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L'Italia si faccia promotrice di un corridoio umanitario in Libia




È l'unica soluzione praticabile e legale per gestire i profughi e sconfiggere i trafficanti di uomini

La gente emigra da un Paese all'altro. Un fenomeno antico, ma anche nuovo per le dimensioni che ha acquisito oggi. Le comunicazioni a livello globale lo favoriscono. Ci sono tragedie che spingono la gente a muoversi. Qualche mese fa, a Lesbo, ho incontrato tanti afgani, esuli o nati in Iran perché emigrati lì da tempo: storie dolorose e attese senza fine per entrare in Europa. Più volte ho parlato su queste pagine dei profughi siriani: cinque milioni che hanno abbandonato il Paese in guerra e sono tra Libano, Turchia e Giordania. Poi c'è l'Africa. Basterebbe pensare ai migranti africani in Libia, il cui numero è incerto: quelli nei centri libici e i prigionieri nei campi delle milizie. Qui la vita è disumana, com'è stato dimostrato in sede giudiziaria italiana: torture, violenze, violazione di ogni diritto, vendita delle persone come schiavi... 
Cosa può fare l'Italia? Cosa possono fare i Paesi europei? Di fronte alla paura dell'"Invasione" dal Sud, la soluzione del "muro" e delle frontiere chiuse sembra semplice. Non è così. Tutto è poroso. Le soluzioni che appaiono semplici alla lunga non risolvono. C'è grande spazio per i mercanti di esseri umani che cercano passaggi in Europa da vendere ai disperati. E poi, in tanti Stati, troppi esuli sono abbandonati in condizioni d'insicurezza: talvolta indeboliti perché senza le cure necessarie. Bisogna aprire strade sicure, legali, prima di tutto per i più fragili. 
Nei giorni scorsi sono arrivati a Fiumicino 77 rifugiati siriani dal Libano, attraverso i corridoi umanitari gestiti dalla Comunità di Sant'Egidio  e dagli evangelici italiani mediante un accordo con il ministero degli Esteri e il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del ministero dell'Intemo. Un evento sempre emozionante per tutti, specie per le famiglie che si riuniscono e per l'incontro con persone colpite dalla guerra, spesso bambini. In quest'occasione, il presidente di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo, ha dichiarato: «Vorrei chiedere all'Europa e agli Stati Uniti di aprire nuovi corridoi umanitari perché, non essendoci vie legali per entrare oggi, sono una via». Per questa via sono passati 2.148 rifugiati in Italia, accolti da famiglie e istituzioni italiane. Ma anche 150 in Belgio e 364 in Francia, oltre ad alcuni accolti da Andorra e San Marino. L'integrazione dei rifugiati è andata bene: lavorano, hanno casa, i bambini vanno a scuola. In due anni mediamente raggiungono l'autonomia. Sedici siriani hanno scelto di ritornare ad Aleppo dopo la fine dei combattimenti. Un fatto positivo.
Il grande problema oggi è la Libia, da cui vengono i barconi dei trafficanti. Qui si potrebbe aprire un corridoio umanitario. L'Italia ha la possibilità di farsi promotrice di un corridoio europeo, in cui ogni Paese s'impegnerebbe con quote stabilite. Si tratta di una soluzione non difficile, che consente di svuotare l'offerta dei trafficanti. È la via semplice della legalità e della solidarietà. Proviamo, sulla scia delle esperienze già in atto, a immaginare una politica più articolata: darà soddisfazione alle esigenze di sicurezza, alle domande del mercato del lavoro, ma soprattutto verrà in aiuto a persone in condizioni di vita impossibili. Del loro trattamento, un giorno, sarà chiesto conto a tutti gli europei.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 7/07/2019





























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