LA PREGHIERA PER
LA PACE DOVREBBE ESSERE LA NOSTRA COMUNE INVOCAZIONE AL SIGNORE,
SOPRATTUTTO DURANTE LA QUARESIMA
Per questo il Papa dedica preghiera e digiuno del 23 febbraio a Sud Sudan e Congo
Il 23 febbraio, in Quaresima, papa Francesco presiede una preghiera per la pace in Sud Sudan e in Congo. È un gesto che ricorda la preghiera, voluta da Bergoglio, per la Siria nel 2013, in un momento di escalation della guerra. Di fronte all'indifferenza, queste preghiere sono un urlo che rompe il muro del silenzio e dell'impotenza. Mi chiedo perché nelle nostre chiese si preghi così poco per la pace, mentre dovrebbe essere la nostra comune e incessante invocazione al Signore. Molti si domandano: che posso fare io di fronte a guerre lontane? La situazione del Congo, un grande Paese di 82 milioni di abitanti e dalle cospicue ricchezze, è gravissima. Dalla metà degli anni '90 fino al 2003 ci sono state due terribili guerre; ora la crisi è determinata dall'elezione del presidente (l'attuale, Joseph Kabila, vuole ripresentarsi, ma non ne ha la possibilità legale). Bande armate, fame, carenza di strutture sanitarie, scarsa sicurezza, violenze sulle donne e ora anche colera sono alcuni mali che colpiscono una popolazione inerme. Eppure, se ci fosse pace, il Congo potrebbe essere un Paese prospero. Di fronte alla repressione delle manifestazioni dei cattolici, il cardinale Monsengwo, arcivescovo di Kinshasa ha dichiarato: «Siamo in una prigione a cielo aperto? Come si possono uccidere uomini, donne, bambini, giovani e vecchi mentre scandiscono canti religiosi, con bibbie, rosari e crocifissi?».
Ingarbugliata è anche la realtà del Sud Sudan, che dal 2013 è preda di un conflitto etnico tra dinka e nuer. Nonostante le grandi risorse petrolifere, è allo stremo. Metà dei 12 milioni di abitanti sono sfollati e le violenze sulla popolazione si moltiplicano. Ci sono chiare responsabilità delle classi politiche; ma anche gravi responsabilità internazionali. Non si può accettare il cinismo di chi sfrutta le risorse naturali e accetta il conflitto. Ci siamo rassegnati a convivere con la guerra (soprattutto quella degli altri). La preghiera del 23 febbraio, accompagnata dal digiuno, vuol essere un grido d'invocazione per la pace al Signore dell'impossibile, ma anche un urlo di protesta di fronte al mondo e ai signori della guerra. Possa dar origine a una coscienza e a un movimento di pace anche nel nostro Paese.
Sant'Egidio si unisce alla preghiera del papa. In tutte le città veglia di preghiera ore 20
Per questo il Papa dedica preghiera e digiuno del 23 febbraio a Sud Sudan e Congo
Il 23 febbraio, in Quaresima, papa Francesco presiede una preghiera per la pace in Sud Sudan e in Congo. È un gesto che ricorda la preghiera, voluta da Bergoglio, per la Siria nel 2013, in un momento di escalation della guerra. Di fronte all'indifferenza, queste preghiere sono un urlo che rompe il muro del silenzio e dell'impotenza. Mi chiedo perché nelle nostre chiese si preghi così poco per la pace, mentre dovrebbe essere la nostra comune e incessante invocazione al Signore. Molti si domandano: che posso fare io di fronte a guerre lontane? La situazione del Congo, un grande Paese di 82 milioni di abitanti e dalle cospicue ricchezze, è gravissima. Dalla metà degli anni '90 fino al 2003 ci sono state due terribili guerre; ora la crisi è determinata dall'elezione del presidente (l'attuale, Joseph Kabila, vuole ripresentarsi, ma non ne ha la possibilità legale). Bande armate, fame, carenza di strutture sanitarie, scarsa sicurezza, violenze sulle donne e ora anche colera sono alcuni mali che colpiscono una popolazione inerme. Eppure, se ci fosse pace, il Congo potrebbe essere un Paese prospero. Di fronte alla repressione delle manifestazioni dei cattolici, il cardinale Monsengwo, arcivescovo di Kinshasa ha dichiarato: «Siamo in una prigione a cielo aperto? Come si possono uccidere uomini, donne, bambini, giovani e vecchi mentre scandiscono canti religiosi, con bibbie, rosari e crocifissi?».
Ingarbugliata è anche la realtà del Sud Sudan, che dal 2013 è preda di un conflitto etnico tra dinka e nuer. Nonostante le grandi risorse petrolifere, è allo stremo. Metà dei 12 milioni di abitanti sono sfollati e le violenze sulla popolazione si moltiplicano. Ci sono chiare responsabilità delle classi politiche; ma anche gravi responsabilità internazionali. Non si può accettare il cinismo di chi sfrutta le risorse naturali e accetta il conflitto. Ci siamo rassegnati a convivere con la guerra (soprattutto quella degli altri). La preghiera del 23 febbraio, accompagnata dal digiuno, vuol essere un grido d'invocazione per la pace al Signore dell'impossibile, ma anche un urlo di protesta di fronte al mondo e ai signori della guerra. Possa dar origine a una coscienza e a un movimento di pace anche nel nostro Paese.
Sant'Egidio si unisce alla preghiera del papa. In tutte le città veglia di preghiera ore 20
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