Passa ai contenuti principali

Perché serve che la Turchia sia europea

Ankara deve diventare un perno di stabilità nella regione

Articolo di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 12 novembre 2015

Le elezioni in Turchia hanno dato la vittoria al partito del presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan e del primo ministro Ahmet Davutoglu di orientamento islamista. Quello che preoccupa l'opinione internazionale non è l'orientamento del partito, ma le ambizioni di Erdogan: gestire il potere in maniera talvolta autoritaria. Qualcuno parla di "nuovo sultano".
Del resto Erdogan ha voluto altre elezioni, non rassegnandosi al risultato del giugno 2015, che non dava al suo partito i voti necessari a governare da solo. A giugno, l'Hdp, partito filocurdo e delle minoranze, era arrivato sorprendentemente al 13%; invece alle ultime elezioni è sceso al 10,34, poco oltre lo sbarramento. Erdogan, alle ultime elezioni, ha avuto il 49,46%, cioè 316 seggi su 550. Ha oggi la maggioranza per governare (non però i 330 seggi necessari per la riforma costituzionale che inaugurerebbe un regime presidenziale, come il leader desidera).
La campagna elettorale è stata accompagnata da misure severe contro la stampa, nonostante le proteste e l'accusa di voler costruire un regime liberticida. Intanto la tensione saliva a causa di una serie di attentati terroristici e riprendeva la lotta tra l'esercito e la guerriglia curda del Pkk, dopo una lunga tregua. Una larga parte del Paese sta con Erdogan: in particolare l'Anatolia centrale e la regione del Mar Nero, ieri così arretrate e oggi invece in pieno sviluppo. Ciò è dovuto largamente alla politica di Erdogan.
I turchi sono andati a votare con un'affluenza dell'86,76%: segnale di un condiviso senso di drammaticità del momento, ma anche di appoggio al Governo. C'è però un'altra Turchia, laica, che considera la situazione a rischio di regime autoritario e si oppone a Erdogan, come si è visto a Istanbul con le manifestazioni al Gezi Park.
Un Governo del presidente finirà per acuire il contrasto. Erdogan è molto forte, dopo aver smantellato, in nome dell'Europa e della democrazia, il tradizionale sistema di contrappeso - un vero contropotere - delle forze armate, custodi della laicità e dell'eredità di Kemal Ataturk, fondatore della Repubblica. Tuttavia l'avvicinamento all'Europa non è avvenuto, sia per le carenze turche sia per la volontà di parecchi Paesi dell'Unione, contrari all'ingresso del gigante turco. Così la Turchia (che accoglie molti profughi siriani e dev'essere sostenuta dagli europei) ha avuto un ruolo poco lineare in Medio Oriente alla ricerca di spazi d'influenza. Quello che avviene in Turchia, Paese membro della Nato, è preoccupante. Bisogna provare ad ancorare di più Ankara all'Europa, al suo mondo di valori e interessi mediterranei. Oggi è meno facile di ieri. Ma il gigante turco deve diventare, in una regione così conflittuale, un perno di stabilità.

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens...

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe...