TRA RAZZISMO, ODIO E PREGIUDIZI
La memoria storica è fondamentale per tenere alta la guardia contro il ritorno di stereotipi e false notizie
Qualche giorno fa il senatore Elio Lannutti del Movimento 5 Stelle ha sostenuto che il sistema bancario internazionale sarebbe controllato dal "Gruppo dei Savi di Sion". Alludeva ai Protocolli dei Savi di Sion, un testo antisemita che rivelerebbe una congiura ebraica per il controllo del mondo, diffuso all`inizio del Novecento dai servizi segreti zaristi per fomentare l'odio contro gli ebrei. Il testo (la cui falsità è comprovata) è stato popolare tra i movimenti di destra di ieri e di oggi, il nazismo e il fascismo, fino a essere tradotto e diffuso nel mondo arabo-islamico, dove conserva una qualche autorità. La teoria complottista, illustrata nel libro, non manca di esercitare attrazione su menti spaesate. Tuttavia -come ha denunciato la presidente degli ebrei romani, Ruth Dureghello- è incredibile che un senatore della Repubblica citi un testo che incita all'odio.
Il fatto avviene dopo la celebrazione dell'ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, volute da Mussolini, che emarginarono gli ebrei italiani e, isolandoli, prepararono le razzie sterminatrici del 1943-44. Non si dimentichi inoltre che l'antisemitismo fascista seguì di poco la politica delle razze voluta da Mussolini in Etiopia, che mirava ad affermare la superiorità degli italiani sugli africani e a impedire ogni mescolanza tra "bianchi" e "neri". La politica razzista in Africa portò a stragi e dolori. L'antisemitismo finì con la Shoah in Italia. Il bilancio dell'olocausto italiano è terribile: 7500 vittime, uomini, donne, bambini deportati nei campi di sterminio. Gli altri ebrei, vessati dai nazisti, dai collaborazionisti e traditori italiani e dai mercanti di vite
umane, furono costretti a nascondersi nelle pieghe della società con l'aiuto di italiani generosi o a fuggire in Svizzera.
Abbiamo ricordato questa vicenda dolorosa, pochi giorni fa, il 27 gennaio, nella Giornata della Memoria. In quell'occasione, il presidente Mattarella ha dichiarato con forza: «La riproposizione di simboli, linguaggi, riferimenti pseudo culturali, di vecchi e screditati falsi documenti, basati su ridicole teorie di cospirazione, sono segni di un passato che non deve in alcuna forma tornare e richiedono la nostra più ferma e decisa reazione». Come non ritrovarsi in queste parole? Siamo però in un tempo in cui circolano rabbia e paura nelle vene della società. La rabbia spesso è alla ricerca di nemici cui attribuire la responsabilità delle difficoltà (personali o collettive). La paura vede nei diversi chi attenterebbe alla sicurezza o al benessere della nostra società. In questo clima acceso, corrono parole forti: è facile che si predichi l'odio o si ripropongano stereotipi antisemiti. Dopo quanto è successo meno di un secolo fa in Italia, bisogna vigilare e ricordare a che cosa portò una politica di odio e di discriminazione. Non sono però pessimista. Uscendo dal Quirinale, dopo la celebrazione della Giornata della Memoria alla presenza del presidente, ho visto un corazziere di colore: l'Italia va proprio in altro senso.
La memoria storica è fondamentale per tenere alta la guardia contro il ritorno di stereotipi e false notizie
Qualche giorno fa il senatore Elio Lannutti del Movimento 5 Stelle ha sostenuto che il sistema bancario internazionale sarebbe controllato dal "Gruppo dei Savi di Sion". Alludeva ai Protocolli dei Savi di Sion, un testo antisemita che rivelerebbe una congiura ebraica per il controllo del mondo, diffuso all`inizio del Novecento dai servizi segreti zaristi per fomentare l'odio contro gli ebrei. Il testo (la cui falsità è comprovata) è stato popolare tra i movimenti di destra di ieri e di oggi, il nazismo e il fascismo, fino a essere tradotto e diffuso nel mondo arabo-islamico, dove conserva una qualche autorità. La teoria complottista, illustrata nel libro, non manca di esercitare attrazione su menti spaesate. Tuttavia -come ha denunciato la presidente degli ebrei romani, Ruth Dureghello- è incredibile che un senatore della Repubblica citi un testo che incita all'odio.
Il fatto avviene dopo la celebrazione dell'ottantesimo anniversario delle leggi razziste del 1938, volute da Mussolini, che emarginarono gli ebrei italiani e, isolandoli, prepararono le razzie sterminatrici del 1943-44. Non si dimentichi inoltre che l'antisemitismo fascista seguì di poco la politica delle razze voluta da Mussolini in Etiopia, che mirava ad affermare la superiorità degli italiani sugli africani e a impedire ogni mescolanza tra "bianchi" e "neri". La politica razzista in Africa portò a stragi e dolori. L'antisemitismo finì con la Shoah in Italia. Il bilancio dell'olocausto italiano è terribile: 7500 vittime, uomini, donne, bambini deportati nei campi di sterminio. Gli altri ebrei, vessati dai nazisti, dai collaborazionisti e traditori italiani e dai mercanti di vite
umane, furono costretti a nascondersi nelle pieghe della società con l'aiuto di italiani generosi o a fuggire in Svizzera.
Abbiamo ricordato questa vicenda dolorosa, pochi giorni fa, il 27 gennaio, nella Giornata della Memoria. In quell'occasione, il presidente Mattarella ha dichiarato con forza: «La riproposizione di simboli, linguaggi, riferimenti pseudo culturali, di vecchi e screditati falsi documenti, basati su ridicole teorie di cospirazione, sono segni di un passato che non deve in alcuna forma tornare e richiedono la nostra più ferma e decisa reazione». Come non ritrovarsi in queste parole? Siamo però in un tempo in cui circolano rabbia e paura nelle vene della società. La rabbia spesso è alla ricerca di nemici cui attribuire la responsabilità delle difficoltà (personali o collettive). La paura vede nei diversi chi attenterebbe alla sicurezza o al benessere della nostra società. In questo clima acceso, corrono parole forti: è facile che si predichi l'odio o si ripropongano stereotipi antisemiti. Dopo quanto è successo meno di un secolo fa in Italia, bisogna vigilare e ricordare a che cosa portò una politica di odio e di discriminazione. Non sono però pessimista. Uscendo dal Quirinale, dopo la celebrazione della Giornata della Memoria alla presenza del presidente, ho visto un corazziere di colore: l'Italia va proprio in altro senso.
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