Riportiamo l'editoriale di Andrea Riccardi su Avvenire del 26 settembre 2015 sulla visita di papa Francesco alle Nazioni Unite. Per leggere su Avvenire
I1 discorso di papa Francesco all'Onu ha una storia alle spalle.
Francesco si ricollega esplicitamente alla prima visita di un Papa al
Palazzo di Vetro, quella compiuta da Paolo VI il 4 ottobre 1965, quando
gridò: «Jamais plus la guerra! Mai più la guerra!». Era la speranza
della Chiesa di Roma a vent'anni dalla fine del secondo conflitto
mondiale e nel cuore della guerra fredda. Una speranza che non avrebbe
ceduto di fronte ai tanti conflitti scatenatesi fino al 1989 e poi nel
mondo globale (tanti, ancora aperti, quelli ricordati da Francesco).
Nel 1965 molti consigliarono a Paolo VI di presentarsi all'Onu come
«maestro di verità», di legge naturale o di civiltà. Lui scelse,
invece, di qualificare sé e la Chiesa con un'immagine umile, ma densa
di significato: «esperti di umanità». Nel suo discorso, Montini aveva
scritto (fu poi cancellato): «Noi siamo antichi». E esperienza di
umanità della Chiesa ha una lunga storia. Come Paolo VI, Francesco da
«esperto di umanità» ha ricordato: senza spirito non c'è pace. Ha
citato il suo predecessore: «L'edificio della moderna civiltà deve
reggersi su princìpi spirituali...». Il Papa ha ribadito la necessità
delle Nazioni Unite: che sarebbe il mondo senza l'Onu? - si è chiesto.
I poteri - noti e occulti - porterebbero a «tremende atrocità». Ma
l'Onu deve essere all'altezza della sua missione, non burocratico,
capace di rispondere al bisogno di pace e giustizia, deciso e in grado
di limitare anche «l'asfissiante sottomissione... a sistemi creditizi
nei confronti dei Paesi in via di sviluppo». Nella sua legittimazione
dell'Onu, il Papa ha sviluppato molto l'idea di giustizia, come cuore
di una vita internazionale basata sulla «fraternità universale»: un
grande tema, spesso ridotto al giustizialismo. La giustizia non può
attendere. Il mondo la reclama. Francesco, in modo concreto ha
indicato un «minimo assoluto» di giustizia, per far vivere una
famiglia: «Casa, lavoro e terra». Senza questo minimo, non c'è vita. E
ha aggiunto «la libertà dello spirito» (che comprende quella religiosa
e educativa). Questi diritti non si vivono da soli, ma «in comunione
con gli altri esseri umani». A fronte di una globalizzazione che crea
ed esalta individui soli, il papa sottolinea ancora una volta il valore
delle relazioni, della «socialità umana». Questa testimonianza viene
dal profondo della Chiesa, che è comunione e che sa come non ci si
salva da soli. "Nessun uomo è un'isola" è il titolo di un noto libro
di quel Thomas Merton che papa Francesco ha ricordato al Congresso
degli Stati Uniti d'America. L'uomo e la donna non sono nemmeno
separati dall'ambiente. Il Papa ha parlato di un «diritto
dell'ambiente», anche perché «qualsiasi danno all'ambiente... è un
danno all'umanità». I poveri, che sono scartati e vivono di scarti,
sono le principali vittime della violenza all'ambiente. Le parole del
Papa all'Onu hanno fatto sentire la voce dei poveri e i gemiti della
creazione in quell'intreccio che Francesco propone. In tale
prospettiva il Papa ha levato il suo grido contro la guerra, mezzo
secolo dopo Paolo VI. Ha ricordato le «conseguenze negative di
interventi politici e militari non coordinati trai membri della
comunità internazionale»: questa è esperienza storica. Ha citato i
conflitti aperti, ha sottolineato la persecuzione dei cristiani e delle
altre minoranze. Ma anche la «guerra diffusa», troppo ignorata, del
narcotraffico. E quanti altri comportamenti violenti! La tratta delle
persone, il traffico delle armi, lo sfruttamento infantile: tutti
prodotti d'un consolidato clima di violenza. Di fronte a questi aspri
scenari, Francesco ha ribadito la necessità di scelte e politiche
controcorrente, ispirate alla fraternità universale e alla sacralità
della vita. In maniera semplice ma innovativa, ha indicato le categorie
più colpite: poveri, anziani, bambini nati e non nati, ammalati,
disoccupati, abbandonati e scartati di ogni tipo... La voce di
quest'umanità dolente non solo "casi" sociali, morali o politici- ha
dato forza alle parole del Vescovo di Roma. Perché l'esperienza umana
della Chiesa è quella del dolore di tanti, di troppi, che non possono
più attendere.
Paolo VI "Siamo esperti di umanità" Armando Torno su "Il Sole 24 ore"
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