Contribuì alla fine del comunismo, dialogò con gli altri cristiani e le altre fedi.
Quarant'anni fa, veniva eletto Giovanni Paolo II. Sembra un tempo lontano: il mondo era quello della Guerra fredda, i Paesi del Sud facevano i primi passi dopo la decolonizzazione. Il comunismo, allora realtà forte, era l'ideologia ufficiale di tanti partiti, ma anche di potenze e Stati influenti. In Occidente, dopo il Vaticano II (anche se non a causa di esso), la società si secolarizzava e si allontanava dalla pratica della fede. Il pontificato di Paolo VI, l'ultimo Papa italiano, era stato contestato come mai era accaduto nella storia recente. La Chiesa cattolica appariva in crisi, nonostante il rinnovamento. I cardinali, riuniti in Conclave, scelsero un candidato, come Karol Wojtyla, che aveva testimoniato la fede tra le difficoltà. Il regime e i servizi dell'Urss non l'avevano previsto e, sorpresi, valutarono negativamente l'impatto del nuovo Papa in Polonia e nell'Est.
Wojtyla, arcivescovo di Cracovia, padre conciliare del Vaticano II, fin dal suo primo intervento da Pontefice colse il cuore del sentimento che attanagliava i cristiani dell'Est e che rendeva quelli dell'Occidente timidi verso la modernità: «Non abbiate paura!» fu il suo primo e fondamentale messaggio, che sgorgava da una grande fede e da un'energia pastorale inusitata.
Era un uomo intrepido, che comunicava coraggio. Il suo lunghissimo pontificato (dal 16 ottobre 1978 al 2 aprile 2005) passa attraverso diverse stagioni: un grande impegno pastorale, l'attentato, il magistero e la predicazione, la pastoralità come vescovo di Roma, il contatto personale, l'incontro con le folle, il rinnovamento... Ha compiuto 104 viaggi apostolici fuori dall'Italia: in Polonia, Francia,Usa, Spagna, Messico, Portogallo, Brasile, Svizzera e in altri Paesi. In Italia, oltre Roma, ha fatto ben 146 visite. Ratzinger ha scritto che è stato l'uomo del suo tempo che ha incontrato direttamente più esseri umani: non solo cattolici, ma cristiani di tutte le confessioni, gente di varia religione, non credenti, autorità e poveri. Si è principalmente sentito un "evangelizzatore" nella Chiesa, comunicando in ogni modo il Vangelo. Uomo di pace, ha favorito l'incontro, convocato le religioni ad Assisi nel 1986 per pregare per la pace. Affondava le sue radici negli anni dolorosi del secondo conflitto mondiale e si sentiva mandato, fino alla morte, a ricordare l'orrore della guerra e il grande bene della pace. Di lui il poeta Turoldo ha scritto con grande finezza:
Wojtyla, sei il vento
della speranza non vinta
dei reticolati di Auschwitz,
e non solo per la tua Polonia. Vento di speranza
oltre tutte le frontiere,
vento sulle foreste: vento più alto
dei nostri orgogli
o uomini trastulli
d'infinite paure.
Forse solo le parole di un poeta possono cogliere quel vento dello Spirito, rappresentato dall'uomo Wojtyla e dal Papa che volle chiamarsi Giovanni Paolo II.
Editoriale di Andrea Riccardi per Famiglia Cristiana del 21 ottobre 2018
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