«SIAMO SPESSO SORDI DI FRONTE A CHI SOFFRE NEI CONFLITTI: L'ATTENZIONE È IL PRIMO PASSO CONTRO LA GUERRA»
Nadia Murad, 25 anni, yazida che ha vissuto la persecuzione dell'Isis in Iraq e Denis Mukwege, 63 anni, ginecologo in Repubblica democratica del Congo. Entrambi operano per difendere le vittime di stupri e abusi
Due persone diverse, Nadia Murad (25 anni) e Denis Mukwege (63 anni), sono i vincitori del Premio Nobel per la pace 2018. Scelte di grande significato, in un tempo rassegnato alla guerra, specie se degli altri... Che possiamo farci?
Nascosti dietro la nostra irrilevanza, siamo spesso sordi di fronte ai dolori di chi è coinvolto nei conflitti. Ma l'attenzione è il primo passo contro la guerra. Il Nobel 2018 ci risveglia, facendoci udire le voci del dolore. La guerra non è una muta fotografia di terre lontane, ma il dolore vivo della carne di donne, bambini, uomini.
Nadia Murad conosce sul proprio corpo il dolore della guerra in Iraq e la terribile tirannia di Daesh, il sedicente califfato islamico (che le ha ucciso la madre e sei fratelli). Appartiene alla minoranza yazida, che vive tra Iraq e Siria. Gli yazidi, da sempre perseguitati, protessero i cristiani durante la Prima guerra mondiale. Rivedo ancora i volti tristi degli yazidi obbligati da Daesh alla conversione all'islam. Altri sono stati uccisi: sembra 5 mila uomini. Per le donne rapite nel 2014 (forse 10mila), c'è stato un destino barbaro: divenire schiave del sesso dei militanti fondamentalisti. La loro vita era uno stupro continuo.
Murad è riuscita a fuggire e ha fatto sua la battaglia per le donne che hanno subìto la violenza sessuale da Daesh: «Questo premio», ha dichiarato, «è per tutte le donne del Medio Oriente, tutti gli iracheni, i curdi e le minoranze perseguitate. Bisogna continuare a lottare perché la mentalità dello Stato islamico può annidarsi ovunque».
Denis Mukwege, ginecologo, lavora a Bukavu in Congo al Panzi Hospital: il suo lavoro mette in luce il lato oscuro della guerra infinita della Repubblica democratica del Congo, con sei milioni di morti, terminata ufficialmente da tempo, ma che dura ancora nell'insicurezza quotidiana, negli scontri tra gruppi armati e militari. Una violenza diffusa senza fine. E il dolore - tanto ignorato - delle migliaia di donne vittime di abusi e violenze sessuali delle truppe o di uomini armati, che le trattano come oggetti o peggio. Mukwege cura queste donne e cerca di far loro giustizia innanzi a istituzioni statali fragili e corrotte. La sua posizione è rischiosa, anche perché ha accusato il suo Governo di non proteggere le donne. Sfuggito a un attentato, ha deciso di restare a Bukavu per la sua battaglia. Denis e Nadia non si conoscono, ma operano nello stesso senso: chiedono al mondo di ascoltare la voce delle donne violate, per difenderle e aiutarle, ma anche per capire meglio l'orrore della guerra.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana
Nadia Murad, 25 anni, yazida che ha vissuto la persecuzione dell'Isis in Iraq e Denis Mukwege, 63 anni, ginecologo in Repubblica democratica del Congo. Entrambi operano per difendere le vittime di stupri e abusi
Due persone diverse, Nadia Murad (25 anni) e Denis Mukwege (63 anni), sono i vincitori del Premio Nobel per la pace 2018. Scelte di grande significato, in un tempo rassegnato alla guerra, specie se degli altri... Che possiamo farci?
Nascosti dietro la nostra irrilevanza, siamo spesso sordi di fronte ai dolori di chi è coinvolto nei conflitti. Ma l'attenzione è il primo passo contro la guerra. Il Nobel 2018 ci risveglia, facendoci udire le voci del dolore. La guerra non è una muta fotografia di terre lontane, ma il dolore vivo della carne di donne, bambini, uomini.
Nadia Murad conosce sul proprio corpo il dolore della guerra in Iraq e la terribile tirannia di Daesh, il sedicente califfato islamico (che le ha ucciso la madre e sei fratelli). Appartiene alla minoranza yazida, che vive tra Iraq e Siria. Gli yazidi, da sempre perseguitati, protessero i cristiani durante la Prima guerra mondiale. Rivedo ancora i volti tristi degli yazidi obbligati da Daesh alla conversione all'islam. Altri sono stati uccisi: sembra 5 mila uomini. Per le donne rapite nel 2014 (forse 10mila), c'è stato un destino barbaro: divenire schiave del sesso dei militanti fondamentalisti. La loro vita era uno stupro continuo.
Murad è riuscita a fuggire e ha fatto sua la battaglia per le donne che hanno subìto la violenza sessuale da Daesh: «Questo premio», ha dichiarato, «è per tutte le donne del Medio Oriente, tutti gli iracheni, i curdi e le minoranze perseguitate. Bisogna continuare a lottare perché la mentalità dello Stato islamico può annidarsi ovunque».
Denis Mukwege, ginecologo, lavora a Bukavu in Congo al Panzi Hospital: il suo lavoro mette in luce il lato oscuro della guerra infinita della Repubblica democratica del Congo, con sei milioni di morti, terminata ufficialmente da tempo, ma che dura ancora nell'insicurezza quotidiana, negli scontri tra gruppi armati e militari. Una violenza diffusa senza fine. E il dolore - tanto ignorato - delle migliaia di donne vittime di abusi e violenze sessuali delle truppe o di uomini armati, che le trattano come oggetti o peggio. Mukwege cura queste donne e cerca di far loro giustizia innanzi a istituzioni statali fragili e corrotte. La sua posizione è rischiosa, anche perché ha accusato il suo Governo di non proteggere le donne. Sfuggito a un attentato, ha deciso di restare a Bukavu per la sua battaglia. Denis e Nadia non si conoscono, ma operano nello stesso senso: chiedono al mondo di ascoltare la voce delle donne violate, per difenderle e aiutarle, ma anche per capire meglio l'orrore della guerra.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana
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