Bisogna che la politica (e ciascuno di noi) si attivi per ricostruire in città e paesi un autentico tessuto civile
Un altro carabiniere è purtroppo caduto: Mario Cerciello Rega, colpito nella notte a Roma. È il terzo dal 1° gennaio 2019. Non prestiamo abbastanza attenzione a queste vite spezzate per la sicurezza del Paese. Ci accorgiamo solo delle criticità delle forze di polizia. Ora non serve gridare «pena di morte!». È inutile e controproducente. Invece bisogna essere a fianco dei carabinieri e delle Forze dell'ordine, la parte più esposta di una comunità nazionale che ha il suo punto di forza nella solidarietà, nel rispetto delle regole e della vita di tutti. Lo diciamo con convinzione in una società che rischia di smarrire l'orgoglio di sé e di lasciarsi prendere da uno spirito di declino. Siamo troppo pessimisti sull'Italia. C'è invece tanta brava gente nel nostro Paese. Uno di questi era il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega: 35 anni, sposato da poco con Rosa Maria (il cui dolore ci tocca tutti), ben conosciuto per la sua disponibilità dalla gente nella zona centrale di Roma attorno al Monte di Pietà. Il lavoro era per lui un servizio. Mario era un credente: aiutava i senza fissa dimora nella notte a Roma, faceva il barelliere nei pellegrinaggi a Lourdes. Aveva una fede profonda e solidale. La sua vita non ha fatto notizia, ma si tratta di quelle esistenze che nascostamente rendono l'Italia migliore. Chi lo ha ucciso? L'assassino è Christian, un giovanissimo californiano, a Roma con un coetaneo. Entrambi coinvolti in una stupida storia di droga, residenti in un ricco albergo di Prati non lontano da dove Christian ha accoltellato il vicebrigadiere. Due irresponsabili, di quindici anni più giovani di Mario che al contrario da anni aveva fatto del senso di responsabilità il cuore della sua esistenza. Due ragazzi viziati e benestanti che conducono un gioco assassino e uccidono qualcuno che vorrei definire, senza enfasi, un "figlio del popolo".
I ragazzi, forse ubriachi o in preda alla droga, sono tra le tante comparse delle notti romane, popolate da giovani, non raramente americani, in preda allo sballo. Trastevere, l'antico rione di Roma, un tempo caratteristico e popolare, è divenuto uno degli scenari degradati di questi sballi, dove si può trovare facilmente la droga: lì è cominciata la vicenda finita con l'assassinio a Prati. Sono storie tipiche del degrado di Roma, su cui vegliano le Forze dell'ordine. Ma non basta la loro opera: non si possono abbandonare pezzi di città all'occupazione da parte di folle, specie di giovani, che li percorrono senza senso e che ne cambiano il volto. Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega è uno di quegli italiani che hanno accettato la sfida dell'emergenza di tante situazioni non governate e che suppliscono all'assenza di scelte politiche costruttive. La sua morte ci fa riflettere sul coraggio di questi uomini. Ma ci spinge pure a chiedere un'azione capace di ricostruire la vita civile delle nostre città. Siamo stanchi di una politica gridata e farsesca, mentre pezzi di Italia si degradano e vengono additati come colpevoli solo gli immigrati. Il problema è più complessivo: riguarda la politica e tutti noi.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 4 agosto 2019
Un altro carabiniere è purtroppo caduto: Mario Cerciello Rega, colpito nella notte a Roma. È il terzo dal 1° gennaio 2019. Non prestiamo abbastanza attenzione a queste vite spezzate per la sicurezza del Paese. Ci accorgiamo solo delle criticità delle forze di polizia. Ora non serve gridare «pena di morte!». È inutile e controproducente. Invece bisogna essere a fianco dei carabinieri e delle Forze dell'ordine, la parte più esposta di una comunità nazionale che ha il suo punto di forza nella solidarietà, nel rispetto delle regole e della vita di tutti. Lo diciamo con convinzione in una società che rischia di smarrire l'orgoglio di sé e di lasciarsi prendere da uno spirito di declino. Siamo troppo pessimisti sull'Italia. C'è invece tanta brava gente nel nostro Paese. Uno di questi era il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega: 35 anni, sposato da poco con Rosa Maria (il cui dolore ci tocca tutti), ben conosciuto per la sua disponibilità dalla gente nella zona centrale di Roma attorno al Monte di Pietà. Il lavoro era per lui un servizio. Mario era un credente: aiutava i senza fissa dimora nella notte a Roma, faceva il barelliere nei pellegrinaggi a Lourdes. Aveva una fede profonda e solidale. La sua vita non ha fatto notizia, ma si tratta di quelle esistenze che nascostamente rendono l'Italia migliore. Chi lo ha ucciso? L'assassino è Christian, un giovanissimo californiano, a Roma con un coetaneo. Entrambi coinvolti in una stupida storia di droga, residenti in un ricco albergo di Prati non lontano da dove Christian ha accoltellato il vicebrigadiere. Due irresponsabili, di quindici anni più giovani di Mario che al contrario da anni aveva fatto del senso di responsabilità il cuore della sua esistenza. Due ragazzi viziati e benestanti che conducono un gioco assassino e uccidono qualcuno che vorrei definire, senza enfasi, un "figlio del popolo".
I ragazzi, forse ubriachi o in preda alla droga, sono tra le tante comparse delle notti romane, popolate da giovani, non raramente americani, in preda allo sballo. Trastevere, l'antico rione di Roma, un tempo caratteristico e popolare, è divenuto uno degli scenari degradati di questi sballi, dove si può trovare facilmente la droga: lì è cominciata la vicenda finita con l'assassinio a Prati. Sono storie tipiche del degrado di Roma, su cui vegliano le Forze dell'ordine. Ma non basta la loro opera: non si possono abbandonare pezzi di città all'occupazione da parte di folle, specie di giovani, che li percorrono senza senso e che ne cambiano il volto. Il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega è uno di quegli italiani che hanno accettato la sfida dell'emergenza di tante situazioni non governate e che suppliscono all'assenza di scelte politiche costruttive. La sua morte ci fa riflettere sul coraggio di questi uomini. Ma ci spinge pure a chiedere un'azione capace di ricostruire la vita civile delle nostre città. Siamo stanchi di una politica gridata e farsesca, mentre pezzi di Italia si degradano e vengono additati come colpevoli solo gli immigrati. Il problema è più complessivo: riguarda la politica e tutti noi.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 4 agosto 2019
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