C'è rabbia, la speranza sembra smarrita. Ricostruire il tessuto sociale è per tutti un dovere
L'editoriale di Andrea Riccardi per Famiglia Cristiana del 10 giugno 2018
Finalmente l'Italia ha un Governo, dopo quasi tre mesi di estenuanti tentativi e conciliaboli. Tra i problemi più gravi la situazione d'incertezza degli italiani e i rischi che la stabilità della nostra economia andava correndo. Intanto l'Europa e il mondo ci guardavano attoniti, chiedendosi che cosa sarà dell'Italia. Anche perché ormai con l'Europa unita e con la globalizzazione siamo tutti legati. La crisi di un grande Paese come il nostro si contagia. «Che succede in Italia?», mi sono sentito chiedere pochi giorni fa in Albania, un Paese che dipende tanto dall'Italia per il commercio e quindi per il suo benessere.
Il fatto più preoccupante di questo periodo è stato il clima nel Paese: rabbia, forti tensioni, criminalizzazione dell'altro, attacco al presidente della Repubblica... Tutto questo è stato veicolato dai social media senza autocontrollo. Si tratta di odio a rischio di degenerazione, non di vitalità della democrazia. Dopo decenni di politica ideologica, siamo oggi approdati alla politica dei sentimenti, di per sé volubili, che talvolta si esprimono in modo da stadio. C'è rabbia nel Paese: sembra smarrita la speranza di un futuro migliore. Tante sono le difficoltà, soprattutto delle fasce più deboli e anche di quello che un tempo si chiamava il ceto medio. Non vanno sottovalutate. La risposta è una politica seria, che affronti queste problematiche, che favorisca la crescita economica e accresca le possibilità di lavoro, specie per i giovani. L'origine dei nostri problemi non è certo la presenza degli immigrati: un tema molto enfatizzato, che va ricondotto alle sue dimensioni reali. Forse bisogna apprendere a essere ragionevoli, anche se la ragionevolezza sembra non avere troppa cittadinanza in questa stagione. Gli italiani hanno votato. E, anche grazie alla tenacia del presidente Mattarella, l'Italia ha oggi un Governo politico (cui partecipano alcuni tecnici, tra cui il presidente del Consiglio, dopo che l'essere ministri tecnici era additato come fatto negativo nella polemica politica). Il Governo può agire: conta su una solida maggioranza parlamentare. Lo vedremo alla prova dei fatti. C'è, però, una responsabilità che riguarda tutti: ricostruire il tessuto umano di tanti ambienti sociali, lacerato da tensioni e contrapposizioni.
Ha scritto il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti: «È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell'Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale». Abbiamo, come italiani, un destino comune. C'è un bene comune da realizzare in un clima costruttivo e di pace sociale. E poi - ne sono convinto - va recuperata quell'umanità italiana, un po' logorata, tanto intrisa di pietas cristiana, di senso della persona, di tenerezza per i deboli e i bambini, di sentire familiare e comunitario. Non è retorica, è la nostra storia. Soprattutto è esperienza umana del nostro Paese. La sua ricchezza umana ci ha reso forti nelle difficoltà. È un patrimonio da non sprecare nell'orgia delle emozioni e delle contrapposizioni.
L'editoriale di Andrea Riccardi per Famiglia Cristiana del 10 giugno 2018
Finalmente l'Italia ha un Governo, dopo quasi tre mesi di estenuanti tentativi e conciliaboli. Tra i problemi più gravi la situazione d'incertezza degli italiani e i rischi che la stabilità della nostra economia andava correndo. Intanto l'Europa e il mondo ci guardavano attoniti, chiedendosi che cosa sarà dell'Italia. Anche perché ormai con l'Europa unita e con la globalizzazione siamo tutti legati. La crisi di un grande Paese come il nostro si contagia. «Che succede in Italia?», mi sono sentito chiedere pochi giorni fa in Albania, un Paese che dipende tanto dall'Italia per il commercio e quindi per il suo benessere.
Il fatto più preoccupante di questo periodo è stato il clima nel Paese: rabbia, forti tensioni, criminalizzazione dell'altro, attacco al presidente della Repubblica... Tutto questo è stato veicolato dai social media senza autocontrollo. Si tratta di odio a rischio di degenerazione, non di vitalità della democrazia. Dopo decenni di politica ideologica, siamo oggi approdati alla politica dei sentimenti, di per sé volubili, che talvolta si esprimono in modo da stadio. C'è rabbia nel Paese: sembra smarrita la speranza di un futuro migliore. Tante sono le difficoltà, soprattutto delle fasce più deboli e anche di quello che un tempo si chiamava il ceto medio. Non vanno sottovalutate. La risposta è una politica seria, che affronti queste problematiche, che favorisca la crescita economica e accresca le possibilità di lavoro, specie per i giovani. L'origine dei nostri problemi non è certo la presenza degli immigrati: un tema molto enfatizzato, che va ricondotto alle sue dimensioni reali. Forse bisogna apprendere a essere ragionevoli, anche se la ragionevolezza sembra non avere troppa cittadinanza in questa stagione. Gli italiani hanno votato. E, anche grazie alla tenacia del presidente Mattarella, l'Italia ha oggi un Governo politico (cui partecipano alcuni tecnici, tra cui il presidente del Consiglio, dopo che l'essere ministri tecnici era additato come fatto negativo nella polemica politica). Il Governo può agire: conta su una solida maggioranza parlamentare. Lo vedremo alla prova dei fatti. C'è, però, una responsabilità che riguarda tutti: ricostruire il tessuto umano di tanti ambienti sociali, lacerato da tensioni e contrapposizioni.
Ha scritto il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti: «È infatti eticamente doveroso lavorare per il bene comune dell'Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale». Abbiamo, come italiani, un destino comune. C'è un bene comune da realizzare in un clima costruttivo e di pace sociale. E poi - ne sono convinto - va recuperata quell'umanità italiana, un po' logorata, tanto intrisa di pietas cristiana, di senso della persona, di tenerezza per i deboli e i bambini, di sentire familiare e comunitario. Non è retorica, è la nostra storia. Soprattutto è esperienza umana del nostro Paese. La sua ricchezza umana ci ha reso forti nelle difficoltà. È un patrimonio da non sprecare nell'orgia delle emozioni e delle contrapposizioni.
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