Di fronte all'interminabile massacro della guera in Siria, Andrea Riccardi torna a rivolgere il suo appello dalle pagine di Famiglia Cristiana:
È ora di interrompere questa spirale di male, aiutando una popolazione già stremata. Assad, i ribelli, la galassia jihadista, Russia, Stati Uniti, Turchia, Iran, Paesi del Golfo: tutti devono trovare la via di un accordo. E noi non possiamo voltarci dall'altra parte come abbiamo fatto a lungo.
«Perché il nostro sangue è divenuto insignificante?», si chiede su Twitter un quindicenne di Ghouta, a est di Damasco. Nonostante sia interdetto dai governativi l'accesso di giornalisti e personale umanitario a questa vasta area suburbana (circa 400 mila residenti), giungono tramite i social molti messaggi e video che mostrano una città distrutta. In una settimana sono morte centinaia di persone sotto le bombe siriane e russe, sotto i terribili barili esplosivi lanciati dagli elicotteri di Assad, il terrore di mezza Siria. Sono morti tanti bambini e adolescenti, più di 100 sembra. Una madre, nascosta sotto terra con i figli, ha detto a L'Espresso: «Non possiamo scappare. Ci muoviamo come topi solo per nasconderci». Vari presidi sanitari sono stati colpiti. La popolazione è allo stremo, affamata e senza medicine. Gli abitanti di Ghouta sono ostaggio di vari gruppi di jihadisti che, da parte loro, lanciano missili su alcuni quartieri della capitale siriana. Assad vuole eliminarli e riprendere il controllo della città. Sabato 24 febbraio è stata approvata dal Consiglio di sicurezza Onu una tregua per l'evacuazione dei civili, dopo un lungo braccio di ferro. Inizia un processo, seppure con tante incognite, il cui prezzo sarà ancora pagato dal sangue di gente «insignificante», come dice il ragazzo di Ghouta.
Dal 2011 la Siria è dilaniata dalla guerra: mezzo milione di morti, cinque milioni di rifugiati, un intero Paese sconvolto. Intricate partite internazionali sono state giocate sulla testa del popolo siriano, mentre il Governo di Assad, pur di restare al potere, ha bombardato i suoi cittadini. Dalla gola del conflitto è sorto, come un mostro, lo Stato islamico, ora sconfitto.
Ma non si cambia metodo da sette anni: uccisioni, bombardamenti, combattimenti con una crudeltà senza limiti. Non c'è accordo tra i "player" internazionali. Credono nella guerra, che invece ha mostrato, in questi anni, il suo volto più crudele: quando si risolveva un problema se ne apriva un altro, mentre si moltiplicavano gli attori armati e si annodavano giochi molteplici, i cui fili sono tenuti dall'esterno.
Da Aleppo a Ghouta: la stessa logica da anni. È ora di interrompere questa spirale del male, che porterà ai siriani altri anni di dolore e di guerra. Ma come? I nostri sono pensieri utopici? Bisogna che l'opinione pubblica dei Paesi democratici ritrovi la volontà e l'energia di esigere la pace. Ci vuole un movimento di pace. D'altra parte, bisogna dare garanzie di sopravvivenza a tutti gli attori di questo gioco infernale, ricucendo un dialogo. Nessuno vincerà in Siria. Non s'illudano! Anzi, ci sono potenziali rischi di allargamento del conflitto, in un campo in cui si confrontano turchi e americani, e questi ultimi con i russi (mai così vicini allo scontro da decenni). Soprattutto si devono risparmiare altri anni di guerra ai siriani tutti, cominciando dai bambini.
Il primo appello di Andrea Riccardi, il 15 luglio 2014. L'appello - più volte rinnovato - venne sottoscritto da migliaia di persone, tra cui personalità del mondo politico e culturale, da premi Nobel erappresentanti degli Stati e dell'e Nazioni Unite, ma anvcora dopo quasi 4 anni è rimasto inascoltato.
