Le fedi vanno sottratte ai nazionalismi: devono mostrare che si può convivere in armonia.
"Ponti di pace" è il titolo del trentaduesimo incontro nello spirito di Assisi promosso dalla Comunità di Sant'Egidio a Bologna con la collaborazione dell'arcidiocesi e di monsignor Matteo Zuppi. Il movimento di pace prende le mosse dalla storica intuizione di Giovanni Paolo II nel 1986, quando invitò i leader delle religioni e delle Chiese ad Assisi per pregare gli uni accanto agli altri e non più - come disse - gli uni contro gli altri. Era un periodo in cui la cultura occidentale considerava generalmente le religioni irrilevanti per i destini di pace e guerra: si prevedeva che la secolarizzazione avrebbe spazzato via o ridotto i mondi religiosi in spazi marginali. Giovanni Paolo II si era accorto - già con la Guerra fredda - del ruolo positivo delle religioni per la pace, ma anche del rischio che benedicessero i conflitti. Così nacque la giornata di preghiera e digiuno del 27 ottobre 1986. Fu molto criticata in ambiente cattolico, con l'accusa di relativismo, cioè di mettere le altre religioni sullo stesso piano della Chiesa. Giovanni Paolo II tenne duro e il mondo percepì quel 27 ottobre come un evento storico.
Ma lo spirito di Assisi non era un fatto isolato. Wojtyla sognava che da lì partisse un movimento per la pace che coinvolgesse i leader e i fedeli delle varie comunità. Per questo appoggiò l'iniziativa di Sant`Egidio: che lo spirito di Assisi non restasse un bel ricordo. Bisognava sottrarre le religioni al fascino dei fondamentalismi e dei nazionalismi, accompagnarle nell'incontro con l'altro. Con Assisi `86, si offrì un modello, teologicamente pregnante e anche coinvolgente, per mostrare al mondo come le religioni sono chiamate a vivere insieme. Ed è una sfida oggi ovunque diffusa nel mondo globale, con gli spostamenti delle popolazioni e le inedite convivenze interreligiose e interetniche. In molte situazioni, dove si vive assieme a fatica, lo spirito di Assisi crea una trama di rapporti, come per esempio a Lahore, in Pakistan, o spinge alla pacificazione, come con la guerra in Mozambico o nei conflitti religiosi in Costa d`Avorio. Così, con l'aiuto della Comunità di Sant'Egidio, anno dopo anno, una carovana di leader religiosi, donne e uomini credenti, si ritrovano di città in città. Nel 1989, a Varsavia, quando era ancora in piedi il Muro di Berlino. Nel 2016 ad Assisi, con la presenza di papa Francesco, il quale, auspicando la continuazione dello spirito di Assisi, ha detto: «Crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro è vivere insieme». Nel mondo globale, i media e l'economia si sono unificati; invece i mondi religiosi risentono delle fratture e sono sollecitati a benedire i confini e le diversità, talvolta a sorreggere i fondamentalismi. Attraverso il dialogo, l'amicizia spirituale, la prossimità nell'invocazione, si rinsalda la "globalizzazione dello spirito", di cui ha bisogno il nostro mondo. Così ha concluso Marco Impagliazzo, presidente di Sant'Egidio, i lavori di Bologna: «Questa domanda di un movimento di pace sgorga dal profondo delle religioni, ed è qualcosa di nuovo nella storia».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana 28/10/2018
"Ponti di pace" è il titolo del trentaduesimo incontro nello spirito di Assisi promosso dalla Comunità di Sant'Egidio a Bologna con la collaborazione dell'arcidiocesi e di monsignor Matteo Zuppi. Il movimento di pace prende le mosse dalla storica intuizione di Giovanni Paolo II nel 1986, quando invitò i leader delle religioni e delle Chiese ad Assisi per pregare gli uni accanto agli altri e non più - come disse - gli uni contro gli altri. Era un periodo in cui la cultura occidentale considerava generalmente le religioni irrilevanti per i destini di pace e guerra: si prevedeva che la secolarizzazione avrebbe spazzato via o ridotto i mondi religiosi in spazi marginali. Giovanni Paolo II si era accorto - già con la Guerra fredda - del ruolo positivo delle religioni per la pace, ma anche del rischio che benedicessero i conflitti. Così nacque la giornata di preghiera e digiuno del 27 ottobre 1986. Fu molto criticata in ambiente cattolico, con l'accusa di relativismo, cioè di mettere le altre religioni sullo stesso piano della Chiesa. Giovanni Paolo II tenne duro e il mondo percepì quel 27 ottobre come un evento storico.
Ma lo spirito di Assisi non era un fatto isolato. Wojtyla sognava che da lì partisse un movimento per la pace che coinvolgesse i leader e i fedeli delle varie comunità. Per questo appoggiò l'iniziativa di Sant`Egidio: che lo spirito di Assisi non restasse un bel ricordo. Bisognava sottrarre le religioni al fascino dei fondamentalismi e dei nazionalismi, accompagnarle nell'incontro con l'altro. Con Assisi `86, si offrì un modello, teologicamente pregnante e anche coinvolgente, per mostrare al mondo come le religioni sono chiamate a vivere insieme. Ed è una sfida oggi ovunque diffusa nel mondo globale, con gli spostamenti delle popolazioni e le inedite convivenze interreligiose e interetniche. In molte situazioni, dove si vive assieme a fatica, lo spirito di Assisi crea una trama di rapporti, come per esempio a Lahore, in Pakistan, o spinge alla pacificazione, come con la guerra in Mozambico o nei conflitti religiosi in Costa d`Avorio. Così, con l'aiuto della Comunità di Sant'Egidio, anno dopo anno, una carovana di leader religiosi, donne e uomini credenti, si ritrovano di città in città. Nel 1989, a Varsavia, quando era ancora in piedi il Muro di Berlino. Nel 2016 ad Assisi, con la presenza di papa Francesco, il quale, auspicando la continuazione dello spirito di Assisi, ha detto: «Crediamo e speriamo in un mondo fraterno. Desideriamo che uomini e donne di religioni differenti, ovunque si riuniscano e creino concordia, specie dove ci sono conflitti. Il nostro futuro è vivere insieme». Nel mondo globale, i media e l'economia si sono unificati; invece i mondi religiosi risentono delle fratture e sono sollecitati a benedire i confini e le diversità, talvolta a sorreggere i fondamentalismi. Attraverso il dialogo, l'amicizia spirituale, la prossimità nell'invocazione, si rinsalda la "globalizzazione dello spirito", di cui ha bisogno il nostro mondo. Così ha concluso Marco Impagliazzo, presidente di Sant'Egidio, i lavori di Bologna: «Questa domanda di un movimento di pace sgorga dal profondo delle religioni, ed è qualcosa di nuovo nella storia».
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana 28/10/2018
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