Dal Cile all'Ecuador, dalla Bolivia al Venezuela il subcontinente è in preda a scontri e agitazioni
Il Cile è oggi un po' ai margini del nostro orizzonte. Se ne parla poco, anche se ha 18 milioni di abitanti e la sua economia era considerata prospera. Fu al centro dell`attenzione nel 1973, all'epoca del golpe di Pinochet contro il presidente socialista Allende: ci furono almeno 3.500 morti (la cifra non è ancora sicura), tanti torturati e esiliati. In quel drammatico periodo, l'ambasciata d`Italia nella capitale accolse i ricercati (circa 750) e ne favorì l'allontanamento dal Paese. Nanni Moretti, nel 2018, ha ricordato la vicenda con un bel film-documentario, Santiago, Italia. Ormai sono lontani quei tempi in cui si guardava con passione al Cile oppresso e il gruppo vocale degli Inti-Illimani cantava in Italia Viva Chile!.
Il Cile ha ritrovato la democrazia da tempo. Oggi fa impressione vedere i militari con i carri armati per strada e le violenze sui manifestanti. C'è il coprifuoco. L`aumento del biglietto della metro è stata la scintilla della protesta, che viene dalla crescita del costo della vita, dall'impoverimento dei ceti medi e dalle forti disuguaglianze. Ci sono stati anche incendi di negozi e fabbriche. Sulla rete circolano immagini di violenza della polizia. La risposta del presidente Piñera è stata poco attenta alle esigenze della gente, per poi assumere un tono più comprensivo. Ma il Cile è in pieno conflitto e non è facile prevederne l'esito. Non è un caso isolato. Tutta l`America latina è tormentata. Domenica si è votato in Argentina, Paese in difficoltà con un popolo che soffre crisi alimentare e inflazione.
In Bolivia il presidente Morales, autoproclamatosi vincitore alle elezioni, è accusato di brogli. In Perù, si attendono le elezioni di gennaio, ma il Paese è travagliato da scontri politici e corruzione.
In Colombia continua la violenza politica e la campagna per le elezioni amministrative di domenica scorsa ha registrato vari candidati uccisi. Quito, capitale dell`Ecuador, è stata invasa da 25 mila indigeni e il Governo ha spostato la sua sede. Haiti è bloccata dalle proteste contro la corruzione imperante. Il povero Honduras è in crisi politica, mentre i vescovi chiedono che non entri in vigore il codice penale approvato, che favorirebbe un colpo di spugna sulla corruzione. Il Venezuela, sotto il pugno di ferro del presidente Maduro, resta immiserito e isolato dal mondo con 4/5 milioni di rifugiati all'estero.
I socialismi divengono dittature e le democrazie sono fragili. Sullo sfondo ci sono una grave crisi economica e un'ingiusta distribuzione delle ricchezze, pur in Paesi ricchi. I ceti medi sono impoveriti. Politica ed economia non hanno risposto alla diffusa domanda di vita migliore. Ma la società civile è viva e fa sentire la sua voce. Del resto, l'America latina è un importante capitolo della crescita dell`instabilità nel mondo.
C`è l`impellente bisogno di visioni politiche riformatrici che rafforzino le democrazie e, d'altro lato, sono da promuovere alleanze tra Stati per la pace e la stabilità in un mondo dove i Paesi giocano troppo da soli e per i propri interessi. Ormai, però, ci sono interessi comuni e globali da condividere per il bene di tutti.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 3/11/2019
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