Forse ti interessa anche:
A Aleppo e in Siria è finita l'umanità
È ora di interrompere questa spirale di male, aiutando una popolazione già stremata. Assad, i ribelli, la galassia jihadista, Russia, Stati Uniti, Turchia, Iran, Paesi del Golfo: tutti devono trovare la via di un accordo. E noi non possiamo voltarci dall'altra parte come abbiamo fatto a lungo.
«Perché il nostro sangue è divenuto insignificante?», si chiede su Twitter un quindicenne di Ghouta, a est di Damasco. Nonostante sia interdetto dai governativi l'accesso di giornalisti e personale umanitario a questa vasta area suburbana (circa 400 mila residenti), giungono tramite i social molti messaggi e video che mostrano una città distrutta. In una settimana sono morte centinaia di persone sotto le bombe siriane e russe, sotto i terribili barili esplosivi lanciati dagli elicotteri di Assad, il terrore di mezza Siria. Sono morti tanti bambini e adolescenti, più di 100 sembra. Una madre, nascosta sotto terra con i figli, ha detto a L'Espresso: «Non possiamo scappare. Ci muoviamo come topi solo per nasconderci». Vari presidi sanitari sono stati colpiti. La popolazione è allo stremo, affamata e senza medicine. Gli abitanti di Ghouta sono ostaggio di vari gruppi di jihadisti che, da parte loro, lanciano missili su alcuni quartieri della capitale siriana. Assad vuole eliminarli e riprendere il controllo della città. Sabato 24 febbraio è stata approvata dal Consiglio di sicurezza Onu una tregua per l'evacuazione dei civili, dopo un lungo braccio di ferro. Inizia un processo, seppure con tante incognite, il cui prezzo sarà ancora pagato dal sangue di gente «insignificante», come dice il ragazzo di Ghouta.
Dal 2011 la Siria è dilaniata dalla guerra: mezzo milione di morti, cinque milioni di rifugiati, un intero Paese sconvolto. Intricate partite internazionali sono state giocate sulla testa del popolo siriano, mentre il Governo di Assad, pur di restare al potere, ha bombardato i suoi cittadini. Dalla gola del conflitto è sorto, come un mostro, lo Stato islamico, ora sconfitto.
Ma non si cambia metodo da sette anni: uccisioni, bombardamenti, combattimenti con una crudeltà senza limiti. Non c'è accordo tra i "player" internazionali. Credono nella guerra, che invece ha mostrato, in questi anni, il suo volto più crudele: quando si risolveva un problema se ne apriva un altro, mentre si moltiplicavano gli attori armati e si annodavano giochi molteplici, i cui fili sono tenuti dall'esterno.
Da Aleppo a Ghouta: la stessa logica da anni. È ora di interrompere questa spirale del male, che porterà ai siriani altri anni di dolore e di guerra. Ma come? I nostri sono pensieri utopici? Bisogna che l'opinione pubblica dei Paesi democratici ritrovi la volontà e l'energia di esigere la pace. Ci vuole un movimento di pace. D'altra parte, bisogna dare garanzie di sopravvivenza a tutti gli attori di questo gioco infernale, ricucendo un dialogo. Nessuno vincerà in Siria. Non s'illudano! Anzi, ci sono potenziali rischi di allargamento del conflitto, in un campo in cui si confrontano turchi e americani, e questi ultimi con i russi (mai così vicini allo scontro da decenni). Soprattutto si devono risparmiare altri anni di guerra ai siriani tutti, cominciando dai bambini.
Il primo appello di Andrea Riccardi, il 15 luglio 2014. L'appello - più volte rinnovato - venne sottoscritto da migliaia di persone, tra cui personalità del mondo politico e culturale, da premi Nobel erappresentanti degli Stati e dell'e Nazioni Unite, ma anvcora dopo quasi 4 anni è rimasto inascoltato.
Forse ti interessa anche:
A Aleppo e in Siria è finita l'umanità
Commenti
Posta un commento