale. Però la prospettiva deve essere di respiro.europeo, perché il Mediterraneo è la nostra più grande frontiera. Facciano da guida il trattato di Schengen e l`accordo di Dublino, che tuttavia va rivisto perché concepito in un altro momento storico».
Qualche laicista insiste a dire: la Chiesa ci guadagna. Le polemiche sollevate dalla Lega contro la Cei, a suo avviso, non rivelano una. sovraesposizione del mondo cattolico su questo fronte? «Sono convinto che il sentire dei cattolici, su questo tema, rappresentiouna posizione ferma e diffusa, che dunque appartiene non solo a qualche.vescovo o a qualche associazione di punta. Quello che pensa il popolo ocattolico viene condiviso da tanti italiani. Attenzione: non è un sentire buonista, ma realista, cioè fortemente connesso alla realtà che viviamo.in Italia. A puro titolo di esempio, basti considerare che gli italiani.sono il primo Paese nella graduatoria delle adozioni internazionali».
Tra poche ore comincia il Meeting di Rimini: non teme che alcuni segmenti più conservatori del mondo cattolico italiano si coagulino•intorno a questo nuovo asse politico anti-immigrati in parte favorito da Lega, Fi e M5S? «Non vedo questo riguardo al Meeting o altro. Piuttosto, ribadisco: è sbagliato pensare che il mondo cattolico sia un'isola in mezzo agli italiani. Lo dimostra la generosa.accoglienza che viene offerta attraverso 1`8 per mille. Poi aggiungo: il.magistero di papa Francesco, a cominciare dal discorso di Lampedusa, ha.sollecitato alcuni ripensamenti in larghi segmenti dei cattolici italiani».
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