Si è aperta la crisi tra India e Pakistan, due potenze nucleari, per il Kashmir. Si può anche dire che il Kashmir è lontano: non ci riguarda. Ma non è così.
Tutto cominciò nel 1947, con la divisione dell’India britannica tra la parte musulmana, divenuto il Pakistan, e l’Unione Indiana. Gandhi aveva lottato a mani nude contro il dominio inglese, ma non voleva la divisione: per lui indù e musulmani dovevano vivere insieme. Prevalse il piano della partition, elaborato dal viceré britannico Mountbatten e voluto dai nazionalisti musulmani, che temevano di essere sopraffatti dagli indù in uno Stato unitario.
Nella notte tra il 14 e il 15 agosto 1947 ci furono l’indipendenza e la divisione. Gandhi si astenne dalle feste. Fu una catastrofe: quindici milioni si spostarono da un Paese all’altro. Il numero di morti non è calcolabile: va da 200 mila a più di un milione. Di molti si persero le tracce. Gandhi fu ucciso pochi mesi dopo, nel 1948, mentre digiunava per la convivenza. L’assassinò un giovane del movimento nazionalista indù Rashtriya Swayamsevak Sangh (fondato nel 1925, sviluppatosi sul modello fascista e nazista, tuttora attivo). L’Unione Indiana, guidata da Nehru, divenne uno Stato laico in cui, con un miliardo di indù (2001), vivono 138 milioni di musulmani, la più grossa comunità islamica dopo Indonesia e Pakistan. Tra loro ci sono i musulmani del Kashmir: lo Stato del Jammu e Kashmir, incuneato alla frontiera indiana tra Pakistan e Cina, l’unico a maggioranza islamica nell’Unione. Al momento dell’indipendenza, un maharajà indù governava la popolazione musulmana: saggiamente avrebbe voluto non aderire al Pakistan o all’India, ma fare del suo paese una "Svizzera" neutrale. Mountbatten non volle e il Kashmir scivolò verso l’India. Un terzo del Kashmir fu controllato dal Pakistan. Dei quattro conflitti tra India e Pakistan, tre sono stati per il Kashmir, che ha sempre goduto, nell’Unione indiana, di un’autonomia garantita dalla Costituzione per il prevalente carattere musulmano. Ora il primo ministro indiano Modi, forte della vittoria elettorale del suo Bharatya Janata Party, ha abolito le libertà del Kashmir e operato un’azione di controllo sulla popolazione. Non c’è spazio per l’unico Stato musulmano in India? Soprattutto significa che l’India è degli indù, mentre le minoranze si debbono piegare all`indutwa, l’ideologia nazionalista indù? Se questa è la linea di Modi, fin da giovane iscritto alla Rathtriya Swayamsevak Sangh, l’associazione nazionalista già ricordata, tra l’altro assai influente sul Bharatya Janata Party, la situazione è grave per le minoranze, tra cui i cristiani (la terza religione del paese, il 2,30%, qui radicata dall’epoca apostolica). Ma soprattutto si rischia un nuovo conflitto tra India e Pakistan, due potenze nucleari. Bisognava aprire questa nuova tensione? Evidentemente serviva alla politica interna indiana e a rafforzare il nazionalismo indù. |
Il cardinale Matteo Zuppi ricevuto dal metropolita Antonij, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca La Santa Sede non rompe mai le relazioni, specie in tempo di crisi, e si sforza di "umanizzare la guerra" La situazione in Ucraina, con una guerra quasi al terzo anno e l'inverno alle porte, si annuncia difficile. La resistenza ucraina, appoggiata dagli occidentali, non può bloccare il processo di decomposizione della società, anche a seguito di gravi distruzioni causate dai bombardamenti russi, con l'esodo all'estero di 7 milioni di ucraini. Il popolo sta pagando un prezzo enorme e non si vede la fine. Intanto, in Russia, a Kazan, si sono riuniti, presieduti da Putin, i Brics cui partecipano Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran e altri. Nonostante non ci sia unanimità, la riunione a Kazan mostra che la Russia di Putin non è isolata. I governi occidentali - scrive Salvatore Settis s
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