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Europa e Africa, un destino comune

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana

Economia, politica e sicurezza del Continente nero influiscono direttamente sul nostro futuro.

Le frontiere di un Paese, nel mondo globale, non si identificano con i confini geografici. Al contrario, i "sovranisti" credono che blindare i confini offra sicurezza. È la logica del muro per fermare migranti e rifugiati, com'è avvenuto quando questi salivano disperati per i Balcani. L'Italia, circondata dai mari, per geografia e storia non è portata alla blindatura delle frontiere, anche se qualcuno spinge in questo senso e promette impossibili sicurezze. Ho sempre pensato che le frontiere meridionali dell'Italia siano oltre il Mediterraneo.

Quello che accade in Africa, specie nel Sahel e nel Sahara, ci interessa da vicino. Qui è ricettacolo di molti traffici illeciti e di presenze terroriste. Qui passano le rotte dei migranti. La stabilità di Paesi come il Niger e il Burkina Faso è decisiva per l'Africa occidentale, ma anche per l'Italia e l'Europa. Ma la politica italiana li ha a lungo ignorati. Si pensi che l'ambasciata italiana in Costa d'Avorio copriva anche Niger e Burkina, così lontani, riducendo la presenza italiana a poco. Poi in Africa si chiudevano le ambasciate con l'insensata politica dei tagli che faceva risparmiare qualcosa in bilancio, ma in realtà faceva perdere tanto. Così, qualche anno fa, è stata chiusa l'ambasciata italiana in Guinea Conakry. Un'ambasciata in Africa è molto importante: rappresenta un centro di relazioni politiche, di cooperazione, commerciali.

Oggi l'Africa subsahariana e saheliana è entrata nell'orizzonte italiano. La prima spinta in questo senso è venuta dalla cooperazione: fu il Governo Monti ad aprire un ufficio della cooperazione italiana a Ouagadougou, capitale del Burkina. Poi sono venute le preoccupazioni per le rotte dei migranti. Oggi finalmente si sono aperte nuove ambasciate italiane in Burkina e Niger (e si è riaperta quella in Guinea). Non si tratta di interpretare questa presenza contro i migranti. La presenza militare italiana in Niger non va enfatizzata, ma discussa in quest'orizzonte d'impegno. Sono convinto che, per fermare l'immigrazione illegale e i trafficanti di esseri umani, bisogna agire su due piani: aprire canali legali di accesso per la protezione umanitaria, ma anche per la crisi demografica e il mercato del lavoro; aiutare i Paesi africani a motivare i loro giovani perché restino in Africa.

Gli Stati saheliani sono fragili, senza frontiere, terre di convivenza tra musulmani e cristiani (minoritari). Daesh ha proclamato la volontà di creare uno Stato islamico in questi vasti spazi desertici. Un grande Paese come il Burkina Faso, con 19 milioni di abitanti, è chiave nella regione e va sostenuto. Il Niger, con 20 milioni di abitanti, ha sofferto le ricadute della guerra e della crisi in Libia. Lo sviluppo, la solidità della democrazia, la sicurezza di questi Paesi sono parte integrante di un futuro migliore anche per l'Europa. Si conferma, ancora una volta, che Europa e Africa sono inscindibilmente legate.

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