Andrea Riccardi in un editoriale su Famiglia Cristiana propone una politica estera più attiva e attenta alla cooperazione per tornare a contare
Un pareggio per l'Italia con l'Olanda: 95 voti a testa per il posto di membro non permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Con fair play, Italia e Olanda hanno deciso: il primo anno di mandato sarà per il Governo di Roma e il secondo per i Paesi Bassi.
Si è fatto notare che l'Italia è stata già varie volte nel Consiglio di sicurezza: l'ultima nel 2007-2008. I piccoli Paesi tengono alla rotazione di presenze in questa assise. Svezia, prima classificata e Olanda mancano da più di dieci anni. Tuttavia c'è da capire meglio questa mezza sconfitta (o se si è ottimisti: mezza vittoria). Indubbiamente bisognerebbe guardare ai motivi di mancate solidarietà europee, come quella della Germania. Del resto noi italiani crediamo che il nostro Paese conti nel mondo e all'Onu più di quanto in realtà avvenga. Certo le crisi nel Sud del Mediterraneo ci pongono in una qualche centralità geopolitica (relativa). Ma c'è anche il peso della storia recente: ci sono stati anni in cui l'Italia si è ritirata da scenari internazionali come l'Africa, dove avevamo un ruolo attivo, non un lascito coloniale come per Francia e Gran Bretagna. Si pensi alla pace in Mozambico, dopo una guerra che ha fatto un milione di morti, firmata nel 1992 proprio a Roma.
S'investe ancora poco sulla cooperazione, nonostante il suo bilancio abbia cominciato a crescere dal tempo del Governo Monti, nonostante la crisi. Il confronto tra l'Italia e l'Olanda è rivelatore: un miliardo e mezzo (0,24 del Pil) invece di 5 miliardi (0,7 del Pil). Per non evocare la Svezia, la cui cooperazione è all'1,4 del Pil. Si può recuperare con una politica attiva e più risorse. L'indicazione italiana del migration compact (solo in parte recepita dall'Unione europea) è investire nella cooperazione con i Paesi africani, anche per responsabilizzarli nei confronti dei giovani e dell'immigrazione. Il segnale del voto alle Nazioni Unite mostra come l'Italia debba spendersi di più in un settore di rilievo geopolitico ed economico.
Non si esagera il ruolo di un posto al Consiglio di sicurezza? Si possono criticare i limiti operativi dell'Onu, come si vede in tante azioni di pace. Siamo però d'accordo, quasi tutti, che l'esistenza di questa organizzazione abbia un grande valore: un'agorà dove gli Stati s'incontrano e sono richiamati alla misura del "bene comune" mondiale. Del resto le azioni umanitarie dell'Onu sono efficaci, come sono rilevanti alcune organizzazioni della "famiglia onusiana". C'è poi il prossimo appuntamento per l'elezione del nuovo segretario generale dell'Onu dopo Ban Ki-moon, eletto nel 2007, in cui il Consiglio di sicurezza gioca un ruolo importante. Il nuovo segretario generale dovrebbe venire dall'Est europeo, ma l'alto numero di candidature confliggenti forse porterà a orientarsi verso l'America latina. In ogni modo sarà un'occasione per il rilancio dell'Onu sul nuovo scenario di un mondo segnato dal terrorismo.
Su Famiglia Cristiana del 17/7/2016
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