Passa ai contenuti principali

Diamo un futuro ai giovani africani


Si parla tanto di come fermare gli sbarchi, ma il vero problema è attivare politiche che convincano i giovani africani a restare nel loro Paese. 

Un diplomatico europeo, che evocava i circa 1.000 morti nel Mediterraneo nei primi sei mesi del 2018, ha sentito un collega libico rispondergli: «I morti nei viaggi e nel deserto sono il doppio. Anzi, non lo sapremo mai». Gli europei discutono accanitamente di quel che vedono: migranti e rifugiati che si affacciano sul Mediterraneo o sbarcano sulle coste. Si teme l'invasione. Talvolta ci si commuove, quando si vede il corpicino di un bambino senza vita in mare. La paura non ci ha fatto perdere del tutto l'umanità. Ma che fare? Molti europei si sentono in preda a flussi incontrollabili. Così si ripete il mantra: «Non possiamo accogliere tutti gli africani». Mantra che giustifica la durezza, ma soprattutto l'assenza di pensiero e di progetto. Ci vuole invece una visione larga e di lungo periodo. Da dove viene chi approda in Italia? Nel 2017, i nigeriani sono stati i1 17% degli sbarcati, seguiti da guineani, ivoriani e bangla (ciascun gruppo tra 1'8 e il 9%). I migranti provengono anche da Mali, Eritrea, Sudan, Tunisia, Marocco, Senegal, Gambia. L'emigrazione da Paesi come l'Eritrea, il Sudan e il Mali è frutto di difficili situazioni politico-militari. Non possiamo dimenticare la responsabilità verso i rifugiati. In tanti Paesi, però, il sogno di un futuro migliore spinge i giovani al rischioso "viaggio" attraverso il deserto e il mare. I "viaggiatori" sono per lo più maschi (74%) e giovani: molti i minori non accompagnati (14,5%). Spesso un'intera famiglia o un gruppo investono su di loro, pagando le reti criminali dei viaggi. Gli accordi non sempre sono rispettati e i "viaggiatori" subiscono violenze, spoliazioni e ricatti... Sono storie spesso nascoste al proprio ambiente per orgoglio. Vanno interrotte, creando presenze umanitarie lungo la strada, come in Niger e in Burkina Faso, che consentano assistenza e possibilità di rientro. Sappiamo quali siano le condizioni dei migranti in Libia.
Si parla tanto di come fermare gli sbarchi, ma niente su come agire all'origine dei viaggi. È invece il problema più grosso. Costa d'Avorio o Guinea non possono nulla per evitare gli esodi drammatici? Quando ci fu l'epidemia di ebola, i governi africani esercitarono un controllo sulle frontiere. Non si tratta però solo di misure repressive, ci vuole una politica che dia più opportunità ai giovani africani nei loro Paesi, infrangendo il mito che il futuro sia solo in Europa. Andarsene per molti ragazzi è una muta protesta contro i governi e una nazione matrigna, quasi una scelta di coraggio. Ma ci vuole una collaborazione tra Stati europei e africani che sostenga invece il coraggio di lavorare in Africa.
E poi non si può chiudere ogni accesso: le nostre economie e società hanno bisogno di migranti. Bisogna riaprire i flussi legali, ormai del tutto chiusi: anche questa è una speranza e un contrasto alle illusioni seminate sistematicamente dai trafficanti di esseri umani. Per questo ci vuole una visione narrata anche agli europei, perché escano da una logica solo di emozioni.

Editoriale di Andrea Riccardi per Famiglia Cristiana del 9 agosto 2018

Commenti

Post popolari in questo blog

Solo il cardinale Matteo Zuppi sta cercando davvero la pace

Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca  La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine.  Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s...

I corridoi lavorativi: modello di accoglienza e buon senso

Sono un modo sicuro per integrare i rifugiati e avere la manodopera di cui abbiamo bisogno La sorpresa è venuta dalla società italiana: a fronte dei 151.000 posti messi in palio dal decreto flussi (non stagionali), le domande degli italiani sono state oltre 690.000. Una massa di richieste a dimostrazione dell'enorme bisogno di manodopera in quasi tutti i settori. La decrescita demografica rende urgente cercare manodopera all'estero.  La paura e l'allarmismo hanno paralizzato la politica che non ha trovato una soluzione ragionevole. I Governi della Ue sono immobilizzati dallo spirito del tempo: paura dei migranti e idea che ognuno debba fare da sé.  Ma i dati parlano chiaro: l'economia europea ha bisogno di manodopera, ma soprattutto l'inverno demografico rende sempre più urgente un rimedio. In Italia c'è forte inquietudine: secondo i dati dell'Istituto Cattaneo, dovremo andare a cercare gli immigrati, pena il crollo dell'economia perché per cinque pens...

La guerra non è inevitabile e il mondo non si deve rassegnare

Papa Francesco entrando all'Arena di Verona saluta Andrea Riccardi  È la costante profezia del Papa: per realizzarla, bisogna investire tutti su diplomazia e dialogo Papa Francesco ha presieduto, sabato 18 maggio, all'Arena di Verona, l'incontro Giustizia e pace si baceranno . L'"Arena di Pace", nata nel 1986, ha avuto sei edizioni. Due nel 1991, il periodo della prima guerra del Golfo, che segnò la massima mobilitazione per la pace. Dal 2003 questo evento non si teneva più.  Negli ultimi due decenni il movimento della pace ha coinvolto meno persone. Resta ancora in Italia un tessuto importante di realtà associative, ma complessivamente il tema della pace è uscito dal dibattito pubblico. Sembra un paradosso, si parla meno di pace proprio quando l'Europa si trova di fronte a un grave conflitto che, a partire dall'aggressione russa, sta dilaniando l'Ucraina. Si aggiunge la drammatica situazione in Terra Santa: l`aggressione terroristica d'Israe...