Andrea Riccardi / Religioni e civiltà
Un terzo dell'umanità vive nei grandi sobborghi, vere e proprie baraccopoli. Una sfida per le Chiese che richiamano a un destino comune degli uomini

A livello mondiale gli abitanti degli slums sono il 31,6% della popolazione: quasi un terzo dell'umanità. È l'enorme popolo delle periferie, che avrà una parte importante nel futuro del mondo. Oggi i periferici sono un popolo di "esclusi", continuamente messi a contatto tramite i media con modelli di vita non raggiungibili e praticabili nel loro mondo. All'inizio degli anni Novanta, lo scrittore Hans Magnus Enzensberger aveva previsto una guerra "civile" nelle città: «Nascono»,
aveva detto, «zone protette e munite di propri servizi di sicurezza da una parte, slum e ghetti urbani dall'altra». Questa previsione si sta avverando in alcune parti del mondo. Il problema per la "pace" e la sicurezza sta proprio nella violenza diffusa e organizzata. In alcune città c`è una vera guerra. Specie nelle città del Sud, crescono isole protette, con mura e vigilanti, a fronte di mondi periferici. L'orizzonte unitario della città si frantuma.
Diversa era la condizione della città novecentesca: il proletariato aveva un rapporto dialettico e conflittuale con il "centro", finendo però per condividere un orizzonte politico. Oggi è diverso. Le periferie sono invece remote. Qui mancano le reti sociali. Il controllo delle istituzioni sugli spazi periferici è difficile, tanto che vaste aree finiscono sotto il dominio di mafie e cartelli internazionali o nazionali del crimine. Gli spazi sociali, vuoti di presenze istituzionali o associative, sono terre di conquista per le reti mafiose, non sempre percepite come un male dalla gente. La città del XXI secolo, in particolare la megalopoli, è sempre meno una comunità di destino. Anzi, mentre una parte di essa (opulenta) viene assorbita nei flussi globali e procede sulla via dell'intemazionalizzazione, un'altra resta ai margini, se non sprofonda, in una condizione di isolamento. Le grandi periferie urbane sono una sfida per le religioni e le Chiese, che richiamano a un destino comune degli uomini. Francesco l'ha intuito con forza: qui si gioca il futuro. Ma è anche una grande sfida per lo Stato, le istituzioni, la scuola, gli organismi democratici: fare di una periferia anonima una comunità e rianimare la città come orizzonte comune. Bisogna ricreare il tessuto umano e comunitario di tante società.
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