I funerali a Minya, nel Sud dell'Egitto, dei pellegrini copti uccisi in un attacco rivendicato dall'Isis mentre tornavano da un monastero nel deserto. |
A leggere i commenti e gli insulti contro Silvia Romano, la ragazza italiana rapita in Kenya dove svolgeva un'attività di solidarietà, mi chiedo che penserebbero le stesse persone leggendo le notizie di tanti cristiani e missionari uccisi per la fede. Forse anche loro se la sono andata a cercare, esponendo la loro vita in località difficili o a rischio? Qualche giorno fa un sacerdote è stato ucciso nella Repubblica Centrafricana. Un missionario keniano è stato colpito in chiesa, nella regione anglofona del Camerun. In questo stesso Paese, un anno fa, è stato assassinato in circostanze oscure un vescovo, monsignor Balla, uomo mite e coraggioso. Non sono solo i missionari a soffrire, ma tanti: vescovi, religiosi, comuni fedeli. Il Rapporto 2018, curato dalla Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre, traccia un quadro impressionante di «gravi o estreme violazioni della libertà religiosa» in tante nazioni. La lettura è sconvolgente. Forse serve solo per confermarci nell'idea che i musulmani sono violenti? O che alcuni Stati del mondo sono barbari e dobbiamo tenere ben controllate le nostre frontiere? Non credo... I cristiani hanno subìto ben 736 attacchi nel 2017, il doppio dell'anno precedente. Basta pensare all'Egitto, dove i copti sono colpiti da una sequenza di violenze. Qui, nel corso di novembre, i terroristi dell'Isis hanno aggredito un minibus di fedeli in pellegrinaggio a un monastero del deserto, dov'è il cuore spirituale della Chiesa copta: undici sono morti, tra cui tre bambini. Nel 2017 ci sono stati tanti attacchi contro i cristiani egiziani, tra cui quello a un pullman di pellegrini con trenta morti. Come sempre si tratta di gesti vili contro gente indifesa che va a pregare o che si raccoglie in luoghi di preghiera. In tante regioni del mondo si manifestano odio e disprezzo per i cristiani, o addirittura c'è una volontà di eliminarli, farli fuggire o ridurli in un angolo della società. È una realtà del Duemila, dopo un Novecento "secolo del martirio". Questa realtà richiede di lottare per la libertà religiosa, e di fare pressioni perché sia garantita ovunque. Chiede di essere solidali e non distratti. Nel caso di Asia Bibi, oltre all'infinita lunghezza del processo terminato con l'assoluzione, sembra che non si riesca a garantirle sicurezza in Pakistan. Ma nessuno Stato, pare, si è offerto di accoglierla. E qui gli interrogativi vertono sulla parte del mondo che gode della libertà religiosa. Ci sono le responsabilità della comunità internazionale e dei governi per difendere i diritti di tanti. La sofferenza dei cristiani però rivela, a quanti credono in Occidente, la realtà attuale del cristianesimo: la vita cristiana va donata, è un rischio, non può essere tenuta per sé. Anche se "uscire", come invita a fare da anni papa Francesco, ci fa rischiare qualcosa, questa è la strada indicataci da chi soffre e dai martiri della fede. Non ci si può voltare dall'altra parte o limitarsi a una deprecazione formale. In un mondo in cui tanti cristiani soffrono, bisogna essere cristiani in modo più spirituale ed evangelicamente forte. E così sentiamo anche simpatia e solidarietà per Silvia.
EDITORIALE di Andrea Riccardi su FAMIGLIA CRISTIANA
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