LA SOFFERENZA DEGLI INNOCENTI
Nella foto, un bambino ferito tra le macerie di Douma, alle porte di Damasco.
Quanto accaduto nell'area alle porte di Damasco è il riflesso delle dinamiche del conflitto
Sono sette gli anni di guerra in Siria. Nella primavera del 2011, i manifestanti scesero in piazza gridando "libertà". Speravano in una primavera democratica in un Paese retto con pugno di ferro dal regime di Bashar al-Assad, al potere dal 2000. Presto la primavera, colpita da una dura repressione governativa, si è trasformata nell'inferno della guerra. I radicali hanno preso la guida dell'opposizione. Alcuni erano stati liberati dal carcere siriano: si sospetta che Assad abbia giocato la carta della radicalizzazione del conflitto per presentare il regime come muro contro il caos islamista. Russia e Iran hanno difeso tenacemente l'alleato siriano, mentre la politica americana è stata fluttuante. Intanto la Turchia è entrata pesantemente nel gioco. Arabia Saudita e Qatar hanno avuto un loro ruolo. La guerra civile è divenuta anche un conflitto d'influenze mondiali. C'è un posto che il mondo non conosceva: la Ghouta, grande oasi alle porte di Damasco, roccaforte ribelle, assediata dai siriani che - secondo fonti veritiere per gli occidentali ma non per i russi - avrebbero usato armi chimiche. Gli americani, gli inglesi e i francesi hanno colpito alcuni obiettivi siriani per ritorsione contro l'uso dei gas. Grave è la tensione tra Russia e Stati Uniti. La Ghouta, popolata da povera gente, racchiude il dramma siriano. Qui, nel giugno 2011, arrivò il militante salafita Zahran Allouche, liberato da Damasco, che divenne un piccolo dittatore, assassinato poi nel 2015. Qui si sono moltiplicati i gruppi radicali con risvolti banditeschi, talvolta in conflitto tra loro. Sopravvivere sette anni in un'enclave assediata è stato molto duro per gente affamata, ostaggio di lotte interne, sotto bombardamenti quotidiani. In tutta la regione molto più della metà delle case sono a terra. Ora l'assedio della Ghouta è finito con la vittoria di Assad. Da qui si tiravano missili su Damasco: era una spina nel fianco per il regime. La comunità internazionale è paralizzata, come l'Onu. L'uso delle armi chimiche, se provato, conferma una volta in più che il Governo di Assad è senza scrupoli. Le rappresaglie non cambiano il quadro. Ci vuole un passaggio a un'altra logica. Tutti invece confidano ancora nella guerra: il Governo e i suoi alleati, i guerriglieri di ogni fazione, la Turchia, gli occidentali che, nonostante il prospettato disimpegno americano, ora puniscono Assad... La questione è invece cambiare radicalmente strada, fermare la guerra e costruire un futuro per tutti in Siria. Bisogna passare al negoziato. Usa e Russia devono riprendere a parlarsi. Finché non si dirà basta alle armi, ogni male è possibile.
Nella foto, un bambino ferito tra le macerie di Douma, alle porte di Damasco.
Quanto accaduto nell'area alle porte di Damasco è il riflesso delle dinamiche del conflitto
Sono sette gli anni di guerra in Siria. Nella primavera del 2011, i manifestanti scesero in piazza gridando "libertà". Speravano in una primavera democratica in un Paese retto con pugno di ferro dal regime di Bashar al-Assad, al potere dal 2000. Presto la primavera, colpita da una dura repressione governativa, si è trasformata nell'inferno della guerra. I radicali hanno preso la guida dell'opposizione. Alcuni erano stati liberati dal carcere siriano: si sospetta che Assad abbia giocato la carta della radicalizzazione del conflitto per presentare il regime come muro contro il caos islamista. Russia e Iran hanno difeso tenacemente l'alleato siriano, mentre la politica americana è stata fluttuante. Intanto la Turchia è entrata pesantemente nel gioco. Arabia Saudita e Qatar hanno avuto un loro ruolo. La guerra civile è divenuta anche un conflitto d'influenze mondiali. C'è un posto che il mondo non conosceva: la Ghouta, grande oasi alle porte di Damasco, roccaforte ribelle, assediata dai siriani che - secondo fonti veritiere per gli occidentali ma non per i russi - avrebbero usato armi chimiche. Gli americani, gli inglesi e i francesi hanno colpito alcuni obiettivi siriani per ritorsione contro l'uso dei gas. Grave è la tensione tra Russia e Stati Uniti. La Ghouta, popolata da povera gente, racchiude il dramma siriano. Qui, nel giugno 2011, arrivò il militante salafita Zahran Allouche, liberato da Damasco, che divenne un piccolo dittatore, assassinato poi nel 2015. Qui si sono moltiplicati i gruppi radicali con risvolti banditeschi, talvolta in conflitto tra loro. Sopravvivere sette anni in un'enclave assediata è stato molto duro per gente affamata, ostaggio di lotte interne, sotto bombardamenti quotidiani. In tutta la regione molto più della metà delle case sono a terra. Ora l'assedio della Ghouta è finito con la vittoria di Assad. Da qui si tiravano missili su Damasco: era una spina nel fianco per il regime. La comunità internazionale è paralizzata, come l'Onu. L'uso delle armi chimiche, se provato, conferma una volta in più che il Governo di Assad è senza scrupoli. Le rappresaglie non cambiano il quadro. Ci vuole un passaggio a un'altra logica. Tutti invece confidano ancora nella guerra: il Governo e i suoi alleati, i guerriglieri di ogni fazione, la Turchia, gli occidentali che, nonostante il prospettato disimpegno americano, ora puniscono Assad... La questione è invece cambiare radicalmente strada, fermare la guerra e costruire un futuro per tutti in Siria. Bisogna passare al negoziato. Usa e Russia devono riprendere a parlarsi. Finché non si dirà basta alle armi, ogni male è possibile.
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