Con il Giubileo straordinario, papa Francesco chiede ai cattolici una "conversione" alla misericordia e a una concezione della fede aperta ad essa
L'8 dicembre prossimo, papa Francesco apre il giubileo straordinario dedicato alla "misericordia". È anche il giorno in cui cade il cinquantesimo anniversario della conclusione del Vaticano II, la cui attuazione è sentita da Bergoglio come un fatto di primaria importanza. I giubilei (i cosiddetti Anni Santi) si ripetono nella Chiesa cattolica ogni venticinque anni come tempo di rinnovamento della fede e di pellegrinaggio a Roma. È una tradizione che risale almeno al 1300 e si riallaccia al giubileo ebraico, che ha però un'altra dimensione. Dopo il Vaticano II, molti erano contrari a continuare questa tradizione di origine medievale. Il giubileo cadeva nel 1975, a dieci anni dalla fine del Concilio. Paolo VI invece volle l'Anno Santo e fu un grande successo. Nel 2000, il giubileo attrasse a Roma il maggior numero di pellegrini di tutta la storia degli Anni Santi. Giovanni Paolo II considerò il giubileo del 2000, come il culmine del suo pontificato. Avrebbe voluto farne l'inizio di una stagione di rinnovamento nella Chiesa, ma la sua malattia glielo impedì. Papa Francesco, 1'8 dicembre, apre un giubileo straordinario, non quello che cade ogni venticinque anni. L'annuncio è stato dato a sorpresa e senza grande preparazione. Il papa non vuole fare qualcosa di grandioso. Con il suo messaggio sulla misericordia, sta però preparando il giubileo fin dalla sua elezione. Ha voluto che si aprissero le "porte sante" (quelle che i pellegrini varcano) anche nelle diocesi del mondo e non solo a Roma, in modo che i cattolici possano raggiungerle facilmente. Ha anche chiesto che ci siano "porte sante" pure in luoghi di carità e solidarietà, come mense per i poveri o altro. Insomma il Giubileo - nella visione del papa - vuol essere l'espressione di un cristianesimo popolare segnato dalla misericordia, in un mondo attraversato da nuovi muri, conflitti, terrorismo e guerre. La misericordia vuol essere la risposta del popolo di papa Francesco alle tante crisi del nostro tempo. Si tratta di suscitare quell'umanesimo popolare cristiano, che Bergoglio ha recentemente prospettato ai cattolici italiani, riuniti a Firenze.Il papa chiede ai cattolici una "conversione" alla misericordia e a una concezione della fede aperta ad essa. È un processo che mira a realizzare un volto più umano e materno della Chiesa. Con il giubileo, Francesco si rivolge direttamente al popolo cristiano. L'ha fatto varie volte negli ultimi tempi, anche quando gli scandali sui documenti trafugati in Vaticano hanno gettato ombre sulla Curia. Difficoltà e resistenze (interne ed esterne) non mancano al suo governo. Il Papa però non si lascia intrappolare nelle crisi dell'amministrazione o negli inciampi della gestione. Forse non ha elaborato un progetto riformatore, a differenza di Paolo VI che aveva vissuto lunghi anni in Curia e aveva meditato su come cambiare le strutture della Chiesa. Ma ha una visione ampia, che persegue fin dalla sua elezione, come un processo di cambiamento: quella di un cristianesimo capace di radicarsi nel messaggio del Vangelo in modo autentico e di incontrare la realtà del mondo contemporaneo. I passaggi chiave di questo processo d'innovazione sono la "conversione dei cuori" e la riforma della Chiesa. Questo vuol essere il Giubileo: una chiamata dei cristiani a vivere questi passaggi chiave, simboleggiati dalle "porte".
Il Papa vuole un cristianesimo capace di radicarsi nel messaggio del Vangelo in modo autentico e di incontrare la realtà del mondo contemporaneo.
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