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La nostra indifferenza per l'Africa in ginocchio

Mozambico - Donne sfollate dal loro villaggio in seguito agli attacchi terroristici - Foto Sant'Egidio


Un continente afflitto da povertà, guerre e terrorismo, come quello che insanguina il Nord del Mozambico

Nel messaggio per la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato, papa Francesco ha detto: «è il tempo della giustizia riparativa». Non va dimenticata «la storia di sfruttamento del sud del Pianeta» e ha chiesto la remissione dei debiti e una più equa ripartizione delle ricchezze. Per il Papa è necessaria una riparazione delle relazioni tra Nord e Sud del mondo, non più basate sui soli diritti di proprietà, ma anche sulla condivisione. Ciò riguarda anche il Creato, cioè la terra, il clima, l'ambiente. 

È la grande lezione della Laudato Sì: quando c'è ingiustizia sociale c'è anche quella ambientale. Chi non rispetta i suoi simili, non rispetta nemmeno l'ambiente. Chi sfrutta l'uomo, sfrutta il Pianeta. Lo si può constatare in particolare quando si guarda all' "ultimo miliardo", di cui ha scritto Paul Collier, cioè il continente abbandonato: l'Africa. 

Le relazioni con l'Africa sono da riparare con urgenza: è il continente più povero e sfruttato. Pesa sull'immaginario dei suoi popoli il ricordo della tratta degli schiavi. Tuttavia la vicenda più dolorosa del continente sono le guerre e le violenze che lo affliggono in maniera permanente, sotto lo sguardo distratto del resto del mondo. Ci sono conflitti mai risolti, come quello somalo. Più recentemente assistiamo al contagio del terrorismo: un jihadismo africano che sta divenendo per molti giovani senza occupazione e senza istruzione l'alternativa alla desolazione economica.

L'Africa è sfruttata e non se ne può fare a meno: da lì vengono minerali essenziali e risorse energetiche. Ma quasi nessuno si interessa ai suoi popoli. L'abbiamo visto con l'Aids: perché la cura giungesse in Africa ci sono voluti anni. Un ritardo inaccettabile con milioni di vite perse. Così si crea un assurdo paradosso: mentre gli investimenti privati crescono nel continente, allo stesso tempo i servizi essenziali, come salute e educazione, diminuiscono. 

Per l'Italia l'esempio del Mozambico è evidente. Da sempre è un Paese prioritario per la nostra cooperazione; è la terra dove la pace - dopo una lunga guerra civile - è stata ritrovata a Roma; è il luogo di molti interessi economici. 

Ma il Mozambico sta entrando in una stagione difficilissima: un misterioso movimento armato islamico terrorizza la gente del Nord, uccide e occupa città e villaggi. Due suore brasiliane sono state rapite. Davanti a tutto questo la comunità internazionale non ha reagito con prontezza, mentre prosegue il suo business. L'instabilità si può estendere al Paese e all'intera regione. Perché tali movimenti armati attecchiscono? Le ingiustizie dovute agli investimenti da sfruttamento non beneficiano la popolazione, ma solo alcuni. L'ambiente si degrada e la gente abbandona la terra o è costretta a farlo. L'attuale modello di crescita uccide molte speranze di sviluppo per gli africani, prevalentemente giovani: le sole alternative sono emigrazione o violenza. 

Noi occidentali siamo ossessionati dall'emigrazione, ma dovremmo capire che l'altra opzione è peggiore. La moltiplicazione dei jihad africani è una pessima notizia per un continente una volta molto legato all'Europa. Oggi si allontana sempre di più.  

Giustizia riparatrice sarebbe trovare i fili per una partnership giusta ed equa che offra educazione e lavoro ai giovani e permetta di costruire il futuro nella pace. 


Editoriale di Andrea Riccardi su Famiglia Cristiana del 13/9/2020


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