Alla Scuola della Pace - non solo un libro, ma una storia con i bambini da Roma alle periferie del mondo
'Alla Scuola della Pace' è un libro, un bel libro, che viene presentato per la prima volta il 17 ottobre a Roma, da Andrea Riccardi, il ministro all'Istruzione Valeria Fedeli, il direttore del quotidiano Avvenire, Marco Tarquinio e la giornalista Maria Novella De Luca.
E' il racconto appassionato di una storia, quella di Sant'Egidio con i bambini, scritto con tante mani: quelle sapienti di Adriana Gulotta, che ne ha curato la stesura, e le migliaia di mani di bambini, ragazzi, ed ex bambini oggi adulti, cresciuti "alla Scuola della Pace" e che oggi ne sono i maestri, gli educatori, in Italia e in tanti angli - spesso difficili - del mondo.
Riportiamo qui alcuni stralci della prefazione scritta da Andrea Riccardi che, come lui stesso racconta, quei passi li ha compiuti da ragazzo, dando vita, nelle baracche sul greto del Tevere, alla prima "Scuola della Pace".
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E' il racconto appassionato di una storia, quella di Sant'Egidio con i bambini, scritto con tante mani: quelle sapienti di Adriana Gulotta, che ne ha curato la stesura, e le migliaia di mani di bambini, ragazzi, ed ex bambini oggi adulti, cresciuti "alla Scuola della Pace" e che oggi ne sono i maestri, gli educatori, in Italia e in tanti angli - spesso difficili - del mondo.
Riportiamo qui alcuni stralci della prefazione scritta da Andrea Riccardi che, come lui stesso racconta, quei passi li ha compiuti da ragazzo, dando vita, nelle baracche sul greto del Tevere, alla prima "Scuola della Pace".
La Scuola della Pace è un mondo. Un mondo di bambini. Ma è
anche una realtà che attraversa tanti mondi. Così s’incontrano e si vedono le
realtà più diverse, attraverso gli occhi dei bambini delle Scuole della Pace. Ma
bisogna mettersi dalla loro parte e accogliere il loro sguardo. Questo libro è un
viaggio in questo mondo dei piccoli. Ripercorre una storia cominciata, ormai
cinquant’anni fa, nelle periferie e tra le baracche romane, veri e propri
angoli da Terzo Mondo. Lì, agli inizi della Comunità di Sant’Egidio, un gruppo
di giovani studenti cominciò a lottare contro l’esclusione di troppi alunni
dalla scuola pubblica, come sapeva e come poteva. Rileggo con passione questa
storia, perché io ero uno di loro, molti anni fa. Ma trovo oggi, in queste
pagine, come questa vicenda sia divenuta l’avventura di tanti, in molti paesi
del mondo, con i bambini che vivono nelle situazioni più diverse in quattro
continenti. Una storia che merita di essere narrata.
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Allora, si cominciò a lottare contro il fatto che, a dieci
anni o anche meno, il destino dei più piccoli fosse già segnato dall’ambiente
emarginato in cui crescevano e dal cattivo o inesistente inserimento nella
scuola. Dall’esclusione scolastica e dalla povertà delle origini, nasceva una
storia di giovani e adulti marginali, quella dolorosa di tante borgate romane. La
loro vita non era una sorpresa né una costruzione personale, ma un destino che
si ereditava. Bisognava spezzare questo circolo vizioso e creare un’altra
strada rispetto alla fatalità della loro vita. Per questo si potevano fare
tante cose, ma soprattutto era necessario aiutarli a leggere e scrivere,
inserirli nella scuola, rompere il circuito dell’esclusione. E gli “studenti”,
che cominciavano a operare nel mondo delle borgate, sapevano fare questo e
imparavano a farlo vivendolo: insegnare la lingua, i primi passi nella cultura,
aiutare a entrare nella scuola e a rimanervi.
Erano gli anni in cui si diffondeva Lettera a una professoressa, edita nel 1967 e nata dalla Scuola di
Barbiana, voluta da don Milani nella sua povera parrocchia della montagna
italiana[1].
Quel libro non ha un unico autore (anche se viene spesso attribuito al priore
di Barbiana). L’autore non è un insegnante, ma il volume nasce dalla scrittura
di otto ragazzi di quella scuola. La prima parte ha proprio come titolo La Scuola non può bocciare. I primi
passi della Scuola della Pace condividevano proprio l’amarezza di una scuola
che bocciava, emarginava, allontanava, abbandonava i ragazzi al destino già
segnato dall’ambiente familiare.
La Scuola della Pace, che allora si chiamava “Scuola popolare”, nacque proprio dalla volontà di alcuni “studenti” alle origini di Sant’Egidio: bisognava creare con i ragazzi uno strumento flessibile che riempisse i vuoti della scuola, che aiutasse a non essere emarginati, che talvolta sostituisse la scuola quando i ragazzi non ce la facevano.
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Qualche anno dopo le Scuole popolari divennero Scuole della
Pace, mentre l’esperienza si estendeva in altre situazioni del mondo e si
entrava in contatto con contesti di violenza e di guerra. Carlos, un bambino
mozambicano che aveva visto da vicino la triste storia della guerra in
Mozambico (più di un milione di morti e un paese sconvolto), consapevole che
Sant’Egidio mediava per la pace nel suo paese, diceva: “Io li conosco bene
perché con loro vado a una scuola speciale dove si studia e si impara a essere
amici e a fare la pace. Infatti si chiama Escola
da paz”. Lentamente il nome si è imposto ed è sembrato il più appropriato:
la Scuola della Pace. La storia di queste Scuole è cresciuta con la Comunità di
Sant’Egidio in tante parti del mondo: in Europa, Africa, Asia, America del Sud,
del Centro e del Nord. Il libro intende narrare questi mondi di bambini in tutte le latitudini.
E’ anche un viaggio nel mondo tout court, visto però con gli occhi dei bambini, accompagnati dai
loro amici più grandi, che si sono fatti vicini (come quei “quattro ragazzi”
che cominciarono la scuola a Roma). E si vede che esiste la storia dal basso,
non fatta di numeri, ma vissuta e testimoniata da un “popolo” di piccoli. Questa
storia è interessante per chi vuole conoscere il mondo in tutte le sue
dimensioni. Così la dimensione dell’infanzia risulta una componente decisiva di
questa realtà, anzi un indicatore imprescindibile con cui misurare il livello
di umanità di una società, di una città o di un ambiente.
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(dalla prefazione di Andrea Riccardi al volume "Alla Scuola della Pace", San Paolo edizioni)
[1] Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Firenze 1967. Si veda anche l’opera
completa degli scritti di L. Milani in L. Milani, Tutte le opere, a cura di F. Ruozzo – A. Canfora – V. Oldano, Milano 2017.
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