Passa ai contenuti principali

Corridoi umanitari contro i viaggi della morte. Un esempio per l'Europa

Andrea Riccardi su Religioni e Civiltà (Sette - Corriere della Sera) dell'11 marzo 2016

Homs era una grande città siriana di circa 800.000 abitanti. Qui è nata Falak, figlia di un elettrotecnico, Suliman Al Hourani e di sua moglie Yasmien, che studiava inglese all'Università. Falak è oggi in Italia, dopo una storia molto difficile. La vita sua (sette anni) e del fratellino Hussin (sei anni) sono coincise praticamente con la guerra in Siria.
Il conflitto a Homs è cominciato subito nel 2011, dopo le prime manifestazioni contro il regime del presidente Assad e la pesante repressione dell'esercito. Per Assad e gli interessi del suo gruppo religioso, gli alauiti, Homs è nevralgica per la continuità territoriale tra le regioni alauite del Nord, sul Mediterraneo, e la capitale Damasco. Gli alauiti - circa il 20% dei siriani - hanno preso il potere nel 1970 con il padre dell'attuale presidente e lottano ferocemente da cinque anni, appoggiati da russi e sciiti iraniani e libanesi, per non essere emarginati dai sunniti. Questi hanno sostenuto la rivolta contro Assad e le stesse armate dell'Isis. Le posizioni sono però complicate e non sempre seguono le divisioni etniche.
In questa lotta terribile che ha distrutto la Siria, Homs ha avuto alterne vicende: combattimenti per le strade (anche tra sunniti e alauiti) e bombardamenti. Oggi è stata ripresa saldamente dal governo. Le immagini girate da un drone russo mostrano palazzi sventrati e moschee distrutte: un cumulo di macerie, dove alcuni vivono ancora. Questa è la "grande storia". La famiglia Al Hourani però ha cercato una sua piccola storia che fosse migliore. Per Suliman e Yasmien, l'unico obiettivo da perseguire è salvare i figli. È la scelta di molti siriani, ostaggi del conflitto. Dove andare?
Nel 2012, la casa degli Al Hourani è bruciata sotto le bombe. La famiglia ha deciso di lasciare l'inferno di Homs per Damasco, la capitale. Qui c'erano alcuni parenti sfollati. Loro due, musulmani sunniti, hanno cercato protezione nella capitale del presidente alauita, dove vivono musulmani di ogni tradizione e cristiani. A Damasco si sta meglio che a Homs. Una strada ancora aperta lega la capitale con il Libano: la via dei diplomatici in visita al presidente siriano. Per la famiglia Al Hourani, è cominciato però un dramma nel dramma: la malattia di Falak. La bambina, colpita all'occhio sinistro da un tumore, è andata peggiorando. Mancavano medici e medicine. Così la scelta successiva è stata lasciare la Siria con un taxi attraverso la frontiera libanese: un percorso clandestino per tanti siriani.
Oggi il Libano ne ospita almeno 1.200.000 in condizioni precarie, perché il governo libanese teme di dar loro stabilità. In ogni modo il Libano fa la sua parte con maggiore generosità che l'Europa. Suliman e Yasmien, con i due figli, sono finiti nel Libano del Nord, in un piccolo garage a Tripoli, affittato per 200 dollari al mese. Suliman si arrangiava lavorando come poteva. L'obiettivo è stato curare Falak. I siriani hanno alle spalle l'inferno della guerra, ma sono intrappolati in un Libano che non rappresenta il futuro. Non possono tornare indietro, ma dove andare?
Per alcuni, l'unica speranza sono i barconi e l'azzardo della traversata mediterranea. Non è stato così per Falak e la famiglia. Hanno percorso il "corridoio umanitario", che il governo italiano ha aperto in collaborazione con la Comunità di Sant'Egidio e la Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane, sostenuto dalla Tavola Valdese. L'Italia ha scelto di accogliere persone e gruppi vulnerabili. Così sono Falak e gli Al Hourani.
Se i Paesi europei possono ricevere i profughi, perché non evitare i "viaggi della morte", aprendo corridoi umanitari? Sono già arrivate altre 93 persone dal Libano in Italia con questa via. Si spera che l'esempio italiano sia contagioso. Intanto Falak si sta curando a Roma e almeno l'occhio destro è salvo.

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens...

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe...