Questo articolo di Andrea Riccardi è apparso sul magazine "Sette" del Corriere della Sera del 9 dicembre 2016
Fidel Castro, da poco scomparso a novant'anni, è stato uno dei pochi leader comunisti a incontrare tre Papi nel suo Paese. Il primo incontro, quello con Giovanni Paolo II, è stato un fatto storico. Il Papa era aureolato dalla fama di vincitore del comunismo nell'Est europeo, ma Fidel giudicò di grande interesse accoglierlo a Cuba. La stampa internazionale accese i riflettori sull'isola, come mai era avvenuto. Successivamente Fidel, non più capo di Stato, ha voluto incontrare Benedetto XVI (cui ha chiesto consiglio su alcune letture) e Francesco, che visitavano Cuba.
Nonostante la sua coerenza ideologica, Castro ha avuto sempre un interesse particolare per il cristianesimo, non solo perché ha studiato dai fratelli cristiani e dai gesuiti all'Avana. Ha rivendicato come, a differenza di altri regimi comunisti, a Cuba non sia stato ucciso nessun prete a causa della rivoluzione. Anche se la Chiesa ha avuto le sue difficoltà specie nei primi anni del regime. Il libro-intervista a Castro, Fidel e la religione, realizzato nel 1984 dal domenicano brasiliano Frei Betto, vicino alla teologia della liberazione, è stato un successo editoriale: nella sola Cuba avrebbe venduto più di un milione di copie. Il leader cubano non ha tenuto una linea marxisticamente ortodossa sulla religione come "oppio dei popoli". Si è accorto presto del ruolo "rivoluzionario" dei cristiani in America Latina, come i cattolici nel movimento sandinista in Nicaragua. Del resto anche gli Stati Uniti (pur con valutazione politica diversa) avevano colto il potenziale "rivoluzionario" del cattolicesimo: alla fine del 1979, il presidente americano Carter chiese alla Cia di seguire con attenzione il mondo cattolico latino-americano per evitare sorprese pericolose. Fidel, a Roma per l`assemblea della Fao, visitò Giovanni Paolo II in Vaticano. Da anni si parlava di un viaggio del Papa a Cuba. Avvenne nel 1998. Gli interrogativi erano tanti. La visita di Giovanni Paolo II avrebbe avuto un impatto travolgente sul regime?
A Castro interessavano il Papa e i cattolici in genere, perché interlocutori non schiacciati sulla globalizzazione capitalista. O questo avrebbe piegato il Papa alla sua politica? Fu un viaggio storico, che rafforzò il cattolicesimo cubano, ma nel quale non ci furono né vinti né vincitori. Il "comandante" era troppo intelligente per presumere di utilizzare il Papa polacco: ne conosceva la statura e la capacità politica, aveva ammirazione per la sua personalità. Sapeva come fosse molto critico verso la teologia della liberazione, proprio per il rapporto con il marxismo. Parlando con Fidel, in una lunga conversazione all`Avana prima del viaggio papale, ebbi chiaramente la sensazione che il comandante fosse consapevole dell'alterità della Chiesa rispetto alla rivoluzione; tuttavia guardava con interesse il cattolicesimo e non solo quello affine alle posizioni di sinistra. Gli interessavano il Papa e i cattolici in genere, perché interlocutori non schiacciati sulla globalizzazione capitalista. Dopo l'89, con la fine dei regimi comunisti dell'Est e dell'Unione Sovietica, la Chiesa e il Papa rappresentavano una posizione autonoma rispetto agli Stati Uniti e all'Occidente, non atlantica. L'espressione chiave del messaggio wojtyliano, durante la visita a Cuba del 1998, rivela l'equilibrio della posizione del Papa: «Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba». Giovanni Paolo II non mirava a far cadere il comunismo, ma a rompere l'isolamento (frutto anzitutto dell'embargo americano) e a riattivare i canali di comunicazione della società cubana con il mondo. In America Latina quel viaggio ebbe una grande eco. Non è un caso che il card. Bergoglio creò a Buenos Aires un gruppo di lavoro per studiare la visita di Wojtyla nell'isola. Del resto è stato Bergoglio, divenuto Papa, a consigliare al presidente americano Obama di intraprendere presto il dialogo per nuovi rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Ma questa è un'altra storia, in cui però il Papa e la Chiesa hanno avuto un ruolo di rilievo.
