Distribuzione di generi di prima necessità in una periferia romana - Foto Sant'Egidio |
Papa Francesco, inaugurando un fondo di solidarietà per Roma, ha invitato a una ripresa di passione sociale per la città, in particolare per i più bisognosi. Ha scritto: «Vorrei veder fiorire nella nostra città la solidarietà "della porta accanto", le azioni che richiamano gli atteggiamenti dell'anno sabbatico, in cui si condonano i debiti, si fanno cadere le contese, si chiede il corrispettivo a seconda della capacità del debitore e non del mercato». Sono parole per i romani, ma valgono per tutti gli italiani.
Infatti, nel cuore di questa crisi, c'è bisogno che riprenda a fiorire una solidarietà spontanea e responsabile dei cittadini. Non per svuotare l`intervento dello Stato che deve essere, specie in questi momenti, pronto ed efficace.
Ma c'è da far risorgere la società civile, tanto lacerata e trascurata in questi ultimi anni. Bisogna ripopolare di legami di solidarietà le grandi solitudini delle periferie, degli anziani, delle persone che cercano uno sbocco a situazioni rese difficili per il lockdown. Non si può ricominciare a vivere e lavorare senza il sostegno degli altri in questi momenti. Ci sono poi settori molto colpiti che stentano a riprendere e hanno bisogno di non essere isolati.
Roma e l'Italia devono conoscere uno slancio degli uni verso gli altri, aprendo gli occhi ai bisogni altrui e uscendo da quel vittimismo, così diffuso, che oscura la realtà del dolore degli altri. Accorgersi di chi soffre, ascoltarlo, stargli vicino, sostenerlo vuol dire cominciare a far risorgere un tessuto comunitario. Anche nel piccolo si può fare molto.
Un episodio mi ha dolorosamente colpito: un lavoratore indiano, a Sabaudia, si è suicidato, preoccupato di non riuscire a regolarizzarsi. Non ha trovato chi lo aiutava ed è precipitato nell'angoscia. Dietro a queste situazioni ci sono veri drammi. Anche per il costo richiesto ai datori di lavoro.
Tra i tanti obiettivi di solidarietà, vorrei indicare la regolarizzazione dei lavoratori della terra, delle colf, badanti e baby-sitter. Si è aperta il 1° giugno (per gli stranieri presenti in Italia dall'8 marzo), ma va a rilento. Sono state presentate 13 mila domande al 10 giugno e più di 6 mila sono in corso di presentazione. Gran parte dei richiedenti sono badanti e colf. C'è bisogno di spiegare il meccanismo, assai complicato. Quello online è tutt'altro che semplice, specie per i più anziani.
Complessa è la situazione dei lavoratori agricoli, non solo per l'influenza del caporalato, ma anche per i costi di chi ha vari dipendenti. La Cgil propone la riduzione del costo per chi regolarizza più lavoratori. Bisogna quindi introdurre qualche modifica, come prolungare il tempo a disposizione per la regolarizzazione, onde dare possibilità a tutti i lavoratori di essere informati.
Ma ci vuole anche l'impegno della società civile. Le resistenze, in certi settori, sono anche quelle di chi intende sfruttare i lavoratori, mantenendoli in condizioni di illegalità. È una grande occasione per cambiare situazioni incancrenite. È necessario parlare con i migranti e i datori di lavoro per trovare soluzioni possibili. Le associazioni e varie istituzioni anche cattoliche si sono attivate in quella che è una grande battaglia di civiltà, all'inizio di una nuova stagione del nostro Paese: dare spazio legale e di lavoro a centinaia di migliaia di non italiani residenti in Italia.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 21/6/2020
È un richiamo ,quanto mai opportuno, alle nostre coscienze,perché si presti attenzioni ,con urgenza,ai più bisognosi,ai loro disagi,alle solitudini...
RispondiEliminaTutti possiamo fare qualcosa,ma più di tutti i nostri governanti,con leggi più umane