Nell'editoriale su "Famiglia Cristiana" di questa settimana, Andrea Riccardi rinnova il suo appello per Roma:
Serve una Costituente che dia voce anche alle periferie e rilanci la partecipazione di tutti
A Roma si dice: «Mettiamoci una pezza». Vuol dire: «Sistemiamo la situazione alla meno peggio». Mi sembra che questo si sia fatto con il Comune di Roma. Il Governo ha messo in campo una serie di misure per il controllo dell`attività amministrativa. Speriamo che tutto funzioni, anche nell'impatto del Giubileo sulla città. Ma i problemi restano tutti. L'ha mostrato un ultimo episodio: il funerale di Vittorio Casamonica nella chiesa di Don Bosco con un apparato scenico fastoso. Un fatto emblematico, che ha evidenziato la debolezza del tessuto sociale della città assieme allo stordimento delle istituzioni.
I romani sono spesso soli e isolati. Le reti e le comunità di ieri, risorse in un contesto di povertà, si sono dissolte. Le mafie s'insinuano nel tessuto sfilacciato delle periferie dove, in ogni modo, troppi pesi e problemi si scaricano sulle famiglie. Non basta "una pezza". Ci vuole qualcosa di più. Roma sta male e ha perso fiducia nella politica. Il Campidoglio, con i suoi dibattiti, è in una bolla. La gente protesta attraverso un voto antipolitico o si rassegna. Anche gli ambienti più sani, professionali o intellettuali, si rinchiudono in sé stessi, come i "quartieri buoni".
Il centro storico, come una grande vetrina per turisti e come isola del potere, non ha più capacità attrattiva e unificante. Il futuro di Roma è preoccupante.
Certo, ci sono risorse positive. C`è la rete del mondo cattolico. Ma bisogna fare un salto e avere audacia, prendendosi la responsabilità di parlare e convocare. La tentazione di tutti i "migliori" a Roma è chiudersi nei propri circuiti. Più volte ho parlato di una Costituente per Roma, che coinvolga i romani in un nuovo spirito civico per la rinascita della città. Roma non si salva a pezzi, ma solo se rinasce con una visione del suo futuro.
Il Giubileo, un evento internazionale, ricorda alla capitale che non può vivere per sé stessa o chiusa nel particolare. Prima del Giubileo del 1975, il cardinale Poletti volle un convegno sui mali di Roma. La politica interpretò la voglia di riscatto delle periferie. Per il Giubileo del 2000 ci fu una vasta preparazione civile e religiosa. Il Campidoglio di allora era in sintonia con la città. Roma non può essere solo uno scenario di eventi. Non vive così una capitale. È vero: Roma si ammala di malattie urbane comuni alle città del nostro tempo. Ma qual è la cura? C`è tanta voglia di riscatto tra i romani e nelle periferie. Ma bisogna dar loro voce.
Serve una Costituente che dia voce anche alle periferie e rilanci la partecipazione di tutti
A Roma si dice: «Mettiamoci una pezza». Vuol dire: «Sistemiamo la situazione alla meno peggio». Mi sembra che questo si sia fatto con il Comune di Roma. Il Governo ha messo in campo una serie di misure per il controllo dell`attività amministrativa. Speriamo che tutto funzioni, anche nell'impatto del Giubileo sulla città. Ma i problemi restano tutti. L'ha mostrato un ultimo episodio: il funerale di Vittorio Casamonica nella chiesa di Don Bosco con un apparato scenico fastoso. Un fatto emblematico, che ha evidenziato la debolezza del tessuto sociale della città assieme allo stordimento delle istituzioni.
I romani sono spesso soli e isolati. Le reti e le comunità di ieri, risorse in un contesto di povertà, si sono dissolte. Le mafie s'insinuano nel tessuto sfilacciato delle periferie dove, in ogni modo, troppi pesi e problemi si scaricano sulle famiglie. Non basta "una pezza". Ci vuole qualcosa di più. Roma sta male e ha perso fiducia nella politica. Il Campidoglio, con i suoi dibattiti, è in una bolla. La gente protesta attraverso un voto antipolitico o si rassegna. Anche gli ambienti più sani, professionali o intellettuali, si rinchiudono in sé stessi, come i "quartieri buoni".
Il centro storico, come una grande vetrina per turisti e come isola del potere, non ha più capacità attrattiva e unificante. Il futuro di Roma è preoccupante.
Certo, ci sono risorse positive. C`è la rete del mondo cattolico. Ma bisogna fare un salto e avere audacia, prendendosi la responsabilità di parlare e convocare. La tentazione di tutti i "migliori" a Roma è chiudersi nei propri circuiti. Più volte ho parlato di una Costituente per Roma, che coinvolga i romani in un nuovo spirito civico per la rinascita della città. Roma non si salva a pezzi, ma solo se rinasce con una visione del suo futuro.
Il Giubileo, un evento internazionale, ricorda alla capitale che non può vivere per sé stessa o chiusa nel particolare. Prima del Giubileo del 1975, il cardinale Poletti volle un convegno sui mali di Roma. La politica interpretò la voglia di riscatto delle periferie. Per il Giubileo del 2000 ci fu una vasta preparazione civile e religiosa. Il Campidoglio di allora era in sintonia con la città. Roma non può essere solo uno scenario di eventi. Non vive così una capitale. È vero: Roma si ammala di malattie urbane comuni alle città del nostro tempo. Ma qual è la cura? C`è tanta voglia di riscatto tra i romani e nelle periferie. Ma bisogna dar loro voce.
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