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Il leader Fidel e il giudizio della storia
Fidel Castro, da poco scomparso a novant'anni, è stato uno dei pochi leader comunisti a incontrare tre Papi nel suo Paese. Il primo incontro, quello con Giovanni Paolo II, è stato un fatto storico. Il Papa era aureolato dalla fama di vincitore del comunismo nell'Est europeo, ma Fidel giudicò di grande interesse accoglierlo a Cuba. La stampa internazionale accese i riflettori sull'isola, come mai era avvenuto. Successivamente Fidel, non più capo di Stato, ha voluto incontrare Benedetto XVI (cui ha chiesto consiglio su alcune letture) e Francesco, che visitavano Cuba.
Nonostante la sua coerenza ideologica, Castro ha avuto sempre un interesse particolare per il cristianesimo, non solo perché ha studiato dai fratelli cristiani e dai gesuiti all'Avana. Ha rivendicato come, a differenza di altri regimi comunisti, a Cuba non sia stato ucciso nessun prete a causa della rivoluzione. Anche se la Chiesa ha avuto le sue difficoltà specie nei primi anni del regime. Il libro-intervista a Castro, Fidel e la religione, realizzato nel 1984 dal domenicano brasiliano Frei Betto, vicino alla teologia della liberazione, è stato un successo editoriale: nella sola Cuba avrebbe venduto più di un milione di copie. Il leader cubano non ha tenuto una linea marxisticamente ortodossa sulla religione come "oppio dei popoli". Si è accorto presto del ruolo "rivoluzionario" dei cristiani in America Latina, come i cattolici nel movimento sandinista in Nicaragua. Del resto anche gli Stati Uniti (pur con valutazione politica diversa) avevano colto il potenziale "rivoluzionario" del cattolicesimo: alla fine del 1979, il presidente americano Carter chiese alla Cia di seguire con attenzione il mondo cattolico latino-americano per evitare sorprese pericolose. Fidel, a Roma per l`assemblea della Fao, visitò Giovanni Paolo II in Vaticano. Da anni si parlava di un viaggio del Papa a Cuba. Avvenne nel 1998. Gli interrogativi erano tanti. La visita di Giovanni Paolo II avrebbe avuto un impatto travolgente sul regime?
A Castro interessavano il Papa e i cattolici in genere, perché interlocutori non schiacciati sulla globalizzazione capitalista. O questo avrebbe piegato il Papa alla sua politica? Fu un viaggio storico, che rafforzò il cattolicesimo cubano, ma nel quale non ci furono né vinti né vincitori. Il "comandante" era troppo intelligente per presumere di utilizzare il Papa polacco: ne conosceva la statura e la capacità politica, aveva ammirazione per la sua personalità. Sapeva come fosse molto critico verso la teologia della liberazione, proprio per il rapporto con il marxismo. Parlando con Fidel, in una lunga conversazione all`Avana prima del viaggio papale, ebbi chiaramente la sensazione che il comandante fosse consapevole dell'alterità della Chiesa rispetto alla rivoluzione; tuttavia guardava con interesse il cattolicesimo e non solo quello affine alle posizioni di sinistra. Gli interessavano il Papa e i cattolici in genere, perché interlocutori non schiacciati sulla globalizzazione capitalista. Dopo l'89, con la fine dei regimi comunisti dell'Est e dell'Unione Sovietica, la Chiesa e il Papa rappresentavano una posizione autonoma rispetto agli Stati Uniti e all'Occidente, non atlantica. L'espressione chiave del messaggio wojtyliano, durante la visita a Cuba del 1998, rivela l'equilibrio della posizione del Papa: «Che Cuba si apra al mondo e che il mondo si apra a Cuba». Giovanni Paolo II non mirava a far cadere il comunismo, ma a rompere l'isolamento (frutto anzitutto dell'embargo americano) e a riattivare i canali di comunicazione della società cubana con il mondo. In America Latina quel viaggio ebbe una grande eco. Non è un caso che il card. Bergoglio creò a Buenos Aires un gruppo di lavoro per studiare la visita di Wojtyla nell'isola. Del resto è stato Bergoglio, divenuto Papa, a consigliare al presidente americano Obama di intraprendere presto il dialogo per nuovi rapporti tra Stati Uniti e Cuba. Ma questa è un'altra storia, in cui però il Papa e la Chiesa hanno avuto un ruolo di rilievo.
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