Il Papa sa che il presidente russo è un interlocutore chiave, non solo per il dialogo con le Chiese d'Oriente.
Papa Francesco ha ricevuto il 4 luglio Vladimir Putin in un lungo incontro di cinquantacinque minuti, il terzo in sei anni. Nonostante il presidente russo abbia reso visita alle autorità italiane, sembra che l'incontro vaticano rivesta una primaria importanza ai suoi occhi. Perché? In fondo sono due figure diverse, espressive di modi differenti d'intendere il cristianesimo. Putin, che non ha indulgenza verso la cultura liberaldemocratica, si radica nell'intreccio tra fede ortodossa e missione nazionale della Russia, difendendo i valori tradizionali. A lui fanno riferimento quanti in Europa esaltano l'identità nazionale e cristiana contro l'immigrazione. Papa Francesco è sensibile al dramma dei migranti: predica una fede cristiana che ha il povero al centro ed è preoccupato per la minaccia di una «Terza guerra mondiale a pezzi».
Il Papa è contrario alla marginalizzazione della Russia dalla comunità internazionale, perché sa che essa è un interlocutore imprescindibile sulla scena mondiale e in alcune delicate situazioni, come Siria, Medio Oriente e Ucraina. Lo si vide dalla prima lettera che scrisse, nel 2013, a Putin, quando gli chiese di pregare per lui, riconoscendolo come interlocutore cristiano. Il Vaticano teme una situazione internazionale scomposta, inquieta e segnata da colpi di scena, senza veri contatti tra le potenze. Poi Papa Bergoglio persegue il dialogo con l'Oriente cristiano, nonostante questo sia più riottoso ai contatti ecumenici che in passato. L'incontro a Cuba con il patriarca russo Kyrill, i viaggi nelle ortodosse Bulgaria e Romania, vanno in questo senso. Il Papa amerebbe anche visitare la Russia. Ma non basta l'invito di Putin, ci vuole anche il consenso della Chiesa russa ortodossa.
Da parte di Putin, l'interesse per il Papa è chiaro. Marginalizzato dai leader occidentali, trova in Francesco un grande interlocutore mondiale attento alla Russia, mai schierato con l'esclusione del suo Paese dalla comunità internazionale. Il dialogo con il maggiore leader cristiano (con un'influenza mondiale) è interessante per un capo di Stato, convinto del ruolo della religione oggi.
Tre dossier importanti per i russi vedono il cattolicesimo come protagonista: il Venezuela, dove i cattolici sono maggioritari; il Medio Oriente con la questione delle minoranze cristiane; l'Ucraina. A proposito di quest'ultima, si è concluso da poco in Vaticano il Sinodo dei vescovi greco-cattolici ucraini, esortati dal Papa nel senso della riconciliazione. Putin è anche convinto che le forze liberaldemocratiche occidentali siano ostili al cattolicesimo. Crede che la Chiesa cattolica sia un interlocutore globale per la Russia.
Da parte sua il Papa è preoccupato dell'attuale impasse internazionale, a rischio di scontri, se non vengono coinvolti responsabilmente tutti gli attori politici. Per lui escludere la Russia è un errore. Dalla visita di Gorbaciov a Wojtyla nel 1989, che fu una novità assoluta, nonostante le grandi trasformazioni dell'Est, il contatto costante tra Mosca e il Vaticano non si è mai spezzato, anzi si è rafforzato ed è una realtà rilevante per entrambe le politiche.
Papa Francesco ha ricevuto il 4 luglio Vladimir Putin in un lungo incontro di cinquantacinque minuti, il terzo in sei anni. Nonostante il presidente russo abbia reso visita alle autorità italiane, sembra che l'incontro vaticano rivesta una primaria importanza ai suoi occhi. Perché? In fondo sono due figure diverse, espressive di modi differenti d'intendere il cristianesimo. Putin, che non ha indulgenza verso la cultura liberaldemocratica, si radica nell'intreccio tra fede ortodossa e missione nazionale della Russia, difendendo i valori tradizionali. A lui fanno riferimento quanti in Europa esaltano l'identità nazionale e cristiana contro l'immigrazione. Papa Francesco è sensibile al dramma dei migranti: predica una fede cristiana che ha il povero al centro ed è preoccupato per la minaccia di una «Terza guerra mondiale a pezzi».
Il Papa è contrario alla marginalizzazione della Russia dalla comunità internazionale, perché sa che essa è un interlocutore imprescindibile sulla scena mondiale e in alcune delicate situazioni, come Siria, Medio Oriente e Ucraina. Lo si vide dalla prima lettera che scrisse, nel 2013, a Putin, quando gli chiese di pregare per lui, riconoscendolo come interlocutore cristiano. Il Vaticano teme una situazione internazionale scomposta, inquieta e segnata da colpi di scena, senza veri contatti tra le potenze. Poi Papa Bergoglio persegue il dialogo con l'Oriente cristiano, nonostante questo sia più riottoso ai contatti ecumenici che in passato. L'incontro a Cuba con il patriarca russo Kyrill, i viaggi nelle ortodosse Bulgaria e Romania, vanno in questo senso. Il Papa amerebbe anche visitare la Russia. Ma non basta l'invito di Putin, ci vuole anche il consenso della Chiesa russa ortodossa.
Da parte di Putin, l'interesse per il Papa è chiaro. Marginalizzato dai leader occidentali, trova in Francesco un grande interlocutore mondiale attento alla Russia, mai schierato con l'esclusione del suo Paese dalla comunità internazionale. Il dialogo con il maggiore leader cristiano (con un'influenza mondiale) è interessante per un capo di Stato, convinto del ruolo della religione oggi.
Tre dossier importanti per i russi vedono il cattolicesimo come protagonista: il Venezuela, dove i cattolici sono maggioritari; il Medio Oriente con la questione delle minoranze cristiane; l'Ucraina. A proposito di quest'ultima, si è concluso da poco in Vaticano il Sinodo dei vescovi greco-cattolici ucraini, esortati dal Papa nel senso della riconciliazione. Putin è anche convinto che le forze liberaldemocratiche occidentali siano ostili al cattolicesimo. Crede che la Chiesa cattolica sia un interlocutore globale per la Russia.
Da parte sua il Papa è preoccupato dell'attuale impasse internazionale, a rischio di scontri, se non vengono coinvolti responsabilmente tutti gli attori politici. Per lui escludere la Russia è un errore. Dalla visita di Gorbaciov a Wojtyla nel 1989, che fu una novità assoluta, nonostante le grandi trasformazioni dell'Est, il contatto costante tra Mosca e il Vaticano non si è mai spezzato, anzi si è rafforzato ed è una realtà rilevante per entrambe le politiche.
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