La premier conservatrice ora può contare solo su una maggioranza fragile, proprio mentre deve trattare con l`Europa. scrive Andrea Riccardi in un editoriale su Famiglia Cristiana del 18 giugno 2017
Theresa May ha ottenuto dalla regina Elisabetta l'incarico di formare il nuovo Governo dopo le elezioni del 9 giugno scorso. Tuttavia non è risultata vincitrice. La Camera dei Comuni non ha più una maggioranza certa, come l'avevano i conservatori prima del voto. La premier è costretta a un Governo di coalizione con i protestanti nordirlandesi del Dup (provenienti dai paramilitari che lottarono contro l'Ira e i nazionalisti cattolici fino agli "accordi del Venerdì Santo" del 1998).
Il Dup porta alla May i dieci seggi di cui ha bisogno per raggiungere la maggioranza. La carta giocata dalla premier con lo scioglimento del Parlamento si è rivelata un azzardo, nonostante dopo l'attentato terroristico a Londra si fosse presentata come l'unico leader in grado di garantire la sicurezza. L'affermazione dei laburisti di Jeremy Corbyn (considerato da vari osservatori un leader inadeguato e troppo collocato a sinistra) è stata sorprendente: se avessero avuto 2.227 voti in più, in alcuni collegi dove hanno vinto i conservatori di stretta misura avrebbero conseguito la maggioranza. Ma questi sono i risultati del sistema britannico, fondato sul collegio uninominale. Le elezioni fotografano un Paese spaccato, specie sulla scelta di uscire dall'Unione europea sancita dal referendum del giugno 2016. Un anno dopo, l'opinione pubblica inglese si mostra incerta sulla decisione. Già Scozia e Irlanda del Nord si sono dette contro l'uscita. E gli indipendentisti dell'Ukip, impegnati per Brexit, che avevano preso quasi quattro milioni di voti, ne hanno incassati solo 600 mila. Anche i nazionalisti scozzesi, favorevoli a un nuovo referendum sull'indipendenza, sono stati ridimensionati. Il Governo May non è solido, sia per l'insofferenza dei conservatori contro la premier, sia per i problemi con il Dup, un alleato difficile, favorevole alla Brexit ma contrario a chiudere il confine con l'Irlanda e a uscire dal mercato comune; inoltre è schierato a difesa del Welfare (ridimensionato dalla May). Forse il Governo non avrà vita lunga. Eppure si trova di fronte al difficile negoziato con l'Unione europea sulla Brexit. L'Unione chiede il pagamento di 100 miliardi, mentre rinvia la conclusione di accordi di libero scambio. Gli ambienti finanziari britannici sono preoccupati. E in tanti pensano che la "storica" scelta britannica di uscire dall'Ue sia stata avventata.
Theresa May ha ottenuto dalla regina Elisabetta l'incarico di formare il nuovo Governo dopo le elezioni del 9 giugno scorso. Tuttavia non è risultata vincitrice. La Camera dei Comuni non ha più una maggioranza certa, come l'avevano i conservatori prima del voto. La premier è costretta a un Governo di coalizione con i protestanti nordirlandesi del Dup (provenienti dai paramilitari che lottarono contro l'Ira e i nazionalisti cattolici fino agli "accordi del Venerdì Santo" del 1998).
Il Dup porta alla May i dieci seggi di cui ha bisogno per raggiungere la maggioranza. La carta giocata dalla premier con lo scioglimento del Parlamento si è rivelata un azzardo, nonostante dopo l'attentato terroristico a Londra si fosse presentata come l'unico leader in grado di garantire la sicurezza. L'affermazione dei laburisti di Jeremy Corbyn (considerato da vari osservatori un leader inadeguato e troppo collocato a sinistra) è stata sorprendente: se avessero avuto 2.227 voti in più, in alcuni collegi dove hanno vinto i conservatori di stretta misura avrebbero conseguito la maggioranza. Ma questi sono i risultati del sistema britannico, fondato sul collegio uninominale. Le elezioni fotografano un Paese spaccato, specie sulla scelta di uscire dall'Unione europea sancita dal referendum del giugno 2016. Un anno dopo, l'opinione pubblica inglese si mostra incerta sulla decisione. Già Scozia e Irlanda del Nord si sono dette contro l'uscita. E gli indipendentisti dell'Ukip, impegnati per Brexit, che avevano preso quasi quattro milioni di voti, ne hanno incassati solo 600 mila. Anche i nazionalisti scozzesi, favorevoli a un nuovo referendum sull'indipendenza, sono stati ridimensionati. Il Governo May non è solido, sia per l'insofferenza dei conservatori contro la premier, sia per i problemi con il Dup, un alleato difficile, favorevole alla Brexit ma contrario a chiudere il confine con l'Irlanda e a uscire dal mercato comune; inoltre è schierato a difesa del Welfare (ridimensionato dalla May). Forse il Governo non avrà vita lunga. Eppure si trova di fronte al difficile negoziato con l'Unione europea sulla Brexit. L'Unione chiede il pagamento di 100 miliardi, mentre rinvia la conclusione di accordi di libero scambio. Gli ambienti finanziari britannici sono preoccupati. E in tanti pensano che la "storica" scelta britannica di uscire dall'Ue sia stata avventata.
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