Ostia nei giorni scorsi è stata al centro dei riflettori dell'opinione pubblica per le elezioni amministrative e per tristi fatti di cronaca.
In questo articolo su Famiglia Cristiana, Andrea Riccardi getta uno sguardo sul tema delle periferie e sul bisogno di ripartire da esse per creare un nuovo tessuto umano.
Ostia non è solo il mare di Roma, ma rappresenta una storia emblematica per le periferie italiane. È una periferia di Roma: 230 mila abitanti in tutto il Municipio, grande dormitorio per i romani che lavorano nella capitale, con serie sacche di emarginazione ma anche con tante risorse. È la tredicesima città italiana, anche perché Ostia è distante dalla capitale, separata da una campagna intramezzata da zone residenziali, quartieri, borgate. La questione grave - comune a tante periferie - è la rarefazione del tessuto sociale. E nel vuoto che si crea, s'installano le mafie. Tanto che, due anni e mezzo fa, il Municipio di Ostia era stato sciolto per infiltrazione mafiosa e commissariato. La gente è sola nella vita quotidiana. Impressiona il successo elettorale di Casa Pound, un movimento di estrema destra che ha svolto un lavoro di rete sociale e assistenziale: alla prima votazione ha preso il 9% dei voti.
Il risultato mostra quanto una presenza di aiuto e in mezzo alla gente paghi. Il Pd, in quell'occasione, aveva raggranellato un modesto 13,6%. Domenica scorsa, al ballottaggio, ha vinto la candidata dei Cinque Stelle contro quella del Centrodestra. Ma il fatto significativo è che l'affluenza alle urne ha toccato un modesto 33%. Solo un cittadino su tre è andato a votare. Così non si sconfiggono i clan mafiosi e si toglie legittimità alla nuova amministrazione. Ostia è l'emblema della crisi della politica in periferia. La gente non si sente rappresentata. Non spera più in un cambiamento. La rassegnazione è il sentimento che domina. Bisogna sopravvivere o al massimo trovare una soluzione per sé. Le reti sociali si sono dissolte. Le sezioni dei partiti sono un'ombra del passato. La socialità e la vita comunitaria scarseggiano. Le stesse parrocchie - la presenza di gran lunga più forte - sono in affanno. Il problema di Ostia è comune a tantissime periferie italiane. Una vera emergenza nazionale. C'è bisogno di un investimento maggiore. Le scuole sono l'unica istituzione di socializzazione, oltre che di educazione. Ma non bastano. Deve rinascere una vera passione civile per lavorare in mezzo alla gente: far incontrare, accompagnare, aiutare, integrare, comunicare speranze e obiettivi comuni.
Un lavoro anche volontario. A Ostia ci sono molte risorse umane, spesso isolate. Del resto l'intera città deve guardare alle periferie e dislocarsi con slancio su quella che è la frontiera del futuro. Questo toglierà spazio alle mafie, perché renderà più consistente il tessuto sociale. Ci vuole una rinascita di passione civile, senza cui non c'è futuro. È una delle sfide principali delle nostre città: "rammendare" il tessuto umano delle periferie. Così rinascerà anche la politica, da un nuovo movimento della società.
In questo articolo su Famiglia Cristiana, Andrea Riccardi getta uno sguardo sul tema delle periferie e sul bisogno di ripartire da esse per creare un nuovo tessuto umano.
Ostia non è solo il mare di Roma, ma rappresenta una storia emblematica per le periferie italiane. È una periferia di Roma: 230 mila abitanti in tutto il Municipio, grande dormitorio per i romani che lavorano nella capitale, con serie sacche di emarginazione ma anche con tante risorse. È la tredicesima città italiana, anche perché Ostia è distante dalla capitale, separata da una campagna intramezzata da zone residenziali, quartieri, borgate. La questione grave - comune a tante periferie - è la rarefazione del tessuto sociale. E nel vuoto che si crea, s'installano le mafie. Tanto che, due anni e mezzo fa, il Municipio di Ostia era stato sciolto per infiltrazione mafiosa e commissariato. La gente è sola nella vita quotidiana. Impressiona il successo elettorale di Casa Pound, un movimento di estrema destra che ha svolto un lavoro di rete sociale e assistenziale: alla prima votazione ha preso il 9% dei voti.
Il risultato mostra quanto una presenza di aiuto e in mezzo alla gente paghi. Il Pd, in quell'occasione, aveva raggranellato un modesto 13,6%. Domenica scorsa, al ballottaggio, ha vinto la candidata dei Cinque Stelle contro quella del Centrodestra. Ma il fatto significativo è che l'affluenza alle urne ha toccato un modesto 33%. Solo un cittadino su tre è andato a votare. Così non si sconfiggono i clan mafiosi e si toglie legittimità alla nuova amministrazione. Ostia è l'emblema della crisi della politica in periferia. La gente non si sente rappresentata. Non spera più in un cambiamento. La rassegnazione è il sentimento che domina. Bisogna sopravvivere o al massimo trovare una soluzione per sé. Le reti sociali si sono dissolte. Le sezioni dei partiti sono un'ombra del passato. La socialità e la vita comunitaria scarseggiano. Le stesse parrocchie - la presenza di gran lunga più forte - sono in affanno. Il problema di Ostia è comune a tantissime periferie italiane. Una vera emergenza nazionale. C'è bisogno di un investimento maggiore. Le scuole sono l'unica istituzione di socializzazione, oltre che di educazione. Ma non bastano. Deve rinascere una vera passione civile per lavorare in mezzo alla gente: far incontrare, accompagnare, aiutare, integrare, comunicare speranze e obiettivi comuni.
Un lavoro anche volontario. A Ostia ci sono molte risorse umane, spesso isolate. Del resto l'intera città deve guardare alle periferie e dislocarsi con slancio su quella che è la frontiera del futuro. Questo toglierà spazio alle mafie, perché renderà più consistente il tessuto sociale. Ci vuole una rinascita di passione civile, senza cui non c'è futuro. È una delle sfide principali delle nostre città: "rammendare" il tessuto umano delle periferie. Così rinascerà anche la politica, da un nuovo movimento della società.
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