La paura per i contagi provocati dai bengalesi in rientro. Escluderli non serve, dobbiamo integrarli
Lavorano tanto, ma si isolano. La vera lezione della pandemia? Va trovato un nuovo modo di relazionarci
I bengalesi sono contagiosi? Non bisogna proteggersi dagli stranieri che portano il Covid-19? Ci sono stati casi allarmanti di bengalesi fuori controllo o che tornavano dal loro Paese. Alcuni bangla, immigrati nel nostro Paese, allo scadere del permesso di soggiorno si sono imbarcati nei voli per l`Italia, saltando - sembra - le misure di controllo. Bisogna vigilare con attenzione e i bengalesi stessi devono agire conseguentemente.
Guardiamo in faccia la realtà della comunità bengalese, circa 140 mila persone. Una comunità di grandi lavoratori, che cominciano dal poco, magari dalle vendite di aglio e finiscono per essere piccoli-piccolissimi imprenditori. I bangla sono impiegati al 70% nel settore terziario e più del 25% nel commercio. In genere musulmani, ma ci sono anche indù, buddisti e cristiani. L'ingegnosità bangla ha portato alla creazione di un'app, "Bangla di Roma", che dice quali sono i loro negozi di alimentari più vicini.
Hanno alle spalle una grande cultura, quella del Bengala, oggi diviso tra India e Bangladesh. Si pensi che un bengalese, il poeta Tagore, premio Nobel nel 1913, riconosciuto come una grande figura della cultura tra Ottocento e Novecento, è autore sia dell'inno nazionale indiano che di quello del Bangladesh. Questo Paese ha una densità di popolazione molto alta: conta infatti 190 milioni di abitanti. Vive una situazione economica difficile, anche se sono stati fatti sforzi molto importanti.
Così si spiega la migrazione che fa del Bangladesh uno dei Paesi con il più alto tasso di migrazione al mondo, frutto della miseria endemica. Spesso arrivano con i barconi, dopo un lungo viaggio che li porta fino in Libia.
In genere la convivenza con il resto della popolazione in Italia è buona. Questa è anche l`esperienza di tanti italiani che si servono del loro lavoro o frequentano i loro esercizi commerciali, sempre aperti. Tuttavia, la comunità è stata fatta oggetto di vari attacchi razzistici, nonostante il loro comportamento tendenzialmente mite: pestaggi, insulti e altro.
Si nota, tra i bengalesi, una tendenza a un limitato apprendimento dell'italiano, il che non facilita l'integrazione. Questo è stato anche uno dei problemi della trasmissione delle informazioni sul coronavirus. In genere la comunità ha la tendenza a risolvere i problemi al proprio interno, senza creare questioni con gli altri. Il che è positivo da una parte, ma, dall'altra, sul lungo periodo non favorisce quei processi integrativi che evitano la ghettizzazione.
La crisi del coronavirus ha messo in luce il valore della regolarizzazione e dell'integrazione, come si è già detto parlando dei lavoratori della terra, badanti e baby-sitter. È ovvio che, specie di fronte a una grande crisi come la pandemia, si richiede a tutti - cittadini italiani ed emigrati residenti - un comportamento attento.
Questo spinge ancora una volta a ricordare a tutti che il rischio del contagio non è finito e che dobbiamo avere un atteggiamento responsabile per la nostra salute e quella degli altri. Non possiamo permetterci di tornare indietro alle terribili settimane del lockdown. Ci vuole un nuovo modo di vivere e di relazionarsi: questa è la grande lezione della pandemia.
Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 2/8/2020
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