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Nessun Paese europeo può farcela da solo. Occorrono soluzioni innovative


Occorrono soluzioni innovative. Gli Eurobond sarebbero l'ultimo passo verso una fiscalità comune

Papa Francesco ha pregato per l'"unità fraterna" dell'Europa. A Pasqua è stato chiaro: «Non si perda l'occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative». Il momento è delicato. Sul tavolo ci sono varie proposte: dal fondo per la "cassa integrazione europea" (Sure), agli interventi della Bei, al Mes (il controverso meccanismo salva-Stati). Gli occhi sono puntati sul "Ricovery Fund" proposto da Macron. Il quale ha recentemente parlato con Francesco su questi problemi e sull'idea di congelare il debito estero dell`Africa per permetterle di affrontare il virus. Ma come finanziare il Fondo per la ripresa? Si dibatte sui famosi Eurobond, proposti dall'Italia. Se ne parlò, la prima volta, dopo la crisi del 2008. L'idea fu bocciata e nacque il meccanismo salva-Stati (oggi Mes), che Grecia e Spagna utilizzarono, ma non l'Italia.
Emettere Eurobond significa creare le premesse concrete per un bilancio comune, garantito dalla Bce e parallelo ai bilanci degli Stati. È l'ultimo passo verso una fiscalità comune. Probabilmente si andrà invece a una forma diversa di Bond: i RecoveryBond garantiti dal bilancio della Commissione. Oppure Bond europei perpetui, come propongono gli spagnoli, non rimborsabili se non con interessi annui. Sono passi ma parziali. L'Europa è così: mettere d'accordo 27 Paesi non è facile. A ogni discussione al Consiglio si cerca un compromesso. La contrarietà del Nord Europa nasce da una diversa concezione del debito e dai problemi di ogni Paese. Qualche giorno fa la Merkel ha dichiarato che, a differenza della crisi del 2008, davanti al Covid «non c'è colpa». Nei Paesi Bassi invece il problema è che lo Stato ha un bilancio in attivo mentre il debito privato dei cittadini è molto alto (il contrario dell'Italia). Ogni Paese ha le sue grane. La Ue ci appare severa anche se sta dalla nostra parte.
Ma il vero avversario oggi è il mercato globale che decide se siamo un Paese solvibile (in grado di ripagare il debito) o no. Tale decisione è continuamente rinnovata. 
In Europa e nell'euro siamo, però, protetti nel bene e nel male. Fuori saremmo in balia di tutti. Non c'è un paradiso perduto fuori dalla Ue: c'è la dura legge del Far West, cioè dei fondi speculativi e di investimento (più che altro Usa) e sovrani (Cina, Russia, Paesi del Golfo). Soli in balia di costoro, con una nostra moneta, ci colonizzerebbero o ci manderebbero a fondo in poche settimane. Solo un salto di volontà politica condivisa può evitare che il Consiglio s'impelaghi in tecnicismi, in cui ogni Stato cerca vantaggi o minori svantaggi possibili.
Una volta a Bruxelles si diceva che "l'Europa cresce nelle crisi": quando si è con le spalle al muro, se ne esce assieme.
Oggi è forte la tentazione di far da soli: è lo spirito del tempo. Ma si tratta di un'illusione: nell'oceano agitato del mercato globalizzato, essere soli è pericoloso. È vero che le nazioni sorelle europee talvolta ci appaiono rigide e un po' megere: ma fanno pur sempre parte della stessa famiglia. Nessun Paese europeo ha un futuro fuori dall'Europa. I valori unitivi e solidali dell'Europa sono anche l'interesse di ciascuno Stato a non restare solo di fronte al futuro.

Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 3/5/2020

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