In un editoriale su Famiglia Cristiana del 30 luglio Andrea Riccardi ci parla di Africa, della sua storia di sofferenza, di abbandono, ma anche di sviluppo e crescita. Continua questo continente così affascinante a coinvolgerci ancora ai nostri tempi? Scopriamolo insieme.
L'Africa è stata un orizzonte familiare agli europei e agli italiani. Per vari decenni, i missionari l'hanno resa popolare alle nostre popolazioni. L'Africa è stata l'orizzonte dove un'Italia piccola e presuntuosa ha giocato da impero coloniale. Nel 2017, a ottant'anni dalla strage fascista di circa 2.000 persone (monaci, pellegrini, giovani) nel monastero di Debre Libanos in Etiopia, non abbiamo sentito dalle Forze armate parole di rincrescimento né dalla Chiesa italiana espressioni di dolore perché diede un'immagine caricaturale del cristianesimo etiopico, fiancheggiando l'impresa di Mussolini. Ma ci sono stati anche bei tempi con l'indipendenza delle colonie e la nascita di un'Africa libera: gli anni Sessanta e Settanta. La solidarietà, cattolica o laica, nonché la cooperazione dello Stato si sono impegnate per costruire un'Africa migliore.
Ma, in questo XXI secolo, l'Africa ci coinvolge di meno. Lo si spiega con l'insicurezza delle società africane. Con le guerre in cui muoiono tanti africani. Con la corruzione. Eppure, in vari Paesi africani, c'è stato sviluppo. Ci sono ricchezze nelle mani degli africani (165 mila ricchissimi che detengono però il 30% della ricchezza finanziaria del continente fuori da esso). Molti africani competenti. Eppure i poveri sono ancora masse enormi. Lo dicono l'alta mortalità infantile e la bassa aspettativa di vita. Lo mostra la città africana, circondata da baraccopoli di disoccupati. Pure il riscaldamento climatico provoca gravi danni. Dal 2016 è aumentato del 30% il numero delle persone che necessitano di assistenza umanitaria, specie nell'Africa orientale. I giovani emigrano. Le multinazionali invece fanno grandi guadagni ma, spesso, sfuggono alla tassazione.
Secondo un rapporto di Global Justice Now del maggio 2017, il mondo è in credito verso l'Africa, nonostante la posizione debitoria di quasi tutti i suoi Paesi. L'emigrazione nel continente e verso l'Europa mostra un'Africa squilibrata, che soffre. Una nuova attenzione al continente in Europa può creare una solidarietà che ridiscuta una politica predatoria: ci si deve collegare alla gente africana, rafforzare la società e la cultura, spingendo gli Stati del continente a investire nell'economia locale e nella lotta alla povertà. L'Africa non può essere lasciata sola. Non è paternalismo. Ma senso di responsabilità in un mondo globale.
L'Africa è stata un orizzonte familiare agli europei e agli italiani. Per vari decenni, i missionari l'hanno resa popolare alle nostre popolazioni. L'Africa è stata l'orizzonte dove un'Italia piccola e presuntuosa ha giocato da impero coloniale. Nel 2017, a ottant'anni dalla strage fascista di circa 2.000 persone (monaci, pellegrini, giovani) nel monastero di Debre Libanos in Etiopia, non abbiamo sentito dalle Forze armate parole di rincrescimento né dalla Chiesa italiana espressioni di dolore perché diede un'immagine caricaturale del cristianesimo etiopico, fiancheggiando l'impresa di Mussolini. Ma ci sono stati anche bei tempi con l'indipendenza delle colonie e la nascita di un'Africa libera: gli anni Sessanta e Settanta. La solidarietà, cattolica o laica, nonché la cooperazione dello Stato si sono impegnate per costruire un'Africa migliore.
Ma, in questo XXI secolo, l'Africa ci coinvolge di meno. Lo si spiega con l'insicurezza delle società africane. Con le guerre in cui muoiono tanti africani. Con la corruzione. Eppure, in vari Paesi africani, c'è stato sviluppo. Ci sono ricchezze nelle mani degli africani (165 mila ricchissimi che detengono però il 30% della ricchezza finanziaria del continente fuori da esso). Molti africani competenti. Eppure i poveri sono ancora masse enormi. Lo dicono l'alta mortalità infantile e la bassa aspettativa di vita. Lo mostra la città africana, circondata da baraccopoli di disoccupati. Pure il riscaldamento climatico provoca gravi danni. Dal 2016 è aumentato del 30% il numero delle persone che necessitano di assistenza umanitaria, specie nell'Africa orientale. I giovani emigrano. Le multinazionali invece fanno grandi guadagni ma, spesso, sfuggono alla tassazione.
Secondo un rapporto di Global Justice Now del maggio 2017, il mondo è in credito verso l'Africa, nonostante la posizione debitoria di quasi tutti i suoi Paesi. L'emigrazione nel continente e verso l'Europa mostra un'Africa squilibrata, che soffre. Una nuova attenzione al continente in Europa può creare una solidarietà che ridiscuta una politica predatoria: ci si deve collegare alla gente africana, rafforzare la società e la cultura, spingendo gli Stati del continente a investire nell'economia locale e nella lotta alla povertà. L'Africa non può essere lasciata sola. Non è paternalismo. Ma senso di responsabilità in un mondo globale.
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