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Tornare al voto o no? Un falso dilemma


Non è andando di nuovo alle urne che si risolvono i problemi di un Paese sfiduciato e pieno di paure

Votare o non votare? Un'alternativa ripetuta nei giorni scorsi. Votare non è dar voce al popolo italiano dopo la crisi del governo Conte? Del resto la crisi era evidente da mesi con le liti continue tra 5 Stelle e Salvini. Le elezioni sono presentate come la risposta alle paure degli italiani: futuro incerto, invasione degli stranieri, incertezza dell`economia. Per molti una sorta di plebiscito attorno alla figura del ministro dell'Interno, Matteo Salvini, qualificato come l'uomo forte capace di farsi carico delle paure degli italiani. A lui andavano dati i poteri per mettere a posto le cose, governando con forza e chiarezza.
Sembra semplice, ma non è così. Eppure anche una parte degli oppositori di Salvini ha insistito sulle elezioni. Non inciuci, governicchi, alleanze parlamentari... Ma la politica non è fatta solo di elezioni, quasi fosse un referendum che delega un uomo o una forza politica a governare. La politica responsabile ha bisogno dell'attività del governo e del parlamento. I parlamentari non sono dei "poltronari" più o meno inutili. Secondo l'articolo 67 della Costituzione, rappresentano la nazione "senza vincolo di mandato". Non gli interessi di un gruppo di elettori o di una regione. Hanno una responsabilità politica, per cui non vanno umiliati. Né si può continuamente disprezzare il Parlamento nei fatti o con le parole. Si capisce poi perché gli italiani non vanno a votare. Abbiamo votato nel 2018: esiste da poco più di un anno un Parlamento nel pieno dei suoi poteri. Il problema maggiore dell'Italia è non avere un governo stabile e credibile. E c'è davvero bisogno di un governo stabile, che interloquisca con l'Europa, garantisca l'interesse nazionale di fronte a un'economia mondiale fluttuante, a crisi politiche emergenti nel Mediterraneo, in Libia, in Siria, o altrove. Non va bene che l'Italia sia guidata da un governo diviso e rissoso. Fa male all'economia e alla credibilità del Paese. I problemi non si risolvono "verticalizzando" sempre più: una forza politica o un uomo al comando. Un Paese complesso come l'Italia ha bisogno di un governo coeso e di un Parlamento che funzioni. Così si potrà rispondere alle paure degli italiani. E alla sofferenza di tanti senza lavoro, dei giovani, di quanti vedono deteriorarsi la qualità della vita. Non dimentichiamo che in Italia più che gli arrivi degli stranieri (circa diecimila in un anno), la questione sono le partenze degli italiani (150 mila l'anno). Non solo fuga di cervelli, ma gente che non crede più al futuro in Italia. Eppure, si segnala l'assenza di lavoratori in alcuni settori, tra cui la ristorazione, l'agricoltura o l'assistenza familiare.
Il problema è ridare speranza agli italiani. Una politica chiassosa e aggressiva sta rubando la speranza. Non alimentiamo le paure. La vera risposta è un governo serio per lìItalia che, malgrado il suo debito pubblico, resta una delle grandi potenze industriali del mondo. Bisogna liberarsi da un clima di paura e di continua emergenza: una morsa che ci sta riducendo a essere sempre più arrabbiati e sfiduciati. Il compito della politica è ridare fiducia giorno dopo giorno. Così si governa un Paese complesso; non con soluzioni verticistiche. Il problema è più profondo che "difendere" le frontiere da improbabili invasori. È ridare forza e speranza agli italiani, mostrando che un futuro migliore è possibile. Insomma, governando perché ci sia più lavoro e una migliore qualità della vita per tutti.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 25/8/2019

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