C'è da ricostruire una cultura, bisogna ridare prospettiva agli europei. Anche le Chiese devono educare alla speranza.
Discutiamo molto su rifugiati e migranti come pericolo. Invece non parliamo abbastanza di un pericolo ben più prossimo: i populismi. Si dice che siano la conseguenza della paura verso i migranti. Solo una politica severa verso di loro - si aggiunge - potrà fermarli. Non è così vero. Guardiamo le elezioni austriache: al primo turno si è affermato con il 36,7% il candidato di estrema destra Norbert Hofer (nella foto in basso). Anche il Partito popolare e quello socialdemocratico sono stati recentemente duri verso i migranti, ma hanno avuto un mediocre risultato, l'11%.
Rincorrere la xenofobia non paga. La gente preferisce l'originale alla copia. Ci vuole un'altra strategia: far chiarezza sui veri problemi riprendendo una politica in mezzo alla gente. La situazione è complessa e non si presta a ricette semplicistiche. Il semplicismo, però, regna in una comunicazione gridata e aggressiva. Viene anche da chiedersi se sistemi costituzionali che favoriscono la concentrazione del potere (a motivo della governabilità) non possano facilitare il dominio dei populismi, in caso di loro vittoria. Per frenarli, una volta al potere, ci vuole un sistema di contrappesi.
I populismi in Europa sono tanti: Legge e Giustizia in Polonia con il 51,5% alle presidenziali del 2015, Fidesz con il 51,5% e Jobbik con il 14,7% in Ungheria alle europee, il Partito del Popolo Danese con il 26,6%, il Partito per l'Indipendenza del Regno Unito con 26,8%, il Fronte Nazionale in Francia con il 25% e altri. Ovunque la responsabilità dei problemi nazionali è attribuita agli stranieri. È la formula vittimista dei nazionalismi: il male viene da congiure esterne. Questa gente ha tanti motivi d'insoddisfazione. Qualcuno parla di ritorno all'Europa tra le due guerre. Una congiuntura o una malattia profonda?
La risposta verrà dalle politiche, dal buon Governo, dalla capacità di comunicare con la gente in modo rinnovato. Ma c'è da ricostruire una cultura. Non si può vivere in un mondo complicato con parametri semplificati. La vera questione è ridare prospettiva agli europei. Anche le Chiese devono educare alla speranza. Il 6 maggio, Francesco eiceve dalla Germania il Premio Carlo Magno, dato a personalità distintesi per l'integrazione. Il suo messaggio parla con fiducia all'Europa di unità e futuro.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana dell'8 maggio 2016
Discutiamo molto su rifugiati e migranti come pericolo. Invece non parliamo abbastanza di un pericolo ben più prossimo: i populismi. Si dice che siano la conseguenza della paura verso i migranti. Solo una politica severa verso di loro - si aggiunge - potrà fermarli. Non è così vero. Guardiamo le elezioni austriache: al primo turno si è affermato con il 36,7% il candidato di estrema destra Norbert Hofer (nella foto in basso). Anche il Partito popolare e quello socialdemocratico sono stati recentemente duri verso i migranti, ma hanno avuto un mediocre risultato, l'11%.
Rincorrere la xenofobia non paga. La gente preferisce l'originale alla copia. Ci vuole un'altra strategia: far chiarezza sui veri problemi riprendendo una politica in mezzo alla gente. La situazione è complessa e non si presta a ricette semplicistiche. Il semplicismo, però, regna in una comunicazione gridata e aggressiva. Viene anche da chiedersi se sistemi costituzionali che favoriscono la concentrazione del potere (a motivo della governabilità) non possano facilitare il dominio dei populismi, in caso di loro vittoria. Per frenarli, una volta al potere, ci vuole un sistema di contrappesi.
I populismi in Europa sono tanti: Legge e Giustizia in Polonia con il 51,5% alle presidenziali del 2015, Fidesz con il 51,5% e Jobbik con il 14,7% in Ungheria alle europee, il Partito del Popolo Danese con il 26,6%, il Partito per l'Indipendenza del Regno Unito con 26,8%, il Fronte Nazionale in Francia con il 25% e altri. Ovunque la responsabilità dei problemi nazionali è attribuita agli stranieri. È la formula vittimista dei nazionalismi: il male viene da congiure esterne. Questa gente ha tanti motivi d'insoddisfazione. Qualcuno parla di ritorno all'Europa tra le due guerre. Una congiuntura o una malattia profonda?
La risposta verrà dalle politiche, dal buon Governo, dalla capacità di comunicare con la gente in modo rinnovato. Ma c'è da ricostruire una cultura. Non si può vivere in un mondo complicato con parametri semplificati. La vera questione è ridare prospettiva agli europei. Anche le Chiese devono educare alla speranza. Il 6 maggio, Francesco eiceve dalla Germania il Premio Carlo Magno, dato a personalità distintesi per l'integrazione. Il suo messaggio parla con fiducia all'Europa di unità e futuro.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana dell'8 maggio 2016
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