La guerra è una realtà molto presente nel mondo di oggi, sono ancora tante le regioni da pacificare. Ne parla Andrea Riccardi in un editoriale su Famiglia Cristiana del 28/05/2017
Donald Trump, in visita a Riad, ha dichiarato ai leader arabi e musulmani: «Dovete battere voi questo nemico che uccide in nome della fede». Parlava del radicalismo islamico, ancora protagonista della scena mediorientale. La regione è ben lontana dalla pace. E non solo per l'islamismo. Forse abbiamo voltato la testa dall'altra parte e ci siamo dimenticati che in Siria si combatte ancora. E anche in Iraq.
Quello che è avvenuto in Siria resterà come una voragine aperta nella coscienza dei primi decenni del XXI secolo. Non si sono risparmiate vite umane per affermarsi sul campo. Non significava niente l'immenso patrimonio umano e culturale di Aleppo. Un recente libro dello storico Philip Mansel, Aleppo, ripercorre la storia ricca, stratificata e millenaria di questa città, monumento della civiltà del vivere insieme. La sua distruzione ci ricorda come, in pochi anni, possa andare perduto un patrimonio dell'umanità e possano scomparire migliaia di persone. In Siria ne sono state uccise 500 mila. Oggi si cerca di trasformare la guerra siriana in un conflitto a bassa intensità: forse il futuro sarà la spartizione del Paese.
La guerra continua nello Yemen che non fa notizia. Qui l'Arabia Saudita lotta contro i miliziani houti (sciiti), mentre si è determinata una grave crisi umanitaria con un'epidemia di colera e diffusa malnutrizione infantile. Nessun obiettivo civile viene risparmiato. E ci sono due milioni e mezzo di sfollati. In Sud Sudan, Stato di fresca indipendenza, si continua a combattere tra milizie delle varie etnie, mentre c'è una gravissima crisi umanitaria. Un milione e mezzo di persone espatriate in Etiopia e in Uganda. Quale peso di rifugiati sopportano i Paesi africani in confronto a quelli europei! È vergognoso che il popolo sudanese, che ha tanto aspirato all'indipendenza, sia oggi ostaggio delle logiche politico-etniche.
La guerra è una realtà molto presente nel mondo di oggi. Non dimentichiamo che la Libia non ha ancora trovato stabilità. Il conflitto a bassa intensità in Ucraina fa pagare un alto prezzo alle popolazioni della regione orientale del Donbass (senza che nessuno ne parli). Il terrorismo e il radicalismo islamico sono gravi problemi da affrontare. Ma ci sono regioni intere da pacificare. E le guerre si eternizzano, non fosse per gli interessi economici e per il lucroso traffico di armi. Seguire le vicende politiche, apprendere elementi di geopolitica, prendere parte manifesta che non ci siamo rassegnati alla guerra: avere un'opinione è anche un modo di far pesare la propria volontà di pace. E la preghiera per la pace è, tra l'altro, un modo di ricordare sempre e di non rassegnarsi alle "guerre degli altri".
Quello che è avvenuto in Siria resterà come una voragine aperta nella coscienza dei primi decenni del XXI secolo. Non si sono risparmiate vite umane per affermarsi sul campo. Non significava niente l'immenso patrimonio umano e culturale di Aleppo. Un recente libro dello storico Philip Mansel, Aleppo, ripercorre la storia ricca, stratificata e millenaria di questa città, monumento della civiltà del vivere insieme. La sua distruzione ci ricorda come, in pochi anni, possa andare perduto un patrimonio dell'umanità e possano scomparire migliaia di persone. In Siria ne sono state uccise 500 mila. Oggi si cerca di trasformare la guerra siriana in un conflitto a bassa intensità: forse il futuro sarà la spartizione del Paese.
La guerra continua nello Yemen che non fa notizia. Qui l'Arabia Saudita lotta contro i miliziani houti (sciiti), mentre si è determinata una grave crisi umanitaria con un'epidemia di colera e diffusa malnutrizione infantile. Nessun obiettivo civile viene risparmiato. E ci sono due milioni e mezzo di sfollati. In Sud Sudan, Stato di fresca indipendenza, si continua a combattere tra milizie delle varie etnie, mentre c'è una gravissima crisi umanitaria. Un milione e mezzo di persone espatriate in Etiopia e in Uganda. Quale peso di rifugiati sopportano i Paesi africani in confronto a quelli europei! È vergognoso che il popolo sudanese, che ha tanto aspirato all'indipendenza, sia oggi ostaggio delle logiche politico-etniche.
La guerra è una realtà molto presente nel mondo di oggi. Non dimentichiamo che la Libia non ha ancora trovato stabilità. Il conflitto a bassa intensità in Ucraina fa pagare un alto prezzo alle popolazioni della regione orientale del Donbass (senza che nessuno ne parli). Il terrorismo e il radicalismo islamico sono gravi problemi da affrontare. Ma ci sono regioni intere da pacificare. E le guerre si eternizzano, non fosse per gli interessi economici e per il lucroso traffico di armi. Seguire le vicende politiche, apprendere elementi di geopolitica, prendere parte manifesta che non ci siamo rassegnati alla guerra: avere un'opinione è anche un modo di far pesare la propria volontà di pace. E la preghiera per la pace è, tra l'altro, un modo di ricordare sempre e di non rassegnarsi alle "guerre degli altri".
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