Investire sui giovani africani per un avvenire duraturo, per una crescita economica comune di Africa e Europa: il vertice di Abidjan tra Unione Africana e Unione Europea può rappresentare un'inversione di politica. In un editoriale su Famiglia Cristiana Andrea Riccardi spiega il perché.
Da Abidjan, in Costa d'Avorio, viene una buona notizia. Qui si è radunato dal 29 al 30 novembre il summit tra Unione Europea e Unione Africana su "Investire sui giovani per un avvenire duraturo". Non un convegno di studio, ma l'incontro di ottanta leader europei e africani. Si è trattato soprattutto di giovani africani, che sono la metà del continente. Questi troppo spesso lasciano la loro terra, divenuta matrigna. I motivi sono molteplici: guerre, violenza diffusa, crisi ecologica, desertificazione, ma anche fame di futuro e voglia di lavoro. Non credono più nei loro Paesi. Disperazione e speranza, allo stesso tempo, spingono i giovani africani verso l'Europa: rischiano la vita, cadono in mano di mafiosi che li trasportano per terra e per mare, finiscono prigionieri di banditi, talvolta venduti come schiavi (lo abbiamo visto in Libia).
C'è il problema di interrompere questi viaggi tragici. D'altra parte il problema dei governi europei è fermare l'immigrazione. Non basta però alzare muri. Anche i governi africani si stanno finalmente rendendo conto che non possono abbandonare i loro concittadini a una triste sorte, mentre finora sono stati fortemente indifferenti.
Bisogna sviluppare opportunità di lavoro in Africa. I giovani africani cominciano ad associarsi a questo processo: start-up, imprese, lavoro sono tematiche da loro trattate parallelamente al summit di Abidjan. Qui si è vista una rete di giovani di vari Paesi africani in movimento, all'insegna di un futuro migliore. Il trattamento dei migranti africani in Libia è stato il detonatore che ha determinato una reazione: «L'immigrazione clandestina è un suicidio», è stato lo slogan della manifestazione giovanile ad Abidjan, alla vigilia dell'apertura del summit euro-africano. Le società civili africane, talvolta compresse da regimi autoritari o umiliate dalla corruzione, si fanno sentire e vogliono partecipare attivamente al rinnovamento.
Il vertice di Abidjan può rappresentare un'inversione di politica. L'Unione Europea si impegnerà con un cospicuo piano d'investimenti nell'ottica di lavorare con gli africani, cogliendo le opportunità economiche del continente. Soprattutto bisogna creare lavoro per i giovani. Non si tratta di aiuti, talvolta deviati in percorsi di corruzione, ma della possibilità di una crescita economica insieme. Il premier Gentiloni ha coinvolto quattro Paesi dell'Europa dell'Est, mostrando come l'Africa sia interesse comune del continente, perché - ha affermato - non è possibile che intervengano in Africa solo Unione Europea, Italia e Germania. Ha poi concluso concretamente: «Bisogna rimboccarsi le maniche e mettere mano anche al portafoglio».
Da Abidjan, in Costa d'Avorio, viene una buona notizia. Qui si è radunato dal 29 al 30 novembre il summit tra Unione Europea e Unione Africana su "Investire sui giovani per un avvenire duraturo". Non un convegno di studio, ma l'incontro di ottanta leader europei e africani. Si è trattato soprattutto di giovani africani, che sono la metà del continente. Questi troppo spesso lasciano la loro terra, divenuta matrigna. I motivi sono molteplici: guerre, violenza diffusa, crisi ecologica, desertificazione, ma anche fame di futuro e voglia di lavoro. Non credono più nei loro Paesi. Disperazione e speranza, allo stesso tempo, spingono i giovani africani verso l'Europa: rischiano la vita, cadono in mano di mafiosi che li trasportano per terra e per mare, finiscono prigionieri di banditi, talvolta venduti come schiavi (lo abbiamo visto in Libia).
C'è il problema di interrompere questi viaggi tragici. D'altra parte il problema dei governi europei è fermare l'immigrazione. Non basta però alzare muri. Anche i governi africani si stanno finalmente rendendo conto che non possono abbandonare i loro concittadini a una triste sorte, mentre finora sono stati fortemente indifferenti.
Bisogna sviluppare opportunità di lavoro in Africa. I giovani africani cominciano ad associarsi a questo processo: start-up, imprese, lavoro sono tematiche da loro trattate parallelamente al summit di Abidjan. Qui si è vista una rete di giovani di vari Paesi africani in movimento, all'insegna di un futuro migliore. Il trattamento dei migranti africani in Libia è stato il detonatore che ha determinato una reazione: «L'immigrazione clandestina è un suicidio», è stato lo slogan della manifestazione giovanile ad Abidjan, alla vigilia dell'apertura del summit euro-africano. Le società civili africane, talvolta compresse da regimi autoritari o umiliate dalla corruzione, si fanno sentire e vogliono partecipare attivamente al rinnovamento.
Il vertice di Abidjan può rappresentare un'inversione di politica. L'Unione Europea si impegnerà con un cospicuo piano d'investimenti nell'ottica di lavorare con gli africani, cogliendo le opportunità economiche del continente. Soprattutto bisogna creare lavoro per i giovani. Non si tratta di aiuti, talvolta deviati in percorsi di corruzione, ma della possibilità di una crescita economica insieme. Il premier Gentiloni ha coinvolto quattro Paesi dell'Europa dell'Est, mostrando come l'Africa sia interesse comune del continente, perché - ha affermato - non è possibile che intervengano in Africa solo Unione Europea, Italia e Germania. Ha poi concluso concretamente: «Bisogna rimboccarsi le maniche e mettere mano anche al portafoglio».
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