Il nostro mondo è diventato difficile e complesso: solo la convivenza può sconfiggere la paura e trovare soluzioni
Il tema della pace sembra a molti ormai troppo generale, se non generico. Parlare di pace ha il sapore dell'utopia di fronte alle troppe guerre aperte (come in Siria). Intanto si riabilita il confronto armato per risolvere le controversie. Parlare di pace appare un'ingenuità. Lo fa però papa Francesco con la Chiesa. Lo fanno le religioni. Dal 15 al 17 settembre si è tenuto a Madrid un grande incontro di dialogo e preghiera, "Pace senza frontiere", promosso dalla Comunità di Sant'Egidio e dall'arcivescovo di Madrid, il cardinale Carlos Osoro Sierra. Si sono raccolti nello spirito di Assisi uomini e donne di religione differente, umanisti, gente di cultura. Questa storia è cominciata ad Assisi nel 1986 con l'invito di Giovanni Paolo II. Poi è continuata ogni anno.
Dialogo e preghiera camminano insieme. Paolo VI diceva: «C'è un'origine trascendente del dialogo... nell'intenzione stessa di Dio. La religione è di natura sua un rapporto tra Dio e l'uomo. La preghiera esprime a dialogo tale rapporto».
Tra poco celebreremo il trentesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989: fu la fine della guerra fredda e l'inizio della globalizzazione. Allora il mondo si aprì con la fine del confronto tra Est e Ovest a una speranza: globalizzare la pace. In realtà la globalizzazione si è sviluppata soprattutto nel campo dell'economia, della finanza e dei mercati. Poco è cresciuta una globalizzazione spirituale che poteva dare anima all'unificazione del mondo. E questo si è tutt'altro che unificato: le frontiere - in taluni Paesi - sono divenute muri per respingere i migranti e difendersi dall'altro. Diceva Bauman: la globalizzazione «divide tanto quanto unisce; divide mentre unisce...».
Il nostro mondo è grande e complicato: un poliedro, afferma papa Francesco. Sono impossibili soluzioni semplici per tanta complessità. Eppure, per rispondere alle paure e alle incertezze di ognuno, si gridano e si propongono formule semplificate: potranno rassicurare per un momento, ma ingannano. Cercare strade e soluzioni con il dialogo richiede invece impegno e fatica. In questo spirito si sono mossi i "cercatori di pace", riuniti a Madrid, affermando che il dialogo è possibile in tutti i campi e ovunque. Il rabbino Meir Lau, che da trent'anni segue gli incontri nello spirito di Assisi, ha parlato con la forza della sua testimonianza di scampato alla Shoah. Era un bambino di Buchenwald, che è riuscito a sopravvivere alla macchina della morte nazista: questo è avvenuto - ha detto - grazie ad altri che gli hanno teso la mano e gli hanno parlato.
A che serve dialogare? A che serve incontrarsi come a Madrid tra gente di religione diversa? È solo una bella manifestazione? Il rabbino Lau ha risposto: «Il risultato è questo incontro stesso, un'opportunità per trovare amicizia e comprensione e per chiedere a Dio la pace internazionale ed eterna». Se si vuole la pace, nel mondo come negli ambienti della nostra vita quotidiana, anche quelli familiari, il dialogo è l`unica strada. Siamo sazi di invettive, di scontri e di monologhi che allontanano e creano muri. E ci lasciano soli e inveleniti.
EDITORIALE di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 22/9/2019